
Sul piano prettamente istituzionale si potrebbe dire che l’intesa tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini, che ha portato all’elezione di Maria Elisabetta Alberti Casellati, forzista, alla presidenza del Senato, e di Roberto Fico, M5S, alla presidenza della Camera dei Deputati potrebbe perfino essere considerata corretta. In un sistema politico-istituzionale tornato ad essere prevalentemente proporzionale, centrodestra e M5S raccolgono quasi il 70% dei consensi e dei parlamentari eletti. Si potrebbe pensare ad altre stagioni della vita repubblicana, quando le presidenze delle Camere, organi istituzionali e di garanzia, venivano assegnate una alla Democrazia cristiana, che poi avrebbe retto le sorti del governo, e una alle opposizioni. Dal 1968, data di elezione di Sandro Pertini, socialista, a presidente della Camera, al 1994, quando Berlusconi vinse le elezioni e volle entrambe le Camere, dopo un testa a testa al Senato che portò alla presidenza, con un solo voto di vantaggio, Carlo Scognamiglio contro Spadolini, la regola è stata rispettata, con l’elezione di Pietro Ingrao nel 1976 e di Nilde Iotti per ben tre Legislature, 1979, 1983, 1987. Nel 1992 venne eletto Oscar Scalfaro, che due mesi dopo l’elezione divenne Presidente della Repubblica, e gli subentrò Giorgio Napolitano. Fino al 24 marzo 2018, quando poi il sistema divenne prevalentemente maggioritario, grazie alle leggi elettorali Mattarellum e Porcellum, le maggioranze uscenti dal voto hanno preferito dare omogeneità alle massime cariche parlamentari. Questa inversione di tendenza registrata il 24 marzo 2018 sarebbe dunque tale qualora le due formazioni politiche uscite vincitrici dalle elezioni, ovvero la coalizione di centrodestra e il Movimento 5 Stelle fossero davvero alternative, come appunto lo erano la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista. Ma è davvero così? Questo è l’interrogativo che ci si dovrebbe porre al termine della elezione della presidente Casellati e del presidente Fico. Perché, se le due formazioni fossero davvero alternative, una intesa di governo tra loro sarebbe una sorta di Grosse Koalition all’amatriciana. E se non fossero davvero alternativi, come dicono? E poi, come reagirebbero i loro elettorati? La soluzione di questi interrogativi è ora nelle mani del Presidente Mattarella, il quale dovrebbe sciogliere appunto questo nodo: Grosse Koalition all’italiana, che prevede un tempo piuttosto lungo per mettere a punto un programma di governo condiviso (più o meno come i sei mesi trascorsi in Germania dal voto alla formazione del nuovo governo), oppure la celebrazione di una maggioranza solida sulla carta e nei numeri parlamentari solo su un mandato preciso e un tempo non lungo e concordato prima di elezioni anticipate. Tertium non datur.
La giornata parlamentare che ha dato il via all’intesa Salvini-Di Maio
Torniamo però alla giornata parlamentare del 24 marzo 2018, che in ogni caso passerà alla storia, non fosse altro per l’elezione della prima donna alla carica di presidente del Senato, e del primo pentastellato alla carica di presidente della Camera. Roberto Fico è risultato eletto con 422 voti sui 630 deputati aventi diritto, mentre Giachetti, Pd, ha ottenuto 102, Fraccaro, M5S, 7, Brunetta, FI, 3. I voti dispersi sono stati 5, 60 le schede bianche, 21 le nulle. Il quorum richiesto era di 311 voti, e tuttavia il presidente Fico ha perso per strada una sessantina di voti, che rappresentano un segnale di malessere, o all’interno della coalizione di centrodestra, oppure dentro il Movimento 5 Stelle. “Sono emozionato a rivolgermi a tutti voi e a tutti i cittadini, grazie per la fiducia per l’incarico di alta responsabilità, è un onore che omaggerò con imparzialità”. Così il neo presidente della Camera Roberto Fico. “Desidero innanzitutto rivolgere il saluto mio e di quest’Aula al presidente Mattarella, garante degli equilibri e dei valori costituzionali, valori che per essere affermati nella nostra Costituzione hanno richiesto il sacrifico di tanti uomini e tante donne.” Afferma Fico ricordando nell’anniversario dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, “il sacrifico nella lotta al nazifascismo”.
