
Notizia scaccia notizia. Per qualche giorno il voto del Senato che, con un emendamento al “mille proroghe” ha bloccato per due anni il fondo stanziato dal precedente governo, 1,6 miliardi, destinato alla riqualificazione delle periferie, è stato alla attenzione dei media. Immediate sono state infatti le proteste degli enti locali, sindaci presidenti delle Regioni, della Cgil. Il senatore a vita Renzo Piano, grande architetto, urbanista, in una intervista rilasciata a La Repubblica esprime valutazioni fortemente critiche sul voto espresso dal Senato e annuncia il “Periferia pride”. “Sarebbe l’ora di farlo”, risponde a chi lo intervista. I media danno notizia della retromarcia dei senatori del Pd che hanno votato a favore dell’emendamento, per sbaglio, dicono, data l’ora tarda e un testo che non era un esempio di chiarezza. Poi il “fattaccio” scompare dalle cronache. I “nuovi padroni”, ci riferiamo al governo gialloverde, ministri e vicepremier in particolare, dettano i “ritmi” all’informazione. Interviste in particolare con Salvini e Di Maio, occupano giornalmente intere pagine dei giornali, compaiono nei tg, nelle rubriche estive delle televisioni. Non c’è più spazio per dare conto di quanto avviene realmente nel nostro paese sul piano delle politiche economiche e sociali.
La disinformatja non frena l’iniziativa lanciata dal senatore a vita
Ma questa “disinformatja” non frena l’iniziativa che è stata lanciata dal senatore a vita Renzo Piano per restituire dignità alle periferie, per dare battaglia perché non passi il blocco dei fondi votato dal Senato. In particolare il Coordinamento nazionale delle Periferie risponde all’appello lanciato da Renzo Piano, per dar vita al “Periferie pride”. In un documento a firma di Pino Galeota e Eugenio De Crescenzo, dirigenti del Coordinamento, si afferma che “il giorno dell’orgoglio della periferia è ora”. E a Renzo Piano rispondono: “Noi ci siamo per il Periferia Pride”. E parlano di “un orgoglio che dobbiamo costruire con l’ANCI, i sindaci, i presidenti delle Regioni, le associazioni degli inquilini, chi gestisce i patrimoni pubblici, chi le studia insieme con chi ci lavora, presidia e opera quotidianamente in realtà complesse e difficili. Con chi sui territori dà risposte al disagio, crea cultura e futuro, protegge l’ambiente, prova a creare lavoro, rispetta le regole, pretende che la sicurezza sia un bene comune”. Il documento entra nel merito dell’emendamento approvato dal Senato. “Siamo ad un passaggio delicato. Il definanziare i progetti – si afferma – significa non solo prendersi i soldi per spalmarli su 8.000 comuni, ma soprattutto chiudere quello spiraglio aperto con il bando del 2015 dopo anni di emarginazione e silenzi. La Commissione Parlamentare aveva fatto un buon lavoro e lasciato, all’unanimità, indirizzi per la legislatura attuale”.
Il documento prosegue parlando di uno scippo che produce un “danno culturale, sociale e politico” spegnendo le luci e facendo ritornare la notte dei tempi passati. Noi, quelli che “la realtà si vede meglio dalle Periferie (Roma, Napoli, Palermo, Milano, Torino, Bologna, Bari), ci siamo”. Poi la conclusione: “Il ravvedimento da parte di tutte le forze politiche va reso possibile stando sul campo.
L’iniziativa popolare dovrà accompagnare l’iter delle scelte parlamentari
La giornata dell’orgoglio dovrà accompagnare l’iter parlamentare e le scelte che si faranno in Parlamento a settembre. Dovremo ricordare ad alta voce a tutti che nelle periferie ci sono i giovani, l’energia e la speranza del futuro del nostro Paese. Sta a noi l’onere di renderlo possibile. Dovremo fare rete, creare luoghi di incontro e confronto e una comunicazione che viaggi e si allarghi”.
Per quanto ci riguarda, per il contributo che può dare il nostro quotidiano ad una battaglia di civiltà, sono le periferie una sorta di termometro della salute delle nostre città, diciamo che ci siamo, daremo con jobsnews un contributo alla costruzione del “Periferie pride”.
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