
Gli ultimi accadimenti nel mondo, insieme alla crisi economica e alle incessanti guerre, non fanno altro che accrescere il divario tra i ricchi e i poverissimi.
A finire nel mezzo di questa tormenta reale ed emotiva ci sono i deboli e gli indifesi, primi fra tutti i bambini.
I dati che Save the Children riporta nel rapporto “Le tante facce dell’esclusione” sono a dir poco allarmanti: 1,2 miliardi sono i bimbi che vivono in condizioni di povertà assoluta, minacciati al giorno d’oggi da mancanza di cibo, acqua e cure mediche. E ancora, 240 milioni in aree dilaniate da conflitti; 575 milioni di bambine e di ragazze in contesti caratterizzati da gravi discriminazione di genere.
Se pensiamo che sia qualcosa che non ci riguardi da vicino, la classifica stilata dall’organizzazione umanitaria ci mostrerà come l’Italia sia invece coinvolta negativamente, posizionata all’ottavo posto, sarebbe a dire che sono circa 1milione e 300mila i bambini a lottare per la sopravvivenza.
Al primo posto, nella piramide della pessima qualità della vita e del pericolo, c’è il Niger, seguito da Mali, Repubblica Centrafricana, Ciad e Sud Sudan, dove nel campo sfollati di Gumbo 7mila bambini, donne e anziani vivono in miseria e in mancanza di igiene, a causa della quale molti di loro rischiano di perdere la vista.
Singapore e Slovenia condividono il primo posto della classifica dei 175 Paesi più a misura di bambino, seguiti da Norvegia, Svezia e Finlandia.
“Non possiamo più permettere che così tanti bambini, più della metà a livello globale, corrano il rischio di perdere la propria infanzia già al momento in cui vengono al mondo” ha affermato Save the children, sottolineando che in assenza di azioni urgenti ed efficaci “il mondo non riuscirà a raggiungere, entro il 2030, salute, educazione e protezione a tutti i minori, come previsto dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibili approvati dall’Onu nel 2015”.
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