I ministri Di Maio le sparano grosse: “Lo Stato siamo noi”. Sfregio alla Costituzione. Lo segue a ruota Salvini: “Per i migranti finisce la pacchia”. “Marchette” degli scriba. Bologna: ignorata manifestazione antifascista e antirazzista

I ministri Di Maio le sparano grosse: “Lo Stato siamo noi”. Sfregio alla Costituzione. Lo segue a ruota Salvini: “Per i migranti finisce  la pacchia”. “Marchette” degli scriba. Bologna: ignorata  manifestazione  antifascista e antirazzista

Una volta si chiamavano “marchette”, gratuite in questi casi, quelle compiute da scriba, abbreviazione di scribacchini che con il giornalismo non hanno niente a che fare anche se magari risultano iscritti all’Ordine professionale, scriba, dicevamo, particolarmente servizievoli nei confronti del potere. In particolare ci riferiamo a servizi televisivi in cui passa di tutto e di più di quanto vanno affermando i Di Maio (gli sono stati assegnati due ministeri oltre all’incarico di vicepremier, perciò usiamo il plurale) e Salvini. Le loro immagini compaiono ad ogni ora del giorno e della notte, le loro parole vengono raccolte e rilanciate, come se si trattasse del Vangelo. Si tratta invece di affermazioni pericolose, eversive anche se ridicole. In particolare sono state rilanciate, senza una parola di commento, dichiarazioni da parte di Di Maio, una sorta di santissima trinità visto che il capo dei grillini è vicepremier, ministro del Lavoro e ministro dello Sviluppo, in cui veniva affermato che “lo Stato siamo noi”. Parole pesantissime, che prefigurano scenari pesanti in termini di democrazia.  Ad oggi, neppure nei tempi più bui della vita della nostra Repubblica e ce ne sono stati tanti, nessuno aveva osato confondere le forze politiche al governo con lo Stato.

Il leader stellato ha nostalgia di Luigi XIV, re di Francia, monarca assoluto

Di Maio, pensiamo, ha creduto di affermare in questo modo il suo  potere. Forse qualche vecchia reminiscenza scolastica gli ha fatto ricordare una frase famosa, “l’etat c’est moi” che avrebbe pronunciato il 15 Aprile del 1665, Luigi XIV, re di Francia, che aveva instaurato una monarchia assoluta per “diritti divini accentrando i poteri dello stato  sulla sua persona”, come si legge in Wikipedia. Gli scriba che hanno rilanciato questa sciocchezza non hanno avuto dubbi. Marchette appunto. Ma Di Maio, forse, dovrebbe rileggere la Costituzione della Repubblica Italiana. Ma forse è chiedere troppo ad uno che in un comizio insulta pesantemente il Presidente della Repubblica, grida dal palco che Mattarella verrà messo in stato di accusa. Qualche giorno dopo, il seguente, se ben ricordiamo si reca da Mattarella a fare il  ciucione, senza  neppure chiedere scusa.

Pagine nere dell’informazione. Vietato turbare la sensibilità di “lorsignori”

Continuano le pagine nere dell’informazione, pare che ci sia un accordo segreto per eliminare dalle cronache tutto ciò che può turbare la “sensibilità” di lorsignori: così Fortebraccio,  Mario Melloni, celebre corsivista dell’Unità, chiamava  e sbeffeggiava i potenti con grande eleganza. Accade così, quasi ci sia stato un passaparola nelle redazioni dei quotidiani e dei telegiornali, che una manifestazione promossa dall’Anpi con l’adesione iniziale di 23 associazioni e forze politiche, poi diventate molte di più, che si è svolta a Bologna per celebrare il 2 Giugno, una Repubblica antifascista e antirazzista, questo lo slogan, è stata ignorata dai media. Nel Salone del Palazzo di Re Enzo, si sono radunate centinaia di persone, settecento la capienza massima, dove si è svolta la manifestazione. Nel cortile era stato piazzato un teleschermo dando modo ad altre centinaia di persone di partecipare  all’evento nel corso del quale hanno preso la parola la presidente dell’Associazione partigiani, Carla Nespolo, il sindaco di Bologna, Merola, il professor Balducci, costituzionalista, Francesca Chiavacci, presidente dell’Arci, Carmelo Barbagallo, segretario generale della Uil a nome anche di Cgil e Cisl.

