
Tav sì o Tav no? Tap sì o Tap no? Questi interrogativi possono suonare strani, ma continuano ad essere validi perché non vengono sciolti dalla maggioranza di governo. La Lega sembra rispondere affermativamente, mentre il Movimento 5 Stelle (a parte la ferma opposizione di Alessandro Di Battista e pochi altri) rimane su una linea più attendista, pur se tendente al negativo. Nel corso del weekend il vicepremier leghista Matteo Salvini ha chiesto di “non dire solo No” sulle grandi opere. Ai treni ad alta velocità tra Torino e Lione si potrebbe dire Sì “se costassero tra 2 e 4 miliardi”. E si dovrebbe accettare anche il gasdotto transadriatico Tap perché, secondo Salvini, farebbe diminuire del 10% il costo dell’energia in Italia. Il suo ragionamento è simile anche per le autostrade pedemontane. Una prima risposta a Salvini arriva dal ministro per il Sud, Barbara Lezzi: “In Italia servono altre infrastrutture. In particolar modo, ne hanno estremo bisogno il Sud e le aree interne del Centro-Nord”. Per l’esponente pentastellata, “è la carenza di questo genere di investimenti che ha provocato una perdita ulteriore di posti di lavoro al sud di 300mila unità durante gli anni della crisi”. Al Sud, secondo Lezzi, “spetterebbe almeno il 34% mentre siamo a poco meno del 29%”. “Strade sicure, ferrovie, scuole, ricerca, università, bonifiche, anti-dissesto idrogeologico, energia pulita. Questi sono gli investimenti che l’Italia aspetta”, è il ragionamento che Lezzi affida a facebook interpretando il “sentiment” di una buona parte degli elettori del M5S. Eppure, al di là della difficile conciliazione tra M5S e Lega, il governo deve tenere in conto le non meno importanti conseguenze finanziarie e giuridiche in caso di stop.
Il ministro Toninelli chiede maggiore autonomia da Salvini (ma tanto non ce la farà) sulla Tav
Altro messaggio a Salvini, stavolta sui treni, viene firmato dal ministro dei Trasporti Danilo Toninelli. “Al di là della posizione personale di Salvini, la domanda a cui dare risposta resta se la Tav è un’opera redditizia o meno”, sottolinea Toninelli, aggiungendo che “tutte le stime e le previsioni si fondano su valori dei flussi di merci e di persone che definirei farlocchi”. Per il ministro, quindi, serve un’analisi dei costi e dei benefici. La posizione di Toninelli fa arrabbiare il governatore del Piemonte, Sergio Chiamparino del Pd, che vorrebbe vedere l’Alta Velocità realizzata. “Per tutte le grandi opere che insistono in territori a guida leghista, o per le quali ci sono ordini superiori (si veda quanto accade con la Tap e Trump), l’analisi costi-benefici è stata già fatta”, attacca Chiamparino, secondo cui solo per la Tav bisogna contare fino all’ultimo spicciolo, “nonostante siano già state fatte sette analisi costi-benefici da diverse agenzie indipendenti, tutte con esito ampiamente positivo”. Il governatore ha il sospetto che, nelle scelte dell’esecutivo M5S-Lega, c’entri la diversa vicinanza politica delle amministrazioni regionali.
Toccherà al premier Giuseppe Conte, nei prossimi mesi trovare la quadra tra i “desiderata” del M5S e della Lega, le richieste degli amministratori locali, il nodo delle penali e anche il pressing dall’estero, come quello di Donald Trump sul Tap. In questo senso l’impressione è che, tra il Tap e la Tav, il primo abbia più chance di essere realizzato, viste anche le salatissime sanzioni (dai 15 miliardi in su) che il governo dovrebbe pagare in caso di stop. Sanzioni che, anche per le altre opere, potrebbero avere un effetto domino sui conti e quindi anche sulla legge di bilancio, rendendo, se possibile, ancora più caldo il prossimo autunno.
