Usa. Tre morti durante la manifestazione dei razzisti e suprematisti, duramente contestata dall’America libera e democratica. Il Washington Post attribuisce l’odio a Trump: “è la tua gente, parla la tua lingua e vomita i tuoi sentimenti”

Usa. Tre morti durante la manifestazione dei razzisti e suprematisti, duramente contestata dall’America libera e democratica. Il Washington Post attribuisce l’odio a Trump: “è la tua gente, parla la tua lingua e vomita i tuoi sentimenti”

Sabato centinaia di neonazisti americani e di nazionalisti bianchi si sono scontrati con i manifestanti antifascisti nelle strade di una cittadina universitaria laica e liberale, Charlottesville, mandando nel caos il centro, la punto da convincere il governatore della Virginia a decretare lo stato di emergenza. I nazionalisti bianchi avevano pianificato una manifestazione che ruotasse attorno alla statua del generale della Confederazione Robert E. Lee, poiché le autorità della cittadina avevano deciso di rimuoverla. Gli attivisti dell’estrema destra che erano arrivati a Charlottesville avevano usato slogan del tipo “la diversità è un’altra parola per definire il genocidio dei bianchi”, una vera e propria sfida all’America laica, multiculturale, democratica (d’altro canto, declinazioni simili si ascoltano anche nelle farneticazioni neofasciste in Europa). Molti di loro sono negazionisti dell’Olocausto e decisi antisemiti. Sostengono che l’occidente, l’America, sono sotto attacco, mentre loro, i paladini della razza bianca, ne sono i difensori. Ideologia pericolosissima che però attecchisce nei capus universitari americani, e non solo. Tutti i leader, sia repubblicani che democratici, ma non Trump, hanno esecrato l’esplicito razzismo dei manifestanti di estrema destra e hanno parlato di tradimento dei valori americani.

La cronaca di un tranquillo week end di paura neonazista. Uccisa Heather Heyer, 32enne militante democratica per i diritti civili

Intanto sale a 3 morti e 35 feriti il bilancio della giornata di violenza e odio razziale che ha sconvolto Charlottesville, la cittadina americana della Virginia che dista circa 300 chilometri da Washington, dove un’auto – una Dodge challenger di colore grigio guidata dal giovane ventenne originario di Maumee in Ohio, James Alex Fields successivamente arrestato con l’accusa di omicidio volontario – è piombata in velocità contro un corteo antirazzista che contestava la contemporanea manifestazione di diverse associazioni di suprematisti bianchi fra cui il Ku Klux Klan, uccidendo una donna di 35 anni che stava attraversando la strada e investendo diverse persone. Alla sua morte si è infatti aggiunta quella di due agenti di polizia precipitati con un elicottero in servizio di pattugliamento aereo della cittadina dove si sono verificati numerosi scontri fra gli opposti manifestanti e le forze dell’ordine. Si chiamava Heather Heyer, e aveva 32 anni, la vittima dell’auto che si è schiantata contro la folla a Charlottesville. Paralegale dello studio Miller Law Group, Heyer aveva spiegato sulla sua pagina Facebook perché si trovava al centro di Charlottesville: ”se non siete indignati, non siete attenti” ha scritto citando il popolare slogan che si è diffuso dopo le elezioni presidenziali del 2016. Non è comunque chiaro se Heyer fosse una contro manifestante nella protesta. ”E’ morta facendo la cosa gusta, sarò per sempre orgogliosa di lei” afferma Felica Correa, amica di infanzia di Heyer, parlando a nome della madre della ragazza. ”Siamo cresciute insieme. Vivevamo nella stessa strada, andavamo nella stessa scuola, prendevamo l’autobus insieme e giocavamo insieme” aggiunge Correa.

