Ilva. Fiom, Fim, Uilm a Calenda e Bellanova: “Il contratto di Mittal col governo non è la nostra trattativa”. A rischio esubero 4500 lavoratori. Penalizzante l’inquadramento contrattuale

Ilva. Fiom, Fim, Uilm a Calenda e Bellanova: “Il contratto di Mittal col governo non è la nostra trattativa”. A rischio esubero 4500 lavoratori. Penalizzante l’inquadramento contrattuale

I sindacati hanno perso la pazienza. I lavoratori dell’Ilva chiamano in causa il governo, il ministro Calenda in primo luogo e la viceministra Bellanova, che su questa vicenda hanno cercato  di costruire una loro immagine, facendosi strada  in quel ginepraio che è diventato il Pd. Siglano un accordo con un gruppo, Am Investco,  Arcelor Mittal, di cui fa parte anche Marcegaglia, per il passaggio di proprietà di Ilva commissariata, una vita travagliata, passata di padrone in padrone, anche quello pubblico, Iri-Finsider, conosce l’amministrazione controllata e poi il commissariamento, leggi ministero per lo sviluppo economico. Calenda, e la sua vice ne fanno il fiore all’occhiello  della loro attività, circa 160 aziende in crisi, da salvare, passano dal loro dicastero. Spesso, troppo spesso, restano da salvare. Il commissario, ovviamente, opera in sintonia con il ministero. Negano più volte che ci sia stato un accordo con Mittal. In trattativa, più volte i rappresentanti  dell’azienda richiamano accordi già presi con il governo. Calenda e Bellanova negano. Ma i sindacati, la pazienza e Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm Uil, cui si aggiunge l’Usb, dopo una riunione con il Consiglio di fabbrica  e lo sciopero di 24  ore delle acciaierie prendono posizione, netta, senza equivoci. L’accusa non lascia adito a dubbi sull’operato dell’azienda e del ministero: “Il loro contratto col governo non è la nostra trattativa”.

Al Mise tante vertenze. Il protagonismo di ministro e viceministra

Calenda, con il “suo” Industria 4.0, ha cercato di darsi una immagine di modernità, le tecnologie certo, innanzitutto, ma con il cuore che batte verso gli operai, i lavoratori. Addirittura si è iscritto al Pd proprio nel momento della sconfitta elettorale, offrendo generosamente il suo aiuto a chi ha perduto, magari facendo un pensierino, chissà mai a diventarne uno dei massimi dirigenti e, chissà mai, a porsi come candidato in un governo anche a termine, di salvezza nazionale. Lei, la Bellanova Teresa, un passato da dirigente Cgil, torna in Parlamento non nella “sua”   Puglia  dove ha fatto  una  campagna elettorale tutta puntata sui suoi interventi, prima di tutto quello sull’Ilva a difesa del lavoro, attaccando in particolare i candidati di Liberi e Uguali. I pugliesi non le hanno dato credito e la ex sindacalista torna in parlamento grazie al “paracadute” costituito da un collegio elettorale dell’Emilia Romagna.  E  subito, da viceministra dimissionaria, riprende a tessere il filo, legato all’Ilva, oggi uno dei più grandi gruppi in cui si lavora l’acciaio, 14 mila dipendenti, opera oltre che a Taranto, a Genova, Racconigi(Piemonte), Marghera, Patrica. Ha una storia molto lunga. Deve il suo nome al luogo in cui nasce, Piombino, l’altoforno della Magona, l’isola  d’Elba. I greci chiamavano l’Isola Aithale, parola che significa fuliggine, polvere prodotta nell’estrazione del ferro. Al tempo dei romani Ilba, Helba, poi Ilva. Una storia grande, travagliata. Il grande gruppo passa di mano in mano, finisce nelle mani pubbliche. Si arriva così ai giorni nostri, quando nella trattativa per la cessione del gruppo a Mittal interviene anche la Commissione europea. Ci sono da rispettare le regole antitrust, da valutare se la nuova compagine con intervento pubblico è compatibile con le normative Ue. Marcegaglia dichiara di essere disponibile a ritirarsi. Come si dice, la verità viene sempre a galla. Le trattative riprendono, ma le difficoltà crescono. I sindacati il 5 maggio incontreranno la Regione, c’è da affrontare ancora il problema dell’inquinamento ambientale, le polveri sottili, che arrivano dentro le case, le iniziative della Regione e del Comune. Il 9 partono le assemblee dei lavoratori. I sindacati avvertono che “il tavolo è quello ministeriale” e ribadiscono il “loro netto no all’ultima proposta emersa al tavolo del Mise per il passaggio dei lavoratori dall’amministrazione straordinaria di Ilva alla nuova società acquirente Am Investco”. Nelle stesse ore le imprese che fanno capo a Confindustria  sono tornate a denunciare la crisi dell’indotto, che accusa gravi ritardi nei pagamenti.

