
Quello con Pisapia “è un rapporto complementare” sostiene Pier Luigi Bersani, intervenendo a Firenze alla Festa di Mdp. “Nel senso che noi forse abbiamo più chiaro che bisogna andare a rimotivare un elettorato che è nel bosco e che testardamente non accetta di riconoscersi in un centrosinistra a traino Pd, questo Pd”, ha spiegato Bersani. Tuttavia, prosegue, “Pisapia ci richiama ad una esigenza di stare anche, come dire, prossimi ad una discussione e ad un disagio che comunque c’è dentro al Pd. Quindi dobbiamo lavorare perché questo tema che come si vede non è fatto di piccolezze ma di una cosa importante, renderlo più chiaro, come per noi è chiarissimo, e che tutti quanti siamo per un centrosinistra, riequilibrato nei pesi e nelle misure, più capace di parlare un linguaggio di sinistra. Una sinistra di governo ovviamente, una sinistra di stampo ulivista, plurale, ma che sia una sinistra e che non tiri la volata ad una latente egemonia della destra che in questo Paese sta crescendo”. Qualcosa di vero su Pisapia dice anche Ettore Rosato, capogruppo Pd alla Camera: “Il Pd è casa di Giuliano Pisapia a prescindere, sarei contento di averlo dirigente del partito, ma rispetto la sua scelta, non lo tiro per la giacchetta, ma lui deve saperlo”. Rosato alla Festa dell’Unità di Genova avanza un’altra provocazione, che in realtà getta ulteriore benzina sul fuoco delle polemiche con Mdp, cercando di distanziare, se possibile, ancora di più l’ex sindaco di Milano dalla sinistra alternativa. Per Rosato, “il Pd è casa sua, abbiamo governato insieme Milano, ha fatto la battaglia referendaria con noi – ricorda Rosato – è un uomo di sinistra e abbiamo gli stessi valori”. Se la percezione che Giuliano Pisapia produce in Mdp e nel Partito democratico è quella espressa da Bersani e da Rosato, allora non v’è dubbio che egli debba uscire subito in modo trasparente dall’ambiguità che inevitabilmente si è creata. Anche perché quell’ambiguità consente, come si è visto dalle parole di Rosato, giochi tattici e richiami alla coerenza che non fanno bene alla politica, soprattutto quando proprio il Pd gli rammenta di aver fatto la “battaglia referendaria con noi”. Un colpo sotto la cintura? No, la semplice verità.
Pd e Mdp se le cantano di santa ragione. D’Alema: “ha posto fine al centrosinistra”; Martina: “siete come Rifondazione comunista”
Massimo D’Alema, a sua volta, nel corso di un’inziativa a Messina con il candidato presidente alla Regione Sicilia, Claudio Fava, appare meno possibilista di Bersani nel confronto con il partito di maggioranza relativa: “il Pd ha fatto la sua scelta, ha scelto Alfano e si è preso la responsabilità di porre fine al centrosinistra”. Le parole di D’Alema segnano dunque tutta la distanza tra il Pd e il resto della sinistra che ha scelto di non sostenere Fabrizio Micari alla presidenza della Regione siciliana. Pd e Mdp ai ferri corti sulla Sicilia, su Pisapia, e non solo, dunque. “Il Pd ha messo fine al centrosinistra, ha imboccato una deriva neocentrista e personalistica”, ha incalzato D’Alema, provocando la replica stizzita del numero due del Pd, Maurizio Martina e di Andrea Marcucci, per i quali Mdp “assomiglia sempre più a Rifondazione, è un grave errore continuare a dividere”. Materia dello scontro l’accordo tra il partito del Nazareno e Alfano. La controreplica di Mdp non si è fatta attendere ed è stata affidata a Miguel Gotor, che in un duro comunicato contrattacca: “Marcucci e il Pd si decidano: Mdp è irrilevante o li facciamo perdere? Se davvero fossimo così irrilevanti non si spiegherebbe perché loro sono così terrorizzati”. Miguel Gotor prosegue: “colgo l’occasione per ricordare a Marcucci che il vero amico di Berlusconi non è D’Alema, ma Renzi con il quale condivide molte affinità anche programmatiche, come il ponte sullo Stretto, l’abolizione dell’articolo 18 e gli ottimi rapporti con Verdini. E’ evidente che a questo Pd interessi poco delle sorti della Sicilia: hanno voluto trasformare questa tornata elettorale in un antipasto del voto nazionale stipulando un mediocre accordo di potere con Alfano all’insegna del peggiore trasformismo. Sulla pelle dei siciliani”, sottolinea.