L’ambiguo atteggiamento del presidente Trump

L’Fbi ha avviato un’inchiesta per “attentato ai diritti civili”. Il governatore della Virginia Terry McAuliffe ha proclamato lo stato d’emergenza a Charlottesville, preallertando la guardia nazionale per possibile richiesta di intervento in città. Ed ha puntato il dito con parole dure contro la manifestazione dei razzisti bianchi alla base degli scontri. “Andatevene: nazisti e suprematisti bianchi non sono i benvenuti in Virginia. Vergognatevi. Non c’è posto per voi”, ha dichiarato il governatore McAuliffe. Mentre il sindaco della cittadina Michael Signer, nel dichiarare il lutto cittadino per le vittime, ha fatto appello a tutti i manifestanti a “tornare a casa”. Le parole di condanna del presidente Usa Donald Trump non esplicitamente dirette contro i suprematisti bianchi, suoi forti sostenitori in campagna elettorale, hanno portato ancora una volta l’inquilino della Casa Bianca al centro di una bufera politica. “Non c’è posto per questo tipo di violenza in America, chiedo a tutti gli americani di unirsi nel condannare l’odio e la violenza che si è manifestata da più parti”, ha twittato il presidente senza riferimento al razzismo suprematista. Né è bastato che, prima ancora di “The Donald”, anche la first lady Melania abbia voluto far sentire la sua condanna. “Il nostro paese incoraggia la libertà di parola, ma comunicata senza odio nel cuore. Non viene nulla di buono dalla violenza. #Charlottesville” ha twittato. Più netta ed esplicitamente antirazzista la presa di posizione del ministro della Giustizia americano Jeff Sessions che ha invitato a mettere al bando “l’intolleranza razziale e l’odio che tradiscono i nostri valori fondamentali e non possono essere tollerati”.

Le parole preoccupate e di aperta condanna di Obama e Hillary Clinton

Dal fronte opposto all’amministrazione americana tanto l’ex presidente americano Barack Obama quanto Hillary Clinton hanno esecrato pubblicamente la violenza e l’odio razziale di Charlottesville. “Nessuno – ha scritto Obama sui social – è nato odiando un’altra persona per il colore della sua pelle o per la religione. Le persone devono imparare a odiare e se possono imparare l’odio, possiamo insegnare loro l’amore. Perché l’amore viene più naturale al cuore umano che il suo opposto”. “Il mio cuore – è tornata a farsi sentire Hillary Clinton – è oggi a Charlottesville. L’incitazione all’odio che ci ha portati a questo è altrettanto pericolosa e da condannare come lo è la presenza di suprematisti bianchi nelle nostre strade. Ogni minuto che noi permettiamo questo persistere attraverso l’incoraggiamento tacito o l’inazione è una disgrazia corrosiva dei nostri valori. Ora è il momento per i leader di essere forti nelle loro parole e deliberare nelle loro azioni. Senza tirarsi indietro. Dobbiamo dare prova di cosa e chi sono americani”.

L’editoriale del Washington Post, durissimo contro Trump: “il popolo che lo ha eletto, quello del Ku Klux Klan e dei neonazisti, era là”

Durissimo l’editoriale del Washington Post contro Donald Trump, accusato dal quotidiano della capitale non solo di non avere condannato i nazisti del ‘suprematismo bianco’ per le violenze di Charlottesville, in Virginia, ma anche di essere totalmente organico a quel mondo. “Questa è la tua gente” scrive il premio Pulitzer Colbert King, rivolgendosi a Trump: “le parole mormorate da Trump sul terrorismo si sono sciolte a Charlottesville ieri e sono degne dell’ipocrita e istigatore di odio che egli stesso è”, aggiunge l’editorialista del Post. Le forze di estrema destra che ieri hanno manifestato in Virgina “sono le stesse che hanno contribuito a portarlo alla Casa Bianca”, continua. Il leader nazionalista del Ku Klux Klan, David Duke, esultò su Twitter per l’affermazione alle elezioni presidenziali di Trump, sottolineando il ruolo “enorme” avuto dalla sua gente per la vittoria finale, ricorda King. “E il popolo di Duke, che è anche il popolo di Trump, era ieri a Charlottesville con la sua mente piena di odio e le sue armi”. “Questa era la tua folla laggiù in Virgina, Trump – continua l’editoriale del Post – Gente che parla la tua lingua, e vomita i tuoi sentimenti. Non far finta di non conoscerli”. “Uno di loro ha raggiunto la Casa Bianca”, conclude.

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