Venezuela. Bloccato un tentativo di golpe nella base militare nello stato di Carabobo. Il Vaticano denuncia la diaspora dei cittadini verso Colombia, Cile e Perù. Maduro destituisce la procuratrice Ortega. Il Paese espulso dal Mercosur

Venezuela. Bloccato un tentativo di golpe nella base militare nello stato di Carabobo. Il Vaticano denuncia la diaspora dei cittadini verso Colombia, Cile e Perù. Maduro destituisce la procuratrice Ortega. Il Paese espulso dal Mercosur

Almeno 7 persone sono state arrestate dopo la rivolta nella base militare dell’esercito venezuelano da parte di un gruppo guidato da un militare a riposo contro il governo di Nicolas Maduro. Lo hanno reso noto fonti dell’esercito. Il responsabile del Comando Strategico Operativo della Fuerza Armada Nacional Bolivariana (CEO-FANB), l’ammiraglio in capo Remigio Ceballos, ha detto che, della ventina di uomini in uniforme che hanno preso il controllo nelle prime ore della mattina del Fuerte Paramacay nello Stato di Carabobo, sette sono state catturate e “stanno fornendo informazioni”. Altre fonti vicine alle forze armate hanno aggiunto che il gruppo era formato da alcuni militari ribelli e anche da civili vestiti in uniforme, che non appartenevano alla base militare del corpo di blindati dell’esercito venezuelano. Il gruppo, guidato da un ufficiale che si è identificato in un video come il capitano, Juan Caguaripano, non più in servizio dal 2014, è riuscito a prendere il controllo della base militare più importante del gruppo di blindati dell’esercito venezuelano, ma è stato poco dopo riportato all’ordine dalle forze fedeli a Maduro. Caguaripano, che si era allontanato dall’esercito durante l’ondata di proteste antigovernative del 2014, aveva dichiarato di essere “in ribellione” contro “la tirannia assassina di Nicolas Maduro”. Il ministro della Difesa e comandante in capo dell’esercito, Vladimir Padrino, ha dichiarato, su Twitter, che “non hanno potuto fare niente contro il FANB, l’esercito… Hanno provato ad assalirlo con un attacco terroristico. Ma non ci sono riusciti”.

“Una diaspora senza precedenti”. Venezuelani in fuga in tutto il Sudamerica. La denuncia dalle autorità ecclesiastiche venezuelane

Sono soprattutto la Colombia, l’Ecuador, il Cile, il Perù i Paesi in cui si stanno riversando migliaia di venezuelani in fuga dalla loro patria. “Una diaspora senza precedenti” l’ha definita la Rete che si occupa delle migrazioni sotto l’egida del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam). Lo racconta a Radiovaticana padre Francesco Bortignon, scalabriniano, parroco a Cucuta, nel nord della Colombia, al confine con il Venezuela. Dal Venezuela si fugge perché la situazione è “invivibile” a causa di fame, disordini, insicurezze sociali ma anche violenze “da parte di gruppi armati”, per lo più “paramilitari appoggiati dallo Stato venezuelano”, afferma padre Bortignon. “La situazione della frontiera è veramente difficile, complicata e variabile – racconta il missionario ai microfoni dell’emittente pontificia – C’è una fuga significativa di venezuelani verso la Colombia o con il sogno di arrivare in Ecuador, Cile, Perù, perché la situazione invivibile è dovuta alla fame, alla violenza e a tutte le insicurezze sociali che ci sono in Venezuela negli ultimi mesi, legate in particolare alla questione dell’elezione dell’Assemblea Costituente”.

L’espulsione della procuratrice Ortega decretata all’unanimità dall’Assemblea costituente e lo scontro tra Maduro e la gerarchia vaticana

A Caracas, l’Assemblea costituente all’unanimità ha dato via libera alla rimozione della procuratrice generale, Luisa Ortega Diaz, misura che isola ancora di più il Venezuela, espulso oggi dal Mercosur. In serata, qualche ora dopo la cacciata di Caracas da parte dell’organismo sudamericano, Maduro, in’intervista ad una radio argentina, ha parlato tra l’altro del Vaticano e dei tentativi di mediazione della crisi venezuelana. “Una cosa è il percorso del papa come difensore dei popoli cristiani con la sua umiltà, un’altra, molto diversa, è la struttura della segreteria di stato vaticana, della burocrazia”. “Sfortunatamente Monsignor Parolin è caduto nelle mani dei settori più estremisti del vertice della Chiesa cattolica venezuelana”, ha aggiunto Maduro. Poco prima, anche Washington si è riferita a quanto avviene in questi giorni nel paese, escludendo l’ipotesi di un intervento militare: un’opzione “improbabile”, ha detto il consigliere per la sicurezza nazionale, H.R. McMaster, che ha lanciato un appello ai venezuelani a “salvare il paese da una dittatura autoritaria”. A Caracas si sapeva che la procuratrice era da tempo nel mirino del ‘chavismo’ e che quindi sarebbe stato il primo obiettivo di Maduro sulla scia dell’insediamento della Costituente tutta ‘bolivariana’, che ha messo fuori gioco il parlamento controllato dall’opposizione. Fin dal mattino presto decine di uomini della ‘guardia nazionale bolivariana’, guidati da un colonnello, hanno circondato la sede della procura generale isolando l’area. Poco dopo, mentre cercava di avvicinarsi ai suoi uffici e prima di denunciare “l’assedio” della sede, la procuratrice è stata aggredita dagli uomini della polizia ‘chavista’. “Sono stata spintonata, mi hanno attaccato con gli scudi per impedire” di entrare nella sede della procura. “Vogliono nascondere le prove su Odebrecht e sulla corruzione nel paese”, ha detto riferendosi allo scandalo delle tangenti che ha al centro il gruppo brasiliano, prima di lasciare la sede della procura in moto, tra due uomini della sua sicurezza. “Non ho paura per me, ma per il mio paese”, ha contrattaccato Ortega Diaz, che probabilmente sarà processata. Per ora, non può lasciare il paese e i suoi conti sono bloccati. Poco dopo ha fatto sapere di respingere la decisione della Costituente, sottolineando che “nel paese è in pieno corso un golpe contro la Costituzione, combatterò fino all’ultimo respiro”. Incurante, la nuova assemblea è andata avanti sulla sua strada: scalzata Ortega Diaz, ha infatti velocemente designato “in modo provvisorio” il suo successore, e cioè l’Ombudsman (difensore dei diritti civili), Tarek William Saab. Proprio sulla base degli ultime decisioni di Maduro – ma non solo – il Mercosur, in una riunione a San Paolo, ha intanto “sospeso in modo indefinito” il Venezuela per il mancato rispetto della ‘clausola democratica’. Quella dei ministri degli esteri di Brasile, Argentina e Paraguay è politicamente una espulsione. Nel suo fermo ‘no’ a Maduro, il gruppo si spinge a chiedere “l’avvio di un processo di transizione politica”, oltre che un ritorno della democrazia. Per Maduro, la decisione è frutto “dell’oligarchia golpista del Brasile e di quella miserabile dell’Argentina. Non ci cacceranno mai, ha sottolineato, dal Mercosur”.

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