
Così non va, proprio non va. Pur avendo ottenuto il via libera anche alla Camera, con 350 voti a favore, 236 contrari e 35 astensioni, ed è ora nella pienezza delle proprie facoltà costituzionali, il governo Conte ha manifestato nel corso delle due giornate di dibattito parlamentare tutta la sua fragilità, tutta la sua inconsistenza politica e programmatica. Le “performance” del presidente del Consiglio sono state segnate da amnesie, tante (dall’Istruzione alla Cultura, dalla politica estera alle decisioni economiche), sbavature, molte, e gaffe anche clamorose, come quando ha ricordato che “un congiunto” di Mattarella è stato ucciso dalla mafia, suscitando l’ilarità e l’indignazione del capogruppo Pd, Delrio, che gli ha ricordato, gridando e suscitando un lungo applauso, nome e parentela, “si chiamava Piersanti ed era suo fratello”. Ma così non va perché mentre il presidente Conte interveniva alla Camera per la replica, Matteo Salvini si divertiva a inviare messaggi su messaggi subito raccolti dalle agenzie di stampa, per segnare il territorio, e per ribadire, se ancora non fosse chiaro, chi davvero è il premier. Tra i tanti messaggi di Salvini si segnala quello inviato alla ministra dello sport dello Stato ebraico di Israele di solidarietà perché la nazionale argentina non aveva accettato, giustamente, di disputare una partita amichevole a Gerusalemme, perché ciò avrebbe avuto un valore e un significato politici al di là del fatto sportivo. Il messaggio di Salvini fa davvero indignare, e imposta perfino la politica estera italiana in Medio Oriente: “Giunga la mia solidarietà alla collega israeliana, ministro della Cultura e dello Sport Miri Regev, perché non è possibile che odio, minacce e violenza impediscano perfino il pacifico svolgimento di un evento sportivo”. Odio, minacce e violenze del popolo palestinese al quale è stata sottratta Gerusalemme est con la dichiarazione di Gerusalemme come capitale, contro ogni diritto internazionale? Salvini si informi, il ministro degli esteri italiano intervenga, il premier Conte lo tenga al guinzaglio, perché il popolo palestinese è la vittima.
Salvini la spara grossa sulla flat tax: “giusto che chi fattura di più paghi meno tasse”
Ma Salvini ha regalato anche un intervento chiarificatore sulla flat tax: “L’importante è che ci guadagnino tutti”. In un’intervista a Radio Anch’io il ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini ha spinto il piede sulla flat tax, perno della ‘riforma fiscale’ del governo gialloverde. Il suo ragionamento è semplice: “Se uno fattura di più, risparmia di più, reinveste di più, assume un operaio in più, acquista una macchina in più, e crea lavoro in più. Non siamo in grado di moltiplicare pani e pesci. Il nostro obiettivo è che tutti riescano ad avere qualche lira in più nelle tasche da spendere”, insiste. Insomma, “se uno fattura di più paga meno tasse ma così investe di più e crea più lavoro”, spiega per difendere la bontà della misura bollata come iniqua dall’opposizione. Ma le sue parole, sintetizzate in alcuni titoli con ‘è giusto che chi fattura di più paghi meno tasse’ infiammano la polemica, se mai ce ne fosse bisogno. “Poi ci dicono che non c’è differenza tra destra e sinistra – commenta su Facebook Roberto Speranza di Leu -. La differenza esiste eccome. Per noi chi ha di più deve pagare di più, chi ha di meno deve pagare di meno. Si chiama progressività. È l’art.53 della nostra Costituzione”. L’intervento di nuovo a gamba tesa di Salvini ha colto di sorpresa anche il presidente del Consiglio costretto a rettificare. Sulla progressività della flat tax, che in realtà è una dual tax con due aliquote al 15% e al 20%, è tornato a rassicurare anche il premier Giuseppe Conte: “Abbiamo declinato un sistema di detrazioni e ci sarà un sistema di no tax area, confidiamo quanto prima di portare avanti un progetto di riforma”.
