Si è dimesso il presidente di Acea Lanzalone. Per lo Stadio della Roma indagato anche il sovrintendente Prosperetti. Partita la resa dei conti nel M5S

Si è dimesso il presidente di Acea Lanzalone. Per lo Stadio della Roma indagato anche il sovrintendente Prosperetti. Partita la resa dei conti nel M5S

Cade la prima testa per l’inchiesta che ruota attorno alla progettazione dello Stadio dell’As Roma. L’avvocato Lanzalone ha rassegnato le dimissioni. L’uomo che aveva la fiducia degli uomini forti del M5S come Beppe Grillo e soprattutto Luigi Di Maio, non ha potuto reggere all’urto delle tante pressioni che si sono concentrate sul suo ruolo di ‘uomo della provvidenza’ quando c’era qualche grana da risolvere. Secca la nota diffusa in serata da Acea spa: “L’avvocato Lanzalone ha rimesso il mandato di presidente del Consiglio di Amministrazione di Acea SpA. Il Consiglio di Amministrazione, nella riunione del 21 giugno 2018, assumerà le opportune determinazioni al riguardo”, conclude la nota. Era stata perentoria la richiesta del vicepresidente del Consiglio e guida politica dei 5 Stelle, Luigi Di Maio, che nella mattinata di giovedì ne aveva chiesto le dimissioni: “Luca Lanzalone si deve dimettere da presidente di Acea” dopo l’arresto nell’ambito delle indagini sulla costruzione del nuovo impianto dell’As Roma. E’ quanto ha chiesto il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, aggiungendo: “Lo consideravamo una persona preparata, ma chi è ai domiciliari non può mantenere una tale carica. Mi aspetto che si dimetta nelle prossime ore, da noi chi sbaglia paga”.

La richiesta di Di Maio era anche un avvertimento alla sindaca Raggi

Quella di Di Maio, non era solo una richiesta, ma anche un avvertimento alla sindaca Raggi, colpevole, per molti nel Movimento, di una gestione incerta e deludente dell’Amministrazione capitolina. Va detto poi che la richiesta di dimissioni fatta dal vicepresidente del Consiglio è anche un punto di non ritorno per il Comune di Roma, che detiene in Acea il pacchetto di maggioranza. Il Movimento 5 stelle, dunque, sceglie la linea dura nei confronti di un uomo che, a sentire la capogruppo in Regione Lazio Roberta Lombardi, è stato portato “da chi si occupava degli enti locali”. “Sono rimasta esterrefatta dalla notizia sia dell’arresto che dell’indagine su Ferrara (capogruppo M5s a Roma) – dice la Lombardi al quotidiano la Repubblica -. Mai avrei pensato che episodi del genere potessero riguardare il mio movimento”.

Lombardi all’attacco: “Chi ha dato il potere a Lanzalone ha commesso un grave errore politico”

E aggiunge che chi ha dato a Lanzalone il potere “ha commesso un grave errore politico e deve chiarire”, quindi che “i M5s individuino le responsabilità politiche e si faccia ammenda”. Lanzalone, spiega, “è entrato in contatto con il gruppo che gestiva gli enti locali, da Livorno, dove ha lavorato per il risanamento dell’Aamps, fino a Roma, dove dopo il caso Marra fu messo a controllare tutto quello che Raggi aveva firmato nei mesi incui lo aveva avuto come braccio destro”. A occuparsi degli enti locali a Roma, scrive ancora Repubblica, erano Luigi Di Maio, Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro. Ma la Lombardi i nomi non li fa e ribadisce: “Ho detto il gruppo degli enti locali” raccontando poi del suo scontro con l’avvocato sullo stadio della Roma. Lanzalone, dice, “insisteva su quel progetto che non poteva essere revocato senza grosse penali. Io chiesi un parere a un importante studio legale e lo fermai. Lui diceva che per fortuna non ero diventata presidente perché non so fare politica. Sono fiera di non saper fare quel genere di politica”.