Per riprendere il dialogo serve radicale modifica posizione di Mittal

Fiom, Fim, Uilm nel loro comunicato portano in primo piano problemi sui quali vi è disaccordo, che riguardano l’inquadramento economico-contrattuale dei lavoratori, ritenuto “penalizzante rispetto a quello attuale”, e il numero di coloro che saranno assunti dalla nuova società: 8.500. Il rischio esuberi riguarda circa 5.500 lavoratori essendo il personale Ilva pari a quasi 14 mila unità. O almeno 4 mila se si dovesse tornare al punto di partenza, 10 mila assunti da Am Investco, numero quest’ultimo pure contestato dai sindacati e ritenuto inadeguato. “Per riprendere il dialogo – affermano  Fiom, Fim, Uilm e Usb – è necessaria una radicale modifica dell’impostazione da parte di Mittal in materia di organici e salari. Tutti i lavoratori siano assunti alle stesse condizioni economiche e normative”. Il piano ambientale e piano industriale devono invece “garantire un reale processo di risanamento ambientale e la salvaguardia degli attuali livelli occupazionali”. I sindacati chiedono poi che ai lavoratori delle ditte in appalto siano date garanzie “perché non può essere dispersa la loro professionalità e già da oggi chiediamo un incontro a Ilva in amministrazione straordinaria per discutere di pagamenti e piano lavori delle aziende”.

Dopo lo sciopero della Acciaieria si annunciano nuove manifestazioni di protesta

Dopo lo sciopero di 24 ore in acciaieria del 30 aprile,  si annunciano nuove proteste. L’incontro con le istituzioni del 5 maggio è stato convocato dal presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, così come richiesto dal consiglio di fabbrica. Sono stati invitati Fiom, Fim, Uilm, Usb, Am InvestCo, il sindaco del Comune di Taranto, il presidente della Provincia di Taranto e il presidente dell’Associazione Industriali di Taranto. L’incontro si terrà alle 10.30 nella sede regionale a Bari. Le assemblee all’Ilva, invece, partiranno il 9 maggio. Unica possibilità per non arrivare allo sciopero generale, sarebbe un passo avanti di Arcelor Mittal, leader di Am Investco, cosa che per il momento non si profila all’orizzonte. I segretari generali dei sindacati dei metalmeccanici, Marco Bentivogli, Francesca Re David e Rocco Palombella, hanno comunque confermato che “in merito alla proliferazione di convocazioni a vari livelli, accanto agli incontri legittimamente promossi dalle Rsu in sede territoriale, le trattative del Gruppo Ilva sono nazionali e, pertanto, andranno riprese, quando vi saranno le condizioni, in sede ministeriale”.

Le aziende dell’indotto denunciano i ritardi nel pagamento delle fatture

Per quanto riguarda l’indotto,  le imprese metalmeccaniche e il direttivo di categoria di Confindustria hanno “unanimemente manifestato i disagi derivanti dalla situazione attuale: le fatture vengono saldate solo dopo mesi oltre la scadenza andando a gravare su una condizione già fortemente compromessa dalle oramai note vicende legate ai crediti pregressi (150 milioni complessivi) rientrati nella massa del passivo e di fatto non più nella disponibilità delle aziende”.

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