La deriva di Repubblica. De Benedetti e Scalfari, la rissa fra comari e la perdita di identità del quotidiano. Il direttore parla di “aggiornamento” delle posizioni, alla luce del cambiamento dell’area culturale rappresentata. Come si deforma una intervista di D’Alema

La deriva di Repubblica. De Benedetti e Scalfari, la rissa fra comari e la perdita di identità del quotidiano. Il direttore parla di “aggiornamento” delle posizioni, alla luce del  cambiamento dell’area culturale rappresentata. Come si deforma una intervista di D’Alema

Lo scontro fra Eugenio Scalfari e Carlo De Benedetti, le due anime di La Repubblica, fra i fondatori il primo, editore l’altro per un quarto di secolo, viene alla luce in modo indiretto, occasionale quando all’ex direttore viene posta in una trasmissione televisiva una domanda su chi preferisse come capo del governo fra Berlusconi e Di Maio. La risposta lascia di stucco non solo il De Benedetti, ma anche la redazione che, si vocifera, già non vede di buon occhio la “svolta” renziana di Scalfari che trasuda negli editoriali domenicali, così come non era stata gradita, sempre stando a voci di corridoio, diciamo meglio “retroscena” di cui è piena zeppa la cronaca politica, la campagna pro Pisapia che con il suo “campo progressista” avrebbe fatto da stampella al Pd, portandosi dietro l’appena nato Mpd. Vale la pena di ricordare la manifestazione di Piazza Santi Apostoli, aperta da Bersani, conclusa da Pisapia. Poi si sa come sono andate a finire le cose ma Eugenio Scalfari non l’ha presa troppo bene ed ha continuato con gli editoriali che mettevano sotto accusa coloro che avevano lasciato il Pd. La “demonizzazione” di Massimo D’Alema, uno dei fondatori di Articolo1-Mdp, che continua ancora oggi, come vedremo, ha rappresentato e rappresenta tuttora, il fondamento dell’attuale linea editoriale. A dimostrarlo anche le piccole cose, debolezze umane. Fra queste un durissimo attacco portato a Bersani, uno dei fondatori di Mdp, dal condirettore di Repubblica da poco nominato dal Consiglio di amministrazione ci cui Carlo De Benedetti è rimasto solo come presidente onorario, lasciando ai figli le redini del gruppo. Attacco al limite dell’offesa personale, che non aveva niente di politico. Sia chiaro non è che Carlo De Benedetti sia diventato un fan di Liberi e Uguali. No, dice che “Renzi mi ha deluso, ma vista l’offerta politica voterò Pd”.

Volano gli stracci fra i due ex, direttore ed editore del quotidiano

A proposito della scelta di Scalfari fra Berlusconi e Di Maio, De Benedetti ricorda che l’ex cavaliere ha “corrotto i giudici nella battaglia di Segrate” e rivela una telefonata con Berlusconi, “la prima da 15 anni”. “Tra i due – afferma – non scelgo né l’uno né l’altro. Se uno lo fa ha problemi di vanità. Eugenio è molto anziano, lasciamo perdere. Io sono stato uno dei soci fondatori di Repubblica con Scalfari nel ’75”. Poi volano gli stracci. De Benedetti afferma di aver dato molti soldi, 5miliardi di lire a lui e Caracciolo, che erano “tecnicamente falliti”. Conclude il sermone. “Con me è stato assolutamente ingrato”. Poi parla dei “prezzi pagati per Repubblica. È la mia folle passione per il giornale che dura ancora oggi. Per questo sono triste quando vedo che perde identità. È nato per essere un giornale politico e la politica si è fatta per quaranta anni su Repubblica.

De Benedetti: “Mi addolora che il giornale abbia perso identità”

