
Chi ha coniato per i ministri Di Maio e Salvini il soprannome di Dioscuri non ha affatto sbagliato. I due viceministri sembrano proprio i gemelli protagonisti del mito greco, Castore e Polluce, ai quali è stata perfino dedicata la Costellazione dei Gemelli, appunto. Ma chi erano davvero i Dioscuri? Il mito narra che essi fossero i figli di Zeus, nati dall’uovo di Leda, fecondata dal primo degli dei greci, trasformatosi in cigno. Secondo quanto scrive l’Enciclopedia Treccani i due gemelli “compivano le loro gesta sempre uniti: Castore domatore di cavalli, Polluce valente nel pugilato. Ambedue furono considerati divinità benefiche e salvatrici. Erano anche protettori dei naviganti nelle burrasche”. Una straordinaria coincidenza? Se infatti osserviamo le parole e i comportamenti dei due ministri, vi ritroviamo proprio quelle caratteristiche attribuite ai Dioscuri dal mito. Pensiamoci un attimo: Polluce, il pugilatore, non somiglia a Salvini, che anche in Sicilia vorrebbe prendere a pugni migranti (essendo lui protettore dei naviganti nelle burrasche non può che punire chi trasgredisce), Ong e sindaci, come quello, bravissimo e umano, di Riace Mimmo Lucano, dal quale invece dovrebbe andare a lezione di accoglienza? E Luigi Di Maio non ha l’aspetto di Castore che domava i cavalli, mentre lui doma la folla con l’abilità del trasformista? Il Dioscuro Salvini agita i pugni contro l’Europa? Il suo gemello Di Maio doma la folla pentastellata, prima furiosa e arrabbiata contro il Presidente Mattarella, poi ossequiosa e genuflessa dinanzi alla “razionalità e al senso di responsabilità del Quirinale”, dopo il varo del governo, il peggiore che questa Repubblica abbia mai visto nascere. Il Dioscuro Salvini sostiene le mirabolanti, razziste e omofobe, sciocchezze dei suoi colleghi ministri leghisti sulla famiglia o l’autonomia di Lombardia e Veneto? Il suo gemello non vuole essere da meno, e dice di voler domare la folla inferocita contro i vitalizi, il jobs act, la legge Fornero di riforma delle pensioni, gli evasori fiscali, e chi più ne ha più ne metta. Insomma, si potrebbe proseguire ad libitum nella comparazione di parole, gesti, comportamenti dei due Dioscuri della politica italiana. Ci limitiamo qui a segnalare, soprattutto per dovere di cronaca, quanto è accaduto in questa prima domenica di giugno, a dimostrazione che chiamarli Dioscuri corrisponde con precisione quasi scientifica a quanto racconta il mito di Castore e Polluce.
Salvini, il gemello pugilatore e il suo “progetto ruspa” avviato
Il progetto ‘ruspa’ è già avviato, almeno a parole. Il neo ministro Matteo Salvini, dopo le pesanti parole usate contro l’immigrazione clandestina e le Organizzazioni non governative, va in Sicilia, la “nostra frontiera” per dire che mai più sarà “il campo profughi d’Europa” e che “il governo italiano dirà no alla riforma del regolamento di Dublino e a nuove politiche di asilo”. Il leader leghista, che continua a muoversi nella doppia veste di uomo da proclami e ministro della Repubblica, sembra molto a suo agio in quella terra che non ha contribuito alla vittoria del partito ma che ogni volta lo acclama come risolutore di problemi. Prima a Catania e poi a Pozzallo, porto di sbarchi e centro di accoglienza e solidarietà, Salvini parla come se fosse in perenne campagna elettorale e usa il suo cavallo di battaglia per rimarcare il nuovo indirizzo politico che ormai è segnato. “Non assisterò senza far nulla a sbarchi su sbarchi su sbarchi – sottolinea con gli stessi toni di lotta che però ora hanno un’aria diversa – servono centri per espellere”. Contemporaneamente però tranquillizza sulla linea dura del Carroccio annunciando che seguirà solo “il buon senso”. E nel giorno in cui il mare è teatro dell’ennesima tragedia a largo di Turchia e Tunisia, il capo del Viminale sfoggia il lato più impassibile: “Obiettivo è salvare le vite. E questo lo si fa impedendo le partenze dei barconi della morte che sono un affare per qualcuno e una disgrazia per il resto del mondo. Stiamo lavorando senza bacchette magiche per ottenere meno sbarchi, più espulsioni, più sicurezza e per bloccare e tagliare un enorme giro d’affari. Pregare e commuoversi non basta, lavoro perché tutti gli organismi internazionali si impegnino per fermare partenze, sbarchi e morti”. E poi, altri pugni: “aprire nuovi centri di espulsione, nelle regioni, accordi con i Paesi da cui provengono i migranti e ridefinire il ruolo dell’Italia in Europa. L’anno scorso – prosegue Salvini – siamo riusciti a respingere ed ad espellere solo 7mila immigrati, così ci mettiamo un secolo”. La settimana prossima, ci sarà la riunione dei ministri degli Interni dei Paesi europei, e, dice Salvini, “invece di aiutare l’Italia ci vorrebbero appesantire ulteriormente dandoci per dieci anni migliaia di migranti. Diremo no. Perfino la Merkel ha detto che l’Italia è stata lasciata sola. No alle modifiche del regolamento di Dublino, per le nuove politiche d’asilo perché condannano l’Italia, la Spagna, Cipro e Malta ad essere da soli”. A Salvini replica Erasmo Palazzotto, deputato siciliano di Sinistra Italiana, Liberi e Uguali: “Qualcuno dovrebbe ricordare a Matteo Salvini che adesso è il ministro dell’Interno e che non può permettersi di continuare a fare propaganda sulla pelle delle persone. Qualcuno gli spieghi che la campagna elettorale è finita”.