“No al fascismo, no al razzismo”. Appello a Mattarella con 300 mila firme

È stato dato l’annuncio che nei prossimi giorni verrà consegnato l’appello al Presidente della Repubblica sottoscritto da più di 300 mila cittadini, dal titolo “No al fascismo, No al razzismo”. “Al governo chiediamo – ha detto Nespolo – di rispettare la Costituzione e l’antifascismo”. Forse i media hanno trovato “sconveniente” dare spazio ad una manifestazione antifascista e antirazzista proprio nel giorno in cui il vicepremier ministro dell’Interno annunciava che con lui per i migranti “finiva la pacchia” e che di persona si recava in Sicilia dove avvengono  gli sbarchi delle navi delle organizzazioni umanitarie che portano in salvo bambini, donne, uomini che fuggono da paesi in cui il terrore, la fame, le violenze sono all’ordine del giorno nei campi di concentramento in cui vengono ammassati coloro che cercano di fuggire.

I due ministri si inseguono a ruota. Telecamere sempre  pronte al seguito

Torniamo ai nostri media, alle tv in particolare. Esistono solo Di Maio e Salvini. Sembra che qualcuno dall’alto abbia dettato la linea, si diceva una volta. Se nel piccolo schermo compare il vicepremier grillino deve comparire anche il vicepremier leghista. Salvini sbarca in Sicilia? Lo segue a distanza di qualche ora Di Maio. Una volta era di moda l’ironia sul fatto che i carabinieri andavano sempre in due, ironia che non fa sorridere, ci dice che si muovevano in coppia, uno sa leggere e uno sa scrivere. Il “duo vicepremier” invece è impegnato in una gara a chi racconta più balle sulla realizzazione del “contratto” tanto da far apparire l’operazione “gabba elettori” come già portata termine. I due fanno la voce grossa nei confronti della Unione europea. Annunciano che sbatteranno i pugni sul tavolo. Fuori i soldi, strillano Di Maio e Salvini, rivolgendosi ai Commissari Ue. Forse sarebbe meglio indicare proposte concrete, anche in vista di importanti riunioni, dal G7, in Canada, di  incontri dei ministri europei, per avviare un cambiamento nelle politiche della Ue.  No, in realtà grillini e leghisti proposte comuni non ne hanno. Non solo. Si guardano in cagnesco e fanno a chi le spara più grosse.

L’ultima del vicepremier stellato: per il “contratto” i soldi li prendiamo ai tavoli europei

L’ultima di Di Maio ci fa veramente pensare che  sia convinto di “essere lo Stato”. A domanda dove vengano presi i soldi per finanziare il “contratto”, la riposta è questa: “I soldi per il contratto li prendiamo ai tavoli europei”. Di male in peggio. Il presidente della Commissione Ue, Juncker, dice che “non si devono dare lezioni a Roma”, che “l’Italia va rispettata” ma subito dopo prosegue: “Gli italiani non devono lamentarsi delle misure di austerità prese da Bruxelles” e ricorda i 19 miliardi di flessibilità che sono stati concessi al nostro paese e, già che c’era, ha fatto presente che “non è stata aperta alcuna procedura di infrazione” per quanto riguarda il deficit. Moscovici, presidente della Commissione Affari economici Ue, dice che “bisogna rispettare la democrazia”, il voto che gli italiani hanno espresso, che le decisioni della Ue non si prendono sui mercati  o  a Bruxelles. Ci si “pronuncia sui fatti – afferma – riforme, oneri finanziari, bilanci. Abbiamo regole comuni, non sono punitive, da sottomissione ma di dialogo”. Gli avvertimenti sono abbastanza chiari. Ne facciano buon uso il ministro Tria e il presidente Conte. Se c’è, batta un colpo. Evitando che Di Maio e Salvini, la strana coppia che tanto piace ai media perché “fanno notizia”, combini più guai della grandine.

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