La partita però si gioca in Parlamento nella discussione sulla Legge di bilancio. Mdp presenterà martedì prossimo un documento messo a punto da Vincenzo Visco, la contromanovra
Le distanze non si fermano qui. C’è in ballo una decisiva legge di Stabilità, sulla quale Mdp chiede chiarezza, trasparenza e soprattutto, come forza che sostiene il governo, di essere consultata sui passaggi più importanti. All’inizio della settimana prossima sarà reso noto un documento, messo a punto dalla fondazione ‘Nens’ presieduta da Vincenzo Visco e che conterrà una sorta di ‘contromanovra’. Questa volta la minaccia è rivolta all’esecutivo, direttamente a Gentiloni: “Nessuno – dice Alfredo D’Attorre – si aspetti un voto a scatola chiusa sulla legge di bilancio. Noi siamo in una situazione, in questi mesi, di quasi appoggio esterno al governo. Non siamo stati coinvolti in nessuna scelta”. Le tensioni non mancheranno quindi, anche se Gentiloni sta lavorando per sminare il terreno. Le richieste dei bersaniani si snodano su diversi fronti: innanzitutto l’invito al premier sarà quello di mettere sul tavolo subito risorse per 8 miliardi per mettere in sicurezza il territorio a partire dalla manutenzione delle strade e delle scuole. No a bonus e ad interventi sul cuneo fiscale: meglio – questa la traccia che chiamerà in causa anche la riforma del codice degli appalti per far ripartire l’edilizia e rendere reperibili i fondi entro pochi mesi – creare occupazione sfruttando le pieghe della flessibilità Ue e il previsto aumento del Pil. Ma nel ‘dossier’ messo a punto figurano anche la necessità di rivedere le norme sul jobs act, a partire da correttivi a tutela dei lavoratori contro i licenziamenti disciplinari e collettivi, misure sul lavoro, sul diritto allo studio, sulla sanità, sulle pensioni, sull’ambiente, sul reddito d’inclusione. “Noi chiediamo un confronto aperto altrimenti – sottolineano da Mdp – voteremo contro”.
Già a fine settembre, sulla nota di aggiornamento del Def, si capirà come stanno davvero le cose, e quale sarà la prospettiva
Il voto sulla nota di aggiornamento al Def previsto per fine mese non dovrebbe essere a rischio: il Pd calcola almeno 165 voti rispetto all’asticella necessaria del 161, ma la convinzione dei dem “è che Mdp farà di tutto per mettersi di traverso sulla finanziaria”. Il partito del Nazareno non ha intenzione di mettere in difficoltà il presidente del Consiglio. “I problemi non arriveranno dal Pd”, assicura un ‘big’ dem. “Dobbiamo rovesciare la piramide, l’Italia è fanalino di coda nella Ue sulla crescita”, ripete invece più volte Speranza. I temi economici saranno al centro della festa di Mdp che parte il 27 settembre a Napoli: interverranno – viene spiegato – i presidenti di Camera e Senato, Boldrini e Grasso, con quest’ultimo indicato come un possibile referente per il futuro. Ma sono partiti anche altri inviti indirizzati ad esponenti fuori dal Movimento (De Magistris e De Luca), al mondo renziano (Delrio e De Vincenti) e perfino al Movimento 5 stelle (alla kermesse sarà presente Freccero e probabilmente Fico). Ovviamente ci sarà anche Pisapia che con i suoi sta mettendo a punto un documento da condividere martedì con D’Alema, Bersani, Speranza e Rossi. L’auspicio è quello di ritrovare, soprattutto alla luce delle divergenze sulla Sicilia, un clima di armonia e di collegialità ma sul tavolo finirà anche il rapporto con il governo. Perché la richiesta di discontinuità nei confronti dell’esecutivo è comune, ma sembra che i fedelissimi dell’ex sindaco di Milano non apprezzino i toni usati da D’Alema e da D’Attorre e non intendono mettere a rischio la stabilità dell’esecutivo. E inoltre non ritengono che il Pd sia da annoverare tra le forze nemiche.
Infine a complicare le cose è giunta la notizia del nuovo rinvio sulla legge elettorale. Se ne riparlerà martedì prossimo. A chiedere un ulteriore slittamento dei tempi è proprio il Pd, alla luce delle “mutate condizioni” politiche, dopo che il Movimento 5 stelle si è di fatto sfilato da ogni confronto sul modello alla tedesca finché non venga approvata in via definitiva al Senato la legge sull’abolizione dei vitalizi. E si sono invece aggiunte altre forze – tra cui Mdp, Sinistra italiana e seppur con determinati paletti anche Ap – a sostegno del ‘Fianellum’, il testo approdato lo scorso giugno in Aula e frutto dell’accordo a 4 tra Pd, M5S, FI e Lega, poi naufragato sotto i colpi dei franchi tiratori in una votazione a scrutinio segreto che ha modificato la legge del Trentino Alto Adige, facendo infuriare Svp e mettendo a rischio l’accordo politico-elettorale con i dem, nonché la tenuta della stessa maggioranza al Senato, essendo dirimenti i voti delle Autonomie a palazzo Madama, tanto piu’ in vista del voto sulla Nota di variazione, che richiede la maggioranza assoluta, e della successiva legge di Bilancio. Proprio oggi Svp ha avvertito Pd e governo: quel voto “resta inaccettabile”. E quindi se si dovesse proseguire sulla stessa strada per Svp ciò “minerebbe la base della nostra collaborazione con l’attuale maggioranza”. Non è affatto escluso che si deciderà un ulteriore slittamento dell’approdo in Aula della legge elettorale, attualmente previsto entro fine mese.
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