
Prima ancora di dare inizio alla relazione con quale si sono aperti i lavori della direzione nazionale di Sinistra Italiana, il segretario Nicola Fratoianni ha annunciato ai giornalisti le sue dimissioni, poi respinte, con queste parole: “Ritengo doveroso che, quando un risultato è molto negativo, chi ha guidato un’esperienza e ne ha portato la maggiore responsabilità ha il dovere di presentarsi davanti alla propria comunità rimettendo il mandato. Ora la direzione nazionale deciderà se accogliere o meno le dimissioni che ho presentato insieme a tutta la segreteria nazionale, decideremo insieme. Così si fa, perché è un gesto di serietà”. Inoltre, ha aggiunto, Fratoianni, “immaginare che la responsabilità di un risultato elettorale come quello di Liberi e Uguali sia di un singolo è un errore, troverei sciocco dire che la colpa è stata di uno o di un altro ma non c’è dubbio che la campagna elettorale è stata segnata dalla sovraesposizione di figure che hanno un linguaggio ed una cultura politica che evidentemente non hanno funzionato, hanno contribuito a rendere meno efficace il progetto; non credo però che la colpa sia tutta di D’Alema o di Bersani ma questo ha influito come hanno influito i limiti oggettivi di tutti noi, me compreso”. Infine, “io penso – prosegue il leader di Sinistra Italiana – che sia necessario dare un segnale di investimento sulla continuità di un progetto che tuttavia ha bisogno di cambiare, di misurarsi con i propri errori. Il più grande errore – conclude Fratoianni – è stato parlare agli elettori in fuga dal Pd con un linguaggio del Pd prima di Renzi o non sufficientemente discontinuo, coraggioso. Oggi questa discontinuità va marcata”.
Fassina: “dare disponibilità al confronto con il M5S”
Ancora a margine della direzione, Stefano Fassina, confermato deputato del Lazio, ribadisce la sua posizione di sostegno ad un governo Cinque stelle, Pd, Liberi e uguali: “per noi è l’unico schema possibile, dobbiamo vedere se c’è una disponibilità al confronto”. Per Fassina, “l’M5S raccoglie tanta parte di quel popolo che la sinistra rappresentava, hanno un programma con alcuni punti compatibili con il nostro. Dobbiamo dare la disponibilità al confronto, credo dovrebbe darla anche il Pd perché dobbiamo guardare agli interessi del Paese”. Infine, “noi non dobbiamo fare la stampella, non dobbiamo avere nessuna presenza nel governo o nella presidenza delle commissioni, dobbiamo verificare quello che fanno rispetto agli impegni programmatici presi da loro e da noi”.
Epifani: “Le ragioni della sconfitta? Nel divorzio tra la sinistra e quella che un tempo si chiamava la classe operaia”
Alla ricerca di una interpretazione del voto e della sconfitta, due interviste sui quotidiani da parte di esponenti che provengono dall’esperienza di Articolo1-Mdp, Guglielmo Epifani e Massimo D’Alema. Su Repubblica, Epifani confessa: “il divorzio tra la sinistra e quella che un tempo si chiamava la classe operaia si è consumato sulla legge Fornero, sull’aumento dell’età, sugli esodati, sulle condizioni di vita reale dei lavoratori”. Epifani è stato rieletto in Parlamento grazie alla spartizione dei troppi voti presi dal M5S in Sicilia, uno degli effetti perversi del Rosatellum. “Quel che colpisce è la simmetria tra il voto al Pd e quello a Leu: dove va meglio il Pd, va meglio anche Leu; dove il Pd precipita, anche Leu precipita – spiega Epifani -. La sinistra prende i voti nei centri, la Lega e i Cinque Stelle nelle periferie. Vuol dire che raccogliamo il voto ideale ma non una condizione sociale”. Insomma, secondo Epifani, “un po’ di autocritica sarebbe insufficiente: siamo di fronte alla conclusione di un processo nel quale il senso di responsabilità ha portato la sinistra a prendere decisioni che via via hanno segnato il rapporto con i ceti popolari. Lo spartiacque, a mio avviso, è rappresentato dall’approvazione della legge Fornero, prima ancora che il Jobs Act. È lì che si consuma il divorzio – osserva l’ex leader Cgil -. E non è un caso che sulla legge Fornero, Salvini vi abbia costruito la sua campagna elettorale mentre la questione del lavoro è rimasta ai margini delle disputa. È stato, quello della legge Fornero, un grave errore perché si è rotto lo schema che teneva insieme il senso di responsabilità, l’appartenenza ideologica e la condizione sociale proprio mentre si affievoliva il rapporto tra i ceti popolari e le reti sociali”.
D’Alema: “Se non le soluzioni, la direzione di marcia dei 5 Stelle è condivisibile: ridurre le disuguaglianze, occuparsi del Mezzogiorno, colpire i privilegi”
Il dialogo politico con il M5S è inevitabile. E’ l’osservazione fatta da Massimo D’Alema in un’intervista al Corriere della Sera nella quale, oltre ad analizzare il deludente risultato di Leu e il travaglio del Pd dopo la sconfitta elettorale, parla anche del rapporto con i 5Stelle. “Lì c’è un pezzo del nostro mondo – afferma l’ex premier, che non è riuscito a farsi rieleggere in Puglia nella lista di Liberi e Uguali – il confronto è necessario a verificare la possibilità di avere un programma comune, non demagogico ma in discontinuità con questi anni. Se non le soluzioni, la direzione di marcia dei 5 Stelle è condivisibile: ridurre le disuguaglianze, occuparsi del Mezzogiorno, colpire i privilegi: tutti, non solo quelli dei politici; ce ne sono di assai maggiori. Si tratta anche di capire se i 5 Stelle vogliono davvero governare”. Il dialogo, quindi, è una specie di imperativo legato alla funzione della politica. “Se Togliatti dialogò con Guglielmo Giannini, il fondatore dell’Uomo Qualunque, il centrosinistra – conclude D’Alema – può dialogare con Luigi Di Maio”.
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