Pensioni. Incontro a vuoto sindacati-Poletti. Il ministro attende la legge di Bilancio ma “il sentiero è stretto”. Per i giovani solo precariato. Genovesi, Edili Cgil: Chi vuole alzare l’età pensionabile “mandante morali delle morti bianche”

Pensioni. Incontro a vuoto sindacati-Poletti. Il ministro attende la legge di Bilancio ma “il sentiero è stretto”. Per i giovani solo precariato. Genovesi, Edili Cgil: Chi vuole alzare l’età pensionabile “mandante morali delle morti bianche”

Ancora un niente di fatto dall’incontro del ministro Poletti con Cgil, Cisl, Uil, sulle pensioni. Si rivedranno all’inizio di ottobre perché allo stato il ministro non è in grado di dare risposte, deve attendere  l’approvazione della nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza meglio noto come Def che determinerà  i fondi a disposizione nella Legge di Bilancio per le pensioni. Il ministro del Lavoro ha  comunque detto subito che “stiamo parlando di un sentiero stretto”. Ma come, viene da chiedere, ogni giorno qualche giornalone racconta di miliardi a disposizione per questo o quel provvedimento, annunci clamorosi, interviste a questo e quel ministro che parlano di proposte in fase di elaborazione. Anche il ministro Poletti in questi mesi si è speso molto, il lavoro per i giovani in particolare. Ora che con i sindacati deve fare i conti, il sentiero diventa “stretto”. E non si dica che si privilegiano i giovani  perché  è solo un modo per giustificare politiche economiche e sociali che in questi anni hanno fatto fallimento. In quattro anni quasi 40 miliardi buttati in decontribuzioni per dare lavoro a tempo indeterminato ai giovani. Le imprese hanno intascato i soldi ma hanno fatto solo assunzioni a tempo determinato, fabbriche di precari, giovani in primo luogo. Poletti, di fatto, non aveva niente da “offrire” a fronte delle richieste dei sindacati.

Ancora da discutere la stabilizzazione dell’Ape social

L’unico spiraglio la “disponibilità” a un taglio del 50% al cuneo contributivo dei giovani per tre anni, mentre anche la stabilizzazione dell’Ape social sarebbe in agenda, cioè ancora da discutere e definire. Ha annunciato, insomma, un solo provvedimento, se così si può dire, il taglio al cuneo contributivo, una “fissa” da parte del governo, ancora creazione di precariato. Non più neppure lo scambio comunque  immorale, a nostro parere, fra intervento per i giovani e quello per gli anziani. Non ce n’è né per gli uni né per gli altri. Il punto più controverso è quello dell’innalzamento automatico dell’età pensionabile in rapporto all’aumento della speranza di vita, che arriverà a 67 anni nel 2019 (mentre nel 2018 l’asticella per le donne del settore privato salirà a 66 anni e sette mesi, stessa soglia già prevista per gli uomini). L’Italia, anzitutto, è già oggi uno dei paesi in cui l’età di accesso al riposo è tra le più alte al mondo. E si rileva, inoltre, che l’andamento demografico degli ultimi anni non è stato lineare: nel 2015, ad esempio, la vita media si è ridotta a 82,3 anni dagli 82,6 dell’anno precedente.

Nessuna risposta su congelamento dell’età pensionabile e sgravi per le lavoratrici

Da queste considerazioni la richiesta dei sindacati di congelare (o quanto meno ammorbidire) l’aumento, richiesta che finora però non ha trovato il consenso del governo. Carmelo Barbagallo segretario generale UIL ha chiesto il “congelamento dell’aspettativa di vita”, l’innalzamento dell’età pensionabile ha detto “potrebbe avere effetti dirompenti”. Anche  su questo problema scottante  nessuna decisione è stata presa in merito. Per quanto riguarda i provvedimenti in favore delle donne  non se ne parla. Anzi se ne parla per non mutare proposte già avanzate e che sono respinte dai sindacati. Dice Susanna Camusso, segretario generale Cgil che “gli sgravi ipotizzati di sei mesi per ogni figlio fino a un massimo di due anni sono insufficienti, con i termini che andrebbero raddoppiati e che dovrebbero riguardare tutte le lavoratrici”. I sindacati non vorrebbero limitare l’intervento alle lavoratrici  di alcune categorie di donne  svantaggiate.

Ape sociale. Presentate solo 600 domande da parte dei lavoratori dell’edilizia

Anche alla luce del nulla di fatto del nuovo incontro dei sindacati con il ministro Poletti arriva una dichiarazione, rilasciata a Rassegna sindacale, dal segretario generale della Fillea Cgil, il sindacato degli edili, Alessandro Genovesi. “Sul tavolo del confronto con il governo – afferma – pesa come un macigno la totale rimozione della condizione di centinaia di migliaia di lavoratori impegnati in attività usuranti e gravose, come quelle svolte dagli operai edili. Operai che continuano a morire sulle impalcature, vittime di lavoro nero, sfruttamento e di un ingiusto sistema previdenziale”.  “La stessa Ape social con i suoi vincoli (35 anni di contributi di cui 6 su gli ultimi 7 a lavoro) è stata un flop per i nostri settori. Aspettiamo le tabelle ufficiali ma dai dati in nostro possesso sono state meno di 600 le domande presentate  perché dopo anni di crisi praticamente nessun edile, come continuamente denunciato dalla Fillea Cgil, aveva e ha i requisiti”. “Ed ora –prosegue – cosa fa il governo? Invece di prendere atto della grave condizione di migliaia e migliaia di over 65 che operano nel settore (oltre 20 mila), invece di ripensare per queste e altre attività gravose meccanismi strutturali di uscita anticipata anche al fine di ridurre gli infortuni e dare possibilità occupazionali ai nostri giovani, pensa addirittura di alzare ulteriormente l’età per andare in pensione. Basta ipocrisie, basta lacrime di coccodrillo: moralmente e politicamente chi sta continuando su questa strada è il ‘mandante morale’ delle tante morti bianche, dei tanti casi di lavoro nero e sfruttamento nel settore delle costruzioni. E pensare che di giovani impegnati nella ricostruzione, nella rigenerazione, nella lotta al dissesto idrogeologico questo Paese ne avrebbe un bisogno immenso”.

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