Parnasi e i 250mila euro a Più voci

Il macigno giudiziario che si sta riversando sulla giunta capitolina passava in gran parte, secondo le carte, dall’altra figura chiave, l’imprenditore Luca Parnasi. A lui sarebbe da imputare il versamento di 250mila euro, fatto tramite una sua società, all’associazione “Più voci” considerata vicina alla Lega. In un’intercettazione telefonica il costruttore parla di quel versamento dicendo che “non è stato fatto per Salvini, ma per creare un sistema di imprenditori, appaltatori”. Inizieranno nella mattinata di venerdì gli interrogatori di garanzia per i nove arrestati nell’ambito dell’operazione “Rinascimento” in merito al sistema curruttivo nato intorno alla costruzione dello stadio della Roma. Per il presidente di Eurnova Srl Luca Parnasi l’interrogatorio si svolgerà a Milano dove si è detenuto da mercoledì. I restanti interrogatori si svolgeranno a Roma. Indagato anche il Sovrintendente, Francesco Prosperetti. Si occupò dei vincoli alle Tribune dell’ippodromo di Tor di Valle Ma quella di giovedì è stata una giornata convulsa e con nuove sorprese, tra queste l’avviso di garanzia recapitato anche al sovrintendente Francesco Prosperetti, che si occupò del vincolo sulle tribune dell’ippodromo di Tor di Valle, indagato nell’ambito dell’inchiesta sullo stadio della Roma. Secondo la Procura l’ex capo segreteria del Ministro ai Beni culturali, Claudio Santini, “avvicinò il Sovrintendente Francesco Prosperetti chiamato a pronunciarsi sul vincolo” che poi fu tolto. Come riscontro la Procura indica “un incontro tra il Sovrintendente e il gruppo Parnasi il 19 maggio del 2017” e la successiva decisione di affidare all’architetto Paolo Desideri “la redazione di un progetto necessario per superare la questione del vincolo”. Dalle intercettazioni emerge che Desideri “oltre ad essere amico di Prosperetti è anche il datore di lavoro della figlia Beatrice”. La procedura per il vincolo sulle tribune di Lafuente viene attivata il 15 febbraio 2017 e il 15 giugno dello stesso anno viene archiviata: nel frattempo Prosperetti era diventato direttore della nuova sovrintendenza speciale Archeologica-Belle arti-paesaggio di Roma. Secondo la Procura Santini per la sua “mediazione per conto di Parnasi” ha percepito “quale compenso per questa illecita attività 53.440 euro”. “Non ho mai commesso reati. Abbiamo lavorato per anni, 24 ore al giorno, solo per realizzare un progetto”. E’ quanto l’imprenditore Luca Parnasi ha detto ai suoi difensori, gli avvocati Emilio Ricci e Giorgio Tamburrini, che lo hanno incontrato oggi nel carcere di San Vittore, dove si trova detenuto da ieri nell’ambito dell’inchiesta sullo stadio della Roma.

L’ex assessore Berdini: “Spero non si faccia più a Tor di Valle”

Infine c’è da registrare la posizione dell’ex assessore all’Urbanistica della Giunta Raggi, l’urbanista Paolo Berdini, che proprio sullo stadio della Roma decise di lasciare e che ieri ha partecipato a numerose trasmissioni radiofoniche ribadendo la sua posizione. In sintesi Berdini spera che l’impianto non si faccia più a Tor di Valle. Ecco poi la breve intervista concessa al quotidiano la Repubblica: “Mafia capitale aveva fatto emergere la disarticolazione delle funzioni pubbliche di un’amministrazione. Un esempio su tutti: si distrugge quel piccolo gioiello che era l’Ufficio Giardini del Campidoglio per dare in appalto alle cooperative legate al malaffare quelle stesse funzioni. Quello che emerge dall’inchiesta sullo stadio della Roma, invece, è ancora peggiore, perché pare proprio che stavolta sia tutta la città e il suo destino a essere stata consegnata nelle mani del malaffare”. Perché il progetto dello Stadio diventa così importante per l’M5S? “Me lo spiegò il vicesindaco Luca Bergamo. Dopo l’uscita di Francesco Totti, quando disse in tv “Famo ‘sto stadio”, mi chiamò: “Paolo, dobbiamo fare l’impianto, una posizione contraria non la reggiamo in città”. Fu fatto per un consenso elettorale? “È evidente. Io dissi che il consenso si poteva ottenere se avessimo messo mano a un progetto sulle periferie abbandonate. Le buche non ci sono solo oggi, sa? Io provavo a chiedere un intervento organico e invece si pensava che la scorciatoia per il consenso fosse dire sì allo stadio. Panem et circenses”.

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