Il nodo decisivo della legge di Bilancio. Caos totale, nessuna strategia economica. Solo ipotesi
Tagliare gli sconti fiscali in modo selettivo, partendo ad esempio quelli che hanno impatto negativo sull’ambiente, oppure in modo lineare, riducendo la percentuale dello sconto oggi al 19%. Ma anche spingere ancora sulla spending review, anche se i margini sono oramai ristretti, o virare sul ‘congelamento’ della spesa corrente. O ancora, estrema ratio, sterilizzare solo in parte le clausole di salvaguardia, per poter utilizzare parte del gettito aggiuntivo dell’Iva per attuare il contratto gialloverde. Mentre si appresta a incassare il via libera finale al primo provvedimento simbolo, il decreto dignità, il governo già è alle prese con la ricerca delle coperture per la prossima legge di Bilancio. Mentre si ragiona sull’opportunità di accompagnare o meno la manovra con un decreto fiscale collegato, come accaduto lo scorso anno ad esempio, per anticipare l’entrata in vigore di alcune misure. Il veicolo sarebbe peraltro il più adatto se si decidesse, e la Lega rimane in pressing in questo senso, di far partire subito la ‘pace fiscale’. Di ipotesi tecniche, sul tavolo, ce ne sono già parecchie, molte delle quali ripescate tra le proposte studiate già in passato, a partire dalla riduzione lineare delle tax expenditures.
Molto probabile l’aumento dell’Iva, anche solo per certe categorie di merci
Di tempo per le decisioni politiche ancora ce n’è, e già al prossimo vertice a Palazzo Chigi, che si dovrebbe tenere in settimana, probabilmente si inizierà ad analizzare qualche capitolo più nel dettaglio. I due azionisti dell’esecutivo, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, hanno comunque già detto ‘no’ a qualsiasi ipotesi di aumento della tassazione, anche se l’Iva sarebbe un aumento indiretto. Diverso sarebbe se si lasciasse salire l’imposta sul valore aggiunto solo per determinate categorie di beni, sfruttando le risorse per abbassarla su altri di largo consumo come già tante volte si è tentato di fare (dai prodotti per la prima infanzia alle bollette). Ma si tratterebbe comunque di aumenti di tasse. Stesso scoglio lo dovrebbe superare anche un eventuale taglio delle detrazioni, perché di fatto anche minori sconti si traducono in maggiori imposte da pagare. La maggioranza, così come pattuito con il ministro dell’Economia Giovanni Tria, punta invece ad avviare il calo delle tasse, partendo dalle partite Iva e, se possibile, anche da alcune misure in favore delle famiglie, specie quelle numerose. C’e’ poi da finanziare anche il reddito di cittadinanza con il primo step rappresentato dalla riforma dei centri per l’impiego. Si cercherà, per quest’ultima misura, di utilizzare anche i fondi europei.
Le opposizioni cominciano a far sentire preoccupazioni e timori. Fornaro, LeU: “serve quadro coerente e credibile di interventi economici e sociali
“I vincoli di bilancio non sono un dogma di fede, ma non può essere chiesta maggiore flessibilità all’Unione Europea per diminuire le tasse ai più ricchi, come succederebbe con la flat tax. Invece, si può e si deve discutere con l’Europa un piano di investimenti straordinari a sostegno dell’occupazione, in particolare per i giovani e per il Sud e per concordare misure che riducano le enormi diseguaglianze sociali”, afferma il capogruppo di Liberi e Uguali alla Camera, Federico Fornaro. “Un piano -prosegue Fornaro- che sia credibile anche per quei soggetti che ogni anno ci finanziano sui mercati oltre 400 miliardi del nostro debito pubblico e da settimane stanno lanciando segnali di preoccupazione crescente sulla scarsa affidabilità di questo Governo tutto teso più ad alimentare la macchina della propaganda in una campagna elettorale mai finita, piuttosto che a delineare un quadro coerente e credibile di interventi economici e sociali”, conclude Fornaro.
E in Senato arriva il Decreto Di Maio dopo l’approvazione alla Camera
Intanto in Senato è scattato l’ostruzionismo, in particolare da parte del Pd: le commissioni Finanze e Lavoro dopo una intera giornata sono riuscite a votare appena un centinaio degli oltre 700 emendamenti al decreto dignità che saranno comunque tutti respinti (non ci sono nelle commissioni problemi di numeri, lo scarto medio è di almeno 10 voti). La seduta si protrarrà a oltranza anche lunedì, nelle pause dell’Aula che deve licenziare anche il decreto Milleproroghe, ed è possibile che il via libera possa slittare a mercoledì mattina.
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