Sono andate meglio le cose al Senato, dove la neoeletta Alberti Casellati ha ottenuto 240 voti, poco meno della somma delle due formazioni. Valeria Fedeli (Pd) ha incassato 54 voti, mentre le bianche sono state 14. Una sola preferenza per Paolo Romani, 3 per Calderoli, 1 per Zanda, 2 per la senatrice a vita Liliana Segre, 1 per Gasparri, 2 per Pinotti, una nulla. “Nell’assumere per vostra volontà questo altissimo incarico voglio inviare un riconoscente saluto al presidente della Repubblica che rappresenta quale capo dello Stato l’unità nazionale” ha affermato la presidente del Senato. “Servono unità di intenti, pur nella diversità di opinioni e indirizzi, consapevolezza delle difficoltà non disgiunta da ragionevole ottimismo, rispetto reciproco delle forze politiche nel solco delle regole comuni”, ha proseguito Casellati. “Un onore e una responsabilità che sento doveroso condividere proprio con tutte le donne che con le loro storie, azioni, esempio, impegno e coraggio hanno costruito l’ Italia di oggi; un grande Paese democratico e liberale in cui nessun obiettivo, nessun traguardo è più precluso”.
Chi è la presidente del Senato Alberti Casellati
Avvocato matrimonialista, di Rovigo, classe 1946, sposata con un collega, due figli. Fedelissima di Berlusconi, a cui deve il suo ingresso in politica fin dalla fondazione di Forza Italia nel 1994, dove ha ricoperto vari incarichi: componente del Collegio dei probiviri, dirigente del dipartimento Sanità e vice dirigente dei Dipartimenti di Fi. Dal 2001 per un anno è vice capogruppo a Palazzo Madama e dal 2002 al 2005 vice capogruppo vicario. Tra il 2006 e il 2008 nuovamente vice presidente degli azzurri al Senato con Renato Schifani presidente. La Casellati può vantare nel suo curriculum anche di aver fatto parte del Csm per due anni come membro laico in quota Forza Italia. “Un’esperienza che ha rappresentato un arricchimento autentico e di straordinario valore”, ha detto al momento delle dimissioni giovedì scorso. Molto vicina al Cavaliere, dunque. E’ scesa in campo più volte a sua difesa nelle vicende giudiziarie che lo hanno riguardato, anche per il caso Ruby (“un’ingiustizia ad personam”). Laureata in diritto canonico alla Pontificia Università Lateranense, la Casellati è iscritta all’Ordine degli avvocati di Padova. Nel governo ha ricoperto i ruoli di sottosegretario alla Salute e alla Giustizia in tre legislature.
Chi è il presidente della Camera dei Deputati Roberto Fico
Fico proviene dall’ala considerata più ‘a sinistra’ e più ‘purista’ del M5S. E’, di fatto, l’unico tra i big pentastellati ad aver più volte duellato con Luigi Di Maio. Nell’agosto dello scorso anno – tanto per citare un esempio – dopo gli sgomberi dei migranti con gli idranti a Piazza Indipendenza, andò all’attacco: “Uno Stato così non mi rappresenta”, mentre l’attuale leader del partito si schierava a difesa di Virginia Raggi e dell’operato delle forze dell’ordine. E poco più tardi, a settembre, dopo che Fico aveva deciso di non correre alle primarie dei 5Stelle, ci fu un momento di tensione alla kermesse di Rimini, la festa per incoronare Di Maio. Una vicenda che si risolse alla fine solo con una ‘pax provvisoria’ tra i due grazie alla mediazione di Beppe Grillo e Davide Casaleggio. Fico è nato a Napoli nell’ottobre del 1974. Diploma di liceo classico, laurea con 110 e lode in Scienze della Comunicazione a Trieste con una tesi sulla comunicazione di massa. Nel 2005 fonda il meetup ‘Amici di Beppe Grillo’ organizzato in un pub di Mergellina, dentro a una grotta di tufo. Sono anni di battaglie sui temi dell’acqua pubblica su cui nascono i comitati, dei rifiuti, della tutela dell’ambiente. Il suo primo successo politico è il ritiro di una delibera dell’Ato per la privatizzazione dell’acqua. “Sono stati anni importanti – racconta lo stesso Fico – che hanno contribuito a rafforzare la nostra consapevolezza. Le idee di comunità, di mutuo intervento, di responsabilità collettiva erano chiare già prima del Movimento”. Nel 2009 nasce M5s e Fico è subito in prima linea. Eletto in Parlamento nel 2013, già allora era considerato in corsa per lo scranno più alto di Montecitorio. Diventa invece, a soli 38 anni, presidente della commissione di Vigilanza sulla Rai con l’obiettivo, dice subito dopo la proclamazione, di “staccare la politica dall’informazione e dalla tv di Stato che è di tutti i cittadini”. Nel mirino mette gli stipendi d’oro nella tv pubblica, un tema sul quale non è mai andato leggero. Nel giugno scorso l’attacco a Fabio Fazio per il suo stipendio, non temendo di definirlo un “classico comunista col cuore a sinistra e portafogli a destra”.
Auguri, pertanto, alla presidente Casellati e al presidente Fico, nella speranza che essi svolgano davvero un ruolo di garanzia a capo della seconda e della terza carica dello Stato, garantendo i diritti delle minoranze.
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