
La guerra in Siria infuria su due fronti. Si combatte al nord, al confine con la Turchia dove la città di Afrin è sotto il fuoco incrociato delle milizie filogovernative, vicine a Bashar al-Assad, delle mizilie curdo-siriane e delle truppe turche. Ma si combatte e si muore anche nella Ghouta orientale, zona della periferia di Damasco con circa mezzo milione di abitanti, controllata dai ribelli siriani. I bombardamenti degli aerei siriani e dei Sukhoi Su-34 russi, secondo quanto riportato dalle Nazioni Unite, hanno colpito nelle ultime 48 ore diversi ospedali nella Ghouta, causando la morte di oltre 200 persone tra cui decine di bambini. Gli Stati Uniti, preoccupati per l’escalation di violenza hanno rivolto un appello per portare immediato soccorso alla popolazione colpita. “I rapporti recenti – ha detto la portavoce del dipartimento di Stato americano, Heather Nauert – indicano che i raid aerei hanno colpito direttamente gli ospedali e quello che rimane delle strutture civili, con centinaia di morti nelle ultime 48 ore”. “Le violenze devono immediatamente cessare – ha concluso – e tutti quelli che necessitano di assistenza medica devono essere evacuati immediatamente”. Solo nelle ultime ore, secondo fonti delle organizzazioni siriane per la difesa dei diritti umani, almeno 24 civili, fra cui tre bambini, sono morti negli ultimi bombardamenti del regime siriano su Ghouta. Si tratta del quarto giorno consecutivo di raid nella regione, costati finora la vita ad almeno 274 civili, mentre altri 1.400 sono rimasti feriti.
Ad Afrin, nord della Siria al confine turco, altri massacri per la guerra scoppiata tra Ankara e Damasco
E sale la tensione nell’enclave curda di Afrin, nel nord della Siria, vicino al confine con la Turchia. Le milizie filogovernative siriane, finite sotto il fuoco dell’artiglieria turca, si sarebbero ritirate a una decina di chilometri dal confine dove avrebbero dovuto schierarsi. Fonti siriane hanno parlato di “fuoco contro le posizioni” occupate dalle milizie mentre per i turchi si sarebbe trattato solo di “colpi di avvertimento” che avrebbero costretto le forze filogovernative a ripiegare. E mentre il presidente turco Recep Tayyp Erdogan annuncia l’imminente schieramento di carri armati lungo il confine, gli Stati Uniti si dicono “profondamente preoccupati” per l’evolversi della situazione. Le milizie leali al regime del presidente Bashar al-Assad erano entrate ad Afrin nelle prime ore del pomeriggio di martedì 20 febbraio, con l’obiettivo di dispiegarsi lungo il confine a fianco delle milizie curdo-siriane; si tratta del primo atto di presenza di forze filogovernative nella zona dal 2012. Il loro intervento era stato richiesto dagli stessi curdo-siriani, nel tentativo di porre un’argine all’offensiva contro le milizie curde lanciata da gennaio 2018 dall’esercito turco; nonostante godano del sostegno degli Stati Uniti, infatti, Ankara le considera come la branca siriana del Pkk e quindi alla stregua di un’organizzazione terroristica, da eliminare al pari dei miliziani dell’Isis.
L’appello delle Nazioni Unite: “fermate le ostilità immediatamente”
Le Nazioni Unite hanno lanciato un appello per fermare le ostilità nel sobborgo di Ghouta, a est di Damasco, e consentire la consegna di aiuti umanitari alla popolazione assediata. Lo ha dichiarato oggi il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. “Ghouta orientale non può aspettare”, ha sottolineato in una nota il segretario generale dell’Onu, perché i civili stanno vivendo un vero e proprio “inferno sulla terra”. “Lancio un appello a tutti coloro che sono coinvolti per un’immediata sospensione delle ostilità per consentire l’ingresso di aiuti umanitari”, ha sottolineato nella nota Guterres. Nel frattempo, il Comitato internazionale della Croce rossa (Cicr) chiede l’accesso alla Ghouta orientale. “Le violenze rischiano probabilmente di causare più sofferenze nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, e le nostre squadre devono essere autorizzate a recarsi nella Ghouta orientale per portare soccorsi ai feriti”, ha dichiarato Marianne Gasser, rappresentante del Cicr in Siria, sottolineando che “i feriti stanno morendo solo perché non possono essere curati in tempo”.
Le reazioni. Macron: “indispensabile una tregua”. La Russia chiede la convocazione del Consiglio di sicurezza. E finalmente Alfano si accorge che in Siria è scoppiata la guerra
Il presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto “una tregua” nella Ghouta orientale, enclave ribelle a Est di Damasco, “il prima possibile”. “La Francia chiede una tregua nella Ghouta orientale per garantire la necessaria evacuazione dei civili e la creazione di tutti gli accessi umanitari necessari il prima possibile. Domandiamo anche l’adozione immediata della risoluzione delle Nazioni Unite su questo argomento”, ha detto ai giornalisti. Intanto, il rappresentante permanente della Russia al Palazzo di vetro, Vasily Nebenzya, ha chiesto di organizzare domani, 22 febbraio, una riunione aperta del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per discutere della situazione nel sobborgo di Ghouta. Lo riferisce l’agenzia di stampa russa “Sputnik”. Secondo il rappresentante di Mosca questo passo è necessario per assicurare che “tutte le parti possano presentare la loro visione e analisi della situazione e propongano modalità per risolverla”. La Germania ha lanciato un appello a Mosca e Teheran chiedendo di costringere il regime siriano a rispettare il cessate il fuoco nella Ghouta orientale, conformemente agli accordi esistenti. “Ci chiediamo dove siano la Russia e l’Iran, che avevano promesso ad Astana di garantire il cessate il fuoco della Ghouta orientale. Senza il sostegno di questi due alleati, il regime di Assad non sarebbe lì oggi”, ha dichiarato il portavoce della cancelliera tedesca Angela Merkel, Steffen Seibert.
E finalmente dopo giorni di totale silenzio e di sciagurata assenza dal consesso internazionale, si sveglia il nostro ministro degli esteri Alfano, con una nota (come se questo bastasse): “Credevamo di aver visto tutto nella crisi siriana: eccidi, armi chimiche e gravissime violazioni di diritti umani. Ma le terribili notizie provenienti dalla Ghouta orientale di Damasco, ove l’offensiva del regime siriano sta barbaramente massacrando tanti civili, donne e bambini, indicano che un nuovo abisso immorale e tragico è stato raggiunto in Siria”. Si può replicare ad Alfano che “l’abisso” ha impiegato qualche giorno (ma in realtà la guerra imperversa in Siria da ben sei anni), e dunque svegliarsi oggi con una nota stampa sa di beffa, soprattutto se si pensa all’attivismo francese e all’immobilismo della Commissione europea, la cui politica estera è nelle mani di Federica Mogherini, che ha convocato il tavolo sulla Siria per il 22 aprile. Ma Alfano, incurante perfino di ricadute nel ridicolo, prosegue: “Mi unisco all’appello dell’Onu per fermare immediatamente i bombardamenti, porre fine all’assedio, e riaprire un canale umanitario che assicuri pieno accesso agli aiuti, in particolare di cibo e medicine. Il regime di Damasco è responsabile di queste violenze disumane. Rivolgo un appello urgente agli attori internazionali e regionali coinvolti e in particolare ai tre Paesi del formato di Astana (Russia, Iran e Turchia) affinché si fermi questa tragedia”.
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