
Non c’era davvero alcun bisogno di regalare a Luigi Di Maio, capo politico del Movimento5Stelle, un lungo spottone di una quarantina di minuti mentre 7 milioni di italiani andavano alle urne per eleggere sindaci e consiglieri comunali. Lo ha fatto Raitre nel corso di In1/2ora, condotto da Lucia Annunziata. Se fosse accaduto con altri segretari di partito sarebbe scattato immediatamente il moto di protesta dei 5Stelle contro la Rai, la casta, l’establishment per una evidente infrazione alle regole elettorali. Oggi non è stato così, segno dei tempi che cambiano quando si ascende al potere, e tutto è concesso e possibile. Se proprio non vi fosse alcuna regola scritta che lo impedisse, certo sarebbe stata questione di opportunità politica evitare, da parte della Rai, il capo politico dei 5Stelle, anche se nelle vesti “trinitarie” di ministro dello Sviuppo economico, del Lavoro e del Welfare. Da ministro non ha detto nulla di politicamente rilevante, tranne quel “prima di tutto” sul quale Maurizio Crozza ironizza quando lo imita. Ma da leader dei 5 stelle è stato bravissimo a non perdere l’occasione per esercitare una chiamata subliminale al voto, citando molto spesso il programma dei 5Stelle entrato integralmente nel contratto, e rispettato abbastanza pedissequamente. Si è trattato di una svista della Rai? Una sottovalutazione della domenica elettorale? O peggio, la ormai diffusione percezione che qualunque cosa accada di sbagliato nei 5Stelle non accadrà nulla? E se qualcuno malignasse, e si ponesse il seguente interrogativo: in Rai si fiuta l’aria e il vento prima ancora che arrivi e in un fase di elezione del nuovo consiglio di amministrazione si potrebbe trattare di una captatio benevolentiae (per dirlo in modo più o meno colto) verso i nuovi potenti? Se si legge la storia della Rai, si pensa ad Andreotti e al suo celebre adagio: “a pensar male si fa peccato, ma ci si azzecca”.
E dopo lo spottone in Rai, ecco Luigi Di Maio alle prese con le questioni vere: le nomine dei viceministri e dei sottosegretari. Alla vigilia della prima, vera, settimana di lavoro del governo giallo-verde un vertice serale a Palazzo Chigi tra Giuseppe Conte, Luigi di Maio e Matteo Salvini prova a sciogliere il nodo delle nomine dei viceministri e sottosegretari, che saranno ufficializzate probabilmente a metà settimana. L’obiettivo, per Conte, è mettersi subito al lavoro cercando di non impantanarsi nel duello nascosto tra M5S e Lega sul completamento della squadra di governo. Ma il vertice convocato nel tardo pomeriggio, alla presenza anche di Giancarlo Giorgetti, non è risolutivo e solo da martedì tutte le caselle dei dicasteri avranno un volto, un nome e un cognome. Quello del “sottogoverno” non è il solo tema al tavolo del vertice di Palazzo Chigi, convocato poco dopo il durissimo scontro tra Salvini e Malta sull’attracco della nave Aquarius. Uno scontro internazionale che e’ il primo effetto della linea dura promessa dal titolare del Viminale sui migranti, una linea che, per la Lega, ha pagato in termini elettorali e che il ministro dell’Interno mette in campo proprio nel giorno delle amministrative. Nello schema giallo-verde è Salvini, inevitabilmente, a fare la parte del “poliziotto cattivo” sul dossier flussi. Il suo scontro con Malta non incassa nessun commento ufficiale pentastellato ma trova, in serata, la sponda del Movimento in un comunicato congiunto del leader della Lega con il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli. Conte, sul tema, ha usato e userà toni più morbidi e fonti del governo, in serata, ricordano come già al G7 il premier abbia dato la sua linea: il dossier flussi va gestito in maniera europea e condivisa, non è una questione di soldi ma di governance dell’immigrazione.
Il caso “Aquarius” non cancella il motivo iniziale per cui era stato convocato il tavolo dei vertici del governo: sul banco ci sono i vice ministri, i sottosegretari ma anche le nomine diCassa depositi e prestiti, per la cui guida sembrerebbero in pole Massimo Sarmi e Fabrizio Palermo. Al M5S spetteranno circa 25 tra viceministri e sottosegretari, poco meno di venti andranno invece alla Lega. Al Mef sono in corsa i 5 Stelle Laura Castelli e Stefano Buffagni, ai quali potrebbe accompagnarsi il leghista Massimo Garavaglia. Al Mise-Lavoro, in quota Lega si fa avanti Alberto Brambilla, “mente” della proposta sulle pensioni del Carroccio mentre alla Farnesina è salda la candidatura di Emanuela Del Re, proposta dal M5S come ministro degli Esteri prima del voto. Nicola Molteni o Stefano Candiani potrebbero fare da vice al Viminale, il leghista ligure Edorardo Rixi è in pole per i Trasporti, i 5 Stelle Nunzia Catalfo e Luca Frusone sono in corsa come vice di Di Maio e Trenta, alla Difesa. Da sciogliere il nodo sulle deleghe a Tlc, Editoria e Servizi, al centro di un braccio di ferro sotterraneo tra M5S e Lega, con Di Maio che vorrebbe tenere per se la prima e proporre Primo Di Nicola per la seconda.
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