La polemica con la Nato sulle sanzioni contro la Russia
“Le sanzioni economiche” nei confronti della Russia “sono importanti, perché danno il messaggio che quello che la Russia ha fatto in Ucraina ha delle conseguenze. La Russia deve cambiare comportamento, prima che le sanzioni siano rimosse”. Così il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha risposto, in conferenza stampa a Bruxelles, in merito alle parole del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il quale ha detto che l’Italia si farà promotrice di una revisione del sistema delle sanzioni comminate a Mosca. “Prima di tutto – ha detto ancora Stoltenberg – vorrei congratularmi con il nuovo presidente del Consiglio italiano e spero di incontrarlo presto. L’Italia è un alleato impegnato e molto apprezzato, impegnato per la sicurezza collettiva in molti modi diversi. Ha un ruolo chiave quando si tratta di affrontare le sfide nel sud dell’alleanza. Ospita molte importanti strutture della Nato, incluso il comando interforze di Napoli. L’Italia è un importante alleato della Nato e accolgo con favore l’impegno del nuovo primo ministro per la nostra alleanza”. “Quando si tratta di Russia – ha continuato – penso che sia importante sottolineare che la Natoha un approccio duale alla Russia, combina la deterrenza e la difesa al dialogo politico. Non puntiamo a isolare la Russia: è un nostro vicino e accogliamo con favore il supporto dell’Italia al dialogo che abbiamo con la Russia. Abbiamo avuto un incontro del Consiglio Nato Russia in cui abbiamo parlato di diverse questioni. E’ importante continuare questo dialogo”.
La cronaca del dibattito sulla fiducia alla Camera, tra sbadigli e qualche colpo polemico
Detto ciò su quanto di politicamente rilevante è accaduto anche oggi con Salvini che ruba la scena a tutti gli altri protagonisti della scena politica e di governo, avanzando ipotesi concrete di agenda politica, nel silenzio complice dei 5Stelle, va detto che anche il dibattito alla Camera non ha riservato grandi sorprese, né nelle parole del premier, né negli interventi degli esponenti della maggioranza. Rispetto a quanto già emerso ieri al Senato, è stato il clima a fare da sfondo al dibattito. E a mutare completamente il mood, nella seduta di Montecitorio. Grande assente, infatti, è stato oggi quel fair play che aveva pervaso l’aula di Palazzo Madama, culminato in due standing ovation di tutto l’emiciclo: una per la senatrice a vita Liliana Segre e l’altra per il bracciante maliano Soumayla Sacko. A farla da padrone, oggi, è stato lo scontro reiterato tra i deputati Pd e quelli M5s, che ha ‘regalato’ alla platea le prime bagarre della XVIII legislatura, ideale antipasto di quello che potrebbe essere il leitmotiv dei prossimi mesi. Tutto sommato, un segno di continuità rispetto alle schermaglie della XVII. Il cambio di passo c’è stato alla ripresa pomeridiana. Dopo una seduta mattutina decisamente piatta a causa delle numerose assenze tra i banchi del governo e dei deputati (se si eccettua un siparietto tra Roberto Fico e Matteo Salvini, con il ministro dell’Interno costretto dal presidente della Camera a tornare sui banchi del governo, abbandonati per mescolarsi ai deputati leghisti) al ‘pronti-via’, Roberto Giachetti ed Emanuele Fiano sono entrati in pressing sul premier, attaccandolo subito per le continue citazioni del Contratto di governo. Giachetti, ripreso da Fico, ha urlato più volte all’indirizzo di Conte, concedendosi anche uno sfogo in romanesco con un perentorio “e mo’ basta!”, mentre Fiano attaccava simultaneamente Conte e Fico: il primo per aver attribuito anche ai dem diversi conflitti d’interesse, il secondo per una condotta ritenuta parziale e incoerente. E così, mentre Fiano, supportato da Ivan Scalfarotto, pretendeva a gran voce le scuse di Conte, rimproverava energicamente a Fico di aver soffocato il dissenso, ricordandogli “quando tu sedevi qui facevi molto peggio!”.
Passati alle dichiarazioni di voto, il capogruppo Pd, Graziano Delrio, ha duramente ricordato a Conte il nome del fratello del Capo dello Stato – “un congiunto”, aveva detto il presidente del Consiglio – barbaramente ucciso dalla mafia nel 1980. “Si chiama Piersanti!”, ha urlato Delrio, innescando il boato, seguito da standing ovation, dei suoi e di FI, mentre il grillino D’Uva ha poi giudicato “meschino” il tentativo, a suo avviso, del Pd di strumentalizzare la memoria delle vittime di mafia a fini politici. Più compassato e flemmatico nella replica odierna, rispetto al Senato, Conte. Matteo Salvini si è assentato molto spesso, per inviare messaggi alle agenzie di stampa, mentre Luigi Di Maio si è trattenuto in Aula praticamente per tutta la durata della seduta, muovendosi raramente e affidando a qualche biglietto fatto consegnare dai commessi (uno anche al dem Verini) le sue comunicazioni. Qualche scintilla anche tra FI e Lega, in particolare quando la capogruppo forzista, Mariastella Gelmini, ha accusato Salvini di non avere la statura politica di Silvio Berlusconi: immediatamente sommersa dai “buuu” leghisti. A coronamento della giornata l’intervento ‘neodadaista’ di Vittorio Sgarbi, che ha annunciato il suo sì alla fiducia per il governo Conte, giustificandolo col fatto di riuscire a prosperare “dove c’è il disordine”.
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