Il Dioscuro Luigi Di Maio che doma la sua folla con le sciocchezze sui vitalizi e le pensioni
Il governo Conte, dice il gemello Di Maio, potrebbe cominciare dai vitalizi dei politici e con l’attacco alla cosiddetta ‘casta’, bersaglio della campagna di M5S e (meno) della Lega. “Lo abbiamo promesso in campagna elettorale e lo faremo subito, togliendo i privilegi agli ex parlamentari – annuncia il vicepremier Luigi Di Maio provocando la levata di scudi immediata degli ex parlamentari-. Poi loro facciano tutti i ricorsi che vogliono, ma la delibera c’è”. Ammonta a circa 2.600 il numero di ex parlamentari che percepiscono i vitalizi dopo la loro abrogazione nel 2012. Si va da vecchi leoni della Dc come Ciriaco De Mita o Gerardo Bianco ad ex presidenti della Camera come Gianfranco Fini, Fausto Bertinotti o Irene Pivetti, passando per Massimo D’Alema e alcune centinaia di ex deputati, senza dimenticare le vedove degli ex parlamentari con le pensioni di reversibilità. Il piano M5S è trasformare in pensioni calcolate con metodo contributivo sia i vitalizi degli ex parlamentari, sia la parte maturata fino al 2012 dai parlamentari in carica. Il che comporterebbe un taglio agli assegni con un risparmio per le casse di Camera e Senato. Rispetto agli attuali 193 milioni di spesa annua se ne risparmierebbero 76. La replica immediata arriva da Antonello Falomi, presidente dell’Associazione dei circa 1500 ex parlamentari: “Di Maio se ne infischia della palese incostituzionalità del provvedimento di taglio retroattivo dei vitalizi. Per Di Maio i seri dubbi di incostituzionalità espressi da decine di costituzionalisti e dagli stessi Uffici competenti del Senato sono solo carta straccia. Per il neo Vice Presidente del Consiglio, l’importante non è fare le cose nel rispetto della legalità costituzionale, ma soltanto annunciare di averle fatte. Se poi, il provvedimento sarà cancellato dai tribunali, non conta niente – conclude Falomi – perché ciò che importa è continuare, per qualche tempo, a fare propaganda e a prendere in giro gli italiani”.
Altro tema per il Dioscuro Di Maio è la riforma della riforma delle pensioni, la cosiddetta Fornero. Di Maio ha annunciato molto pomposamente che “il tema delle pensioni è fondamentale e una delle prime cose su cui ci siamo messi d’accordo è fare quota 100 per superare la legge Fornero”. Ma nel contratto M5s-Lega si stima per questo un costo di appena 5 miliardi. Mentre nei calcoli dell’Inps, permettere il pensionamento con quota 100 tra età e contributi o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età costerebbe il primo anno 15 miliardi per poi arrivare a regime a 20 miliardi l’anno. Ovvero, almeno quattro volte più di quanto previsto dal gemello Castore, che forse non è fortissimo in matematica. Contro questa ennesima sciocchezza propagandistica si è fatta sentire la voce di Cesare Damiano, ex presidente della Commissione Lavoro della Camera. Damiano stronca Di Maio: “su quota 100, se fosse vero che parte da 64 anni di età, questa scelta rappresenterebbe una penalizzazione per chi svolge attività gravose perché questi lavoratori possono andare in pensione a 63 anni con quota 99 (63 più 36 di contributi). Non solo, per chi è disoccupato o ha un familiare disabile a carico, i contributi scendono a 30 anni (quota 93). Per le donne, poi, c’è uno sconto ulteriore di un anno per ogni figlio (massimo 2 anni), che porta i contributi necessari a 28 anni (quota 91). Inoltre, non bisogna dimenticare sempre per queste 15 categorie di lavoratori, che svolgono attività gravose, c’è anche il blocco dell’aggancio dell’età della pensione all’aspettativa di vita”. E non solo. Sulla riforma della legge Fornero c’è anche una posizione chiarissima di Cgil, Cisl e Uil, con calcoli, proposte, suggerimenti ragionevoli che eviterebbero di penalizzare lavoratrici e lavoratori. Ma si sa, ai Dioscuri non nominare i sindacati, potrebbero beccarsi un’orticaria.
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