
E’ letteralmente devastante il messaggio postato su Youtube da Mariam Mustafà, la 18enne romana pestata e ridotta in fin di vita da un gruppo di ragazzine inglesi a Nottingham. “Ho bisogno di aiuto, la mia vita è in pericolo”. Ma il suo incubo non erano quelle ragazze che – come raccontato dalla madre – le avevano già rotto una gamba, ma quel problema al cuore che si portava dietro sin dalla nascita. Nel filmato – come riporta Adnkronos.it, la giovane parla della sua odissea tra ospedali, delle diagnosi che le erano state fatte (con tanto di referti), sia in Italia che in Gran Bretagna. Dice di aver chiamato addirittura la polizia, la quale però non ha potuto far nulla per lei. “Al Queen Hospital mi hanno detto che mi avrebbero procurato uno specialista ma non è mai successo”, diceva. “Io continuo a non sentirmi bene, ho difficoltà a respirare. I medici mi hanno detto che devo prendere assolutamente il Lasix – racconta Mariam tra i sospiri – perché altrimenti il sangue potrebbe non arrivare più al cervello: senza il Lasix rischio di morire”.
“Questo non è un gioco – sottolineava la ragazza – ho bisogno del vostro aiuto. Non esco più, non sto più andando al college. Aiutatemi, ho davvero paura di morire”. Poi l’aggressione, probabilmente fatale, per un fisico già in gravi difficoltà. In queste ore, poi, un gruppo di lavoro è entrato in azione alla Procura di Roma, dove si indaga proprio sulla morte della ragazza. La competenza è della Procura della capitale, visto che la giovane è cittadina italiana. Il pm Sergio Colaiocco, che ha delegato le indagini ai carabinieri del reparto operativo capitolino, chiederà alle autorità inglesi l’acquisizione di atti tramite un ordine europeo di investigazione. I pm hanno aperto un fascicolo per l’omicidio della ragazza, nata e cresciuta a Ostia, che è ormai residente in Inghilterra con la famiglia da 4 anni e iscritta a Ingegneria al Nottingham College. La mamma di Mariam, Nasreen, al programma Le Iene ha anche rivelato un particolare che potrebbe orientare decisamente le indagini: “alcune di quelle ragazze ad agosto avevano rotto la gamba di Mariam e riempito di pugni la sorella più piccola Mallak, di 15 anni”, per poi aggiungere un ulteriore particolare: “Una sera di una settimana fa hanno anche tirato delle uova contro la nostra porta di casa”. Dalle parole della donna sembra perdere dunque consistenza la pista dello scambio di persona che assieme a quella del crimine a sfondo razzista è seguita dagli investigatori inglesi. Lo scambio di persona è stato ipotizzato da alcuni giornali britannici: Mariam sarebbe stata presa per una giovane che su Instagram, con il nickname Black Rose (Rosa Nera), aveva a lungo dileggiato il gruppo di ragazzine. Il padre di Mariam, Hatim, ha raccontato che la figlia, prima di cadere in coma, gli ha detto di essere stata chiamata “Black Rose” da una decina di bulle e di aver risposto “No, mi chiamo Mariam”.
In un video di 16 secondi finito online si vede Mariam seduta sul bus; una ragazza di colore la colpisce con un pugno al viso e un altro giovane nero cerca di proteggerla. L’autista avrebbe fatto da scudo, secondo l’azienda di trasporti Nct. Mariam si tocca la testa e poi guarda la mano per verificare se ci sia sangue. L’ultimo fotogramma è sul suo volto attonito e terrorizzato. Il padre ha lamentato l’inerzia della polizia su quell’episodio. “Solo dopo che è morta la gente si è interessata a noi”, ha detto. “Perché lei?”, si è chiesta la sorella, “era la più gentile del mondo, aiutava tutti”. Infine c’è da verificare un’eventuale responsabilità dei medici. Mariam dopo il pestaggio è stata portata in ospedale e rimandata a casa in poche ore. Il giorno dopo però è stata ricoverata in coma e dopo tre settimane è morta. Per chiedere giustizia per la giovane, che in una foto su Fb é seduta su una balaustra sul lungomare di Ostia, è stato creato l’hashtag #JusticeForMariam. “Non voleva stare in Inghilterra – ha detto la madre -, ha sempre sognato di tornare a Roma”. In Italia, in particolare ad Ostia, sono state organizzate manifestazioni per ricordare la giovane. Tra queste quella della comunità egiziana del Lido di Roma e delle compagne di scuola della ragazza.
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