Oggi non più”, afferma nell’intervista rilasciata alla Gruber ad Otto e mezzo che gli chiede se “Sbaglia il direttore Calabresi”. “Non sono qui per dare pagelle – risponde – ma il giornale ha perso identità e mi addolora”. Poi concludendo, sottolinea che “Repubblica è stata sempre dalla parte giusta nelle battaglie. Per questo è stata sulle palle a tanta gente”. Gruber gli chiede quale consiglio darebbe a direttore e manager, la risposta è durissima: “Manzoni diceva che il coraggio se uno non ce l’ha nessuno non lo può dare”. Nella parola “giornale politico” usata da De Benedetti, è il succo della polemica, della “perdita di identità”. Perché la politica dovrebbe essere confronto, cultura. Proprio questo carattere, l’identità, di cui parla l’ex editore, è andata perduto. Un esempio. D’Alema ha rilasciato una intervista al Corriere della sera. A domanda del giornalista su cosa prevede per il dopo elezioni D’Alema risponde che nella “indicazione comune di Berlusconi e Renzi a guardare ai 5 Stelle come nemico principale emerge un disegno politico”. Le larghe intese gli chiede il giornalista? Prosegue D’Alema: “Il mio amico Padoan, che ha grande cultura economica ma poca esperienza politica, lo ha candidamente riconosciuto. Gli do atto della sua sincerità. Anche le tecnocrazie europee spingono in questa direzione: come se Berlusconi fosse la Merkel e il Pd fosse l’Spd”. Di nuovo il giornalista: “Lei mi pare meno entusiasta”. La risposta: “La considero un’idea disastrosa e velleitaria. Non credo che Pd e Berlusconi avranno i numeri, e il sistema elettorale rende difficile a Forza Italia sganciarsi dalla Lega”.

Così viene travisata l’intervista di D’Alema

Di nuovo il giornalista: “Cosa succederà il 5 marzo?”. La risposta: “La classe dirigente ha il dovere di dire la verità al Paese: questa legge è congegnata perché nessuno abbia la maggioranza. Occorrerà lo sforzo di garantire una ragionevole governabilità, mentre il Parlamento avrà un compito costituente, a cominciare da una nuova legge elettorale. Il Paese pagherà un prezzo alto al fallimento del renzismo, al modo disastroso, superficiale e arrogante con cui ha affrontato questioni delicatissime come le riforme”. Il giornalista: “Un governo del presidente?”. Risponde D’Alema: “Per forza: una convergenza di tanti partiti diversi attorno a obiettivi molto limitati. E noi, che siamo una forza radicata nei valori democratici della Costituzione, della solidarietà, dell’uguaglianza, del lavoro, daremo il nostro contributo, ponendo discriminanti di carattere programmatico per noi irrinunciabili”. Repubblica che cerca retroscena anche quando non ci sono né retro né scene, dando la notizia dell’intervista rilasciata da D’Alema, titola così: “D’Alema spiazza la sinistra con l’esecutivo del presidente”. L’articolo porta la firma di uno dei retroscenisti del quotidiano diretto da Calabresi. Di “governo del presidente” aveva parlato l’intervistatore il quale dovrebbe sapere che, come ha detto lo stesso Grasso, i governi sono tutti nominati dal Presidente della Repubblica stante la Costituzione. Ma passi la voluta ignoranza. Leggiamo che “l’ex premier immagina un governo del presidente con LeU, Forza Italia e il Partito democratico”. Quando l’avrebbe immaginato, visto che non l’ha mai detto e che ha parlato di una “idea disastrosa” riferendosi alle larghe intese Berlusconi-Pd?

L’editoriale del direttore e l’intervista all’ex direttore

Torniamo così alla polemica De Benedetti-Scalfari. Interviene Calabresi con un editoriale in cui di fatto afferma che l’identità è cambiata, “Repubblica – scrive – ha saputo aggiornare le sue posizioni in un momento di radicale cambiamento non solo del Paese ma anche dell’area culturale che questo giornale ha sempre rappresentato e interpretato”. Sarebbe interessante conoscere a quale area si riferisce e a quali cambiamenti. Ma forse è chiedere troppo ad un direttore che afferma di avere il sostegno della redazione. “Sono intatti l’impegno e l’orgoglio dei giornalisti di Repubblica, della sua intera redazione e che godiamo del sostegno dei nostri azionisti e del nostro vertice aziendale”. Non c’è che dire “auguri”, ma forse il clima non è proprio così idilliaco come lo descrive il direttore.

La risposta di Scalfari a De Benedetti è invece affidata ad una intervista. A fare le domande all’ex direttore un pezzo da novanta, Francesco Merlo. La sensazione a leggerla è che le domande erano funzionali alle risposte che si volevano avere. La risposta di Scalfari è racchiusa già nel titolo. “Scalfari: la mia non vanità e De Benedetti non ha fondato questo giornale”. Poi la questione dei soldi. Scalfari dice che sganciò solo 50 milioni. Una paginata che si conclude in modo truce. L’ex direttore afferma riferendosi a De Benedetti: “Lui dice che la ama, ma vuole liberarsene. La ama come quegli ex che provano a sfregiare le donna che hanno amato male e che non amano più”. Un po’ di orrido fa sempre effetto anche se non se ne sentiva il bisogno. Orrida è tutta la vicenda.

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