Renzi, Bonino, Tabacci. Più che opportunità politica, la politica dell’opportunità

Renzi, Bonino, Tabacci. Più che opportunità politica, la politica dell’opportunità

Marco Pannella: ovvero, le opportunità della politica. Emma Bonino, ovvero: la politica delle opportunità. Questa è la non irrilevante differenza tra i due: se si cambia l’ordine dei fattori, il risultato cambia, eccome. Che dire dell’accordo Bonino-Tabacci in vista delle elezioni del prossimo 4 marzo? Intanto, e preliminarmente, buona cosa sarebbe non definire la sopravvenuta e strumentale intesa, un accordo tra il Partito Radicale e il Centro Democratico di Tabacci. L’accordo è tra Bonino e Tabacci. Bonino è animatrice della lista “+Europa”, assieme a Benedetto Della Vedova che considera i partiti come Fregoli i vestiti, ne ha cambiati sette od otto. L’altro, Riccardo Magi, non è, come spesso si sostiene, segretario radicale, ma responsabile di una associazione che si chiama Radicali Italiani. Per inciso: non è neppure iscritto al Partito Radicale. Poi c’è Bonino. A lei Maurizio Turco, uno dei quattro coordinatori del Partito, ha dedicato un twitter più velenoso di un’aspide: “Non sono i ‘figli’ che litigano sul ‘padre’, è stato il ‘padre’ che ha litigato con la ‘figlia’. Tant’è che per tre anni non s’è fatta più vedere ma quando è morto ha fatto le veci della vedova a beneficio dei media”.

Le tante differenze tra la compagine guidata da Bonino e il pensiero politico del Partito radicale transnazionale transpartito

E Sergio D’Elia, un altro dei coordinatori del Partito: “E’ un esercizio abusivo quello che si sta facendo, che sia giornalistico o politico, dicendo che ci saranno liste radicali. È un esercizio abusivo del nome e della storia del Partito Radicale, e di quello che Marco ha voluto fosse il Partito Radicale”. Quanto a Rita Bernardini, “elegantemente” invitata via mail a far parte dei candidati di “+Europa” ha rifiutato offesa l’offerta dicendo che erano e sono stati i più fieri avversari e nemici del Partito. Bonino e i suoi sodali hanno fatto una scelta completamente diversa (e per tanti versi opposta) a quella fatta dal Partito Radicale che intende dare seguito al lascito politico di Pannella. Un’opzione dichiaratamente transnazionale e transpartito, con particolare attenzione e sensibilità per le indicazioni e il patrimonio politico e culturale contenuto nel “Manifesto di Ventotene” di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni: gli Stati Uniti d’Europa; un’Europa quindi molto diversa da quel “+Europa” su cui intendono lavorare Bonino e sodali. In più: i radicali pannelliani sono mobilitati su due fronti aperti da Pannella in vita: la conquista del diritto umano e civile alla conoscenza, da incardinare innanzitutto a livello di Nazioni Unite; il diritto al diritto, vale a dire tutte le iniziative per la conquista di una Giustizia che faccia onore a questo nome, a partire dall’epifenomeno costituito dalle carceri e le condizioni di vita patite dall’intera sua comunità: detenuti, agenti di polizia penitenziaria, volontari, ecc.

Bonino rappresenta solo se stessa, con buona pace di giornalisti compiacenti che identificano la sua lista con il PR

Questioni che lasciano sostanzialmente freddi Bonino e i suoi, interessati e impegnati su altro; e innanzitutto a una rappresentanza parlamentare. Il problema, data la neo-varata legge elettorale, è che per le nuove formazioni politiche è richiesto un oneroso pedaggio, sotto forma di migliaia di firme per poter presentare liste con candidati. Si possono realizzare alleanze di coalizioni, apparentamenti, alleanze. Bonino e i suoi non sono certo nel cuore di Matteo Renzi; sentimento ricambiato. Ma di necessità si fa virtù. Così l’ex ministro degli Esteri, “consigliata” da fidati amici e compagni, ha scelto di superare diffidenze e indifferenze, e cercare una sponda nel PD, profittando del fatto che Renzi persegue disperatamente un’ipotesi di coalizione che comprenda socialisti e cattolici, moderati e verdi; e appunto il “prezzemolo” radicale. Solo che la coalizione renziana poggia su fondamenta di sabbia e si sgretola man mano che passano i giorni, perdendo pezzi e credibilità; e Bonino rappresenta se stessa e non il Partito Radicale, con buona pace di giornalisti compiacenti che tendono a identificare la sua listarella con il PR. Oltretutto si è accreditato un 3 per cento di consenso potenziale che nessun sondaggio certifica, e anche in fatto di dote elettorale il PD forse non ha fatto un grande affare. Anche perché dovrà concedere un certo numero di collegi sicuri, e di questi tempi, di “sicuro” nel PD c’è ben poco.

Tabacci, navigato volpone democristiano ha approfittato della situazione

Saltata l’alleanza diretta con il PD, con Renzi che liquida l’agitarsi di Bonino definendolo “un problema tecnico”, la trattativa è stata affidata ai Fassino e ai Martina; magro risultato, tanto fumo, nessun arrosto. Ed è stato avvilente assistere allo spettacolo offerto da un PD prostrato e incapace di risolvere direttamente la questione. Bruno Tabacci, navigato volpone democristiano, alla ricerca di un rilancio con il quale degnamente chiudere una trentennale carriera politica, ha subito approfittato della situazione e lanciato la provvidenziale ciambella di salvataggio. Bonino l’ha afferrata al volo. La sua listarella mai avrebbe potuto raccogliere le firme necessarie; e fare politica, essere politica, fuori dalle aule parlamentari, occorre essere Pannella. Per poter continuare ad essere la “radicale che piace alla gente che piace” lo scranno parlamentare è condizione essenziale. Costi quello che costi. A Tabacci il merito di aver cavato le castagne dal fuoco per Renzi, il PD e “+Europa”; in quanto all’autodefinitasi “zia della Repubblica”, salva la listarella, perde la faccia, in tre o quattro dal 4 marzo potranno sedersi su divani damascati. Non ne valeva la pena, in senso letterale: nel senso che è una pena che non vale.

E’ evidente che tutta la vicenda si è dipanata all’insegna della convenienza. Nulla di male, per carità. Basta chiamare le cose col loro nome, senza patetici imbellettamenti. Bonino non ha mai nascosto una vocazione, per così dire, istituzionale. Pannella ogni due per tre si dimetteva dal Parlamento nazionale o europeo per lasciare il posto ad altri. Bonino, entrata nel “Palazzo” nel 1975 non ne è più uscita, ha semplicemente, di volta in volta, cambiato le stanze. Nulla di male, si ripete. La politica, arte del possibile, è bene sia fatta da persone capaci di farla, altrimenti ecco i deprimenti risultati alla Movimento 5 Stelle. Ma appunto, bisogna saper coniugare “arte” a capacità. Bonino ha avuto un ottimo maestro e tante opportunità. Ma la “vocazione” era ed è altra. Rispettabile, legittima; ma altra. Ora auguriamoci che in queste settimane che ci separano dal giorno del voto si parli, si discuta e ci si confronti con la politica, proposte e soluzioni ai problemi del paese e della gente che siamo. Auguriamocelo, ma senza contarci troppo. Se il buongiorno si vede dal mattino lo spettacolo finora offerto è deprimente quanto basta.

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