
Fascisti e antifascisti sono la stessa cosa. Questa frase, che rappresenta il cuore della vulgata demagogica dei revisionisti e dei negazionisti, di ogni tempo e di ogni latitudine, non è stata pronunciata da storici alla David Irving, già processati e condannati, ma dal presidente degli Stati Uniti, che non è certo uno storico, ma le sue parole possono condizionare, nel bene e nel male l’opinione pubblica assai più di un revisionista. Donald Trump ha nuovamente difeso i manifestanti di estrema destra di Charlottesville, sostenendo che non tutti erano neofascisti e bianchi suprematisti, ma soprattutto affiancando alle responsabilità di questi ultimi il biasimo per le violenze, molto presunte, di coloro che egli ha definito appartenenti alla “alt-left”, l’estrema sinistra, gioco di parole per omologare gli antifascisti ai neofascisti della “alt-right”. E lo ha detto nel corso di una conferenza stampa che sta facendo gridare alla indignazione il mondo intero. Eloquente il titolo di Le Monde: “Viva indignazione dopo la retromarcia di Trump su Charlottesville”. Durissimo l’editoriale del New York Times dal titolo: “Trump dà lo spettacolo di se stesso”, che rivela la gratitudine del capo del KuKluxKlan a Trump per le parole usate contro “i terroristi di sinistra”. E Philip Bump sul Washington Post, quotidiano che dopo il cambio di proprietà ne aveva pure sostenuto la campagna elettorale, scrive che “il presidente ha ormai chiarito da che parte sta, con l’estrema destra”. Insomma, l’opinione pubblica mondiale (in Italia oggi i quotidiani non escono per la festività di Ferragosto) è scandalizzata e oltremodo indignata per un fatto politico di enorme rilievo: l’empatia del presidente americano per il neofascismo e il lancio della vulgata revisionista, per la quale esiste un’omologazione tra la violenza fascista e quella antifascista. Le parole di Trump, come pure scrive il Washington Post, avranno pure risvegliato l’orgoglio di neofascisti, suprematisti e razzisti del KuKluxKlan, ma hanno determinato, finalmente, anche il risveglio, molto preoccupato, dell’antifascismo internazionale. Non sappiamo cosa penseranno i trumpisti italici, da Salvini alla Meloni e a qualche grillino, ed anche ad Alfano, ma temiamo che i pensieri di Trump siano il frutto maturo della campagna mondiale della “fine delle ideologie” e della “scomparsa della differenza tra destra e sinistra”. Alcuni effetti li stiamo verificando anche in Europa e in Italia, soprattutto a partire dalle iniziative contro i migranti, ma, di certo, Trump è molto più pericoloso. Il regista Ingmar Bergman avrebbe detto che è l’uovo più grande del serpente fascista.
Sottoposto a una valanga di critiche sulla tiepida denuncia dei fatti di Charlottesville, Trump ha perso la testa
Perché Trump ha usato quelle parole in una conferenza stampa a New York dove avrebbe dovuto presentare il piano delle politiche infrastrutturali? Perché sottoposto a una valanga di critiche dalla stampa libera per non aver condannato l’omicidio della giovane antifascista di 32 anni a Charlottesville, e le sue prime parole sono state considerate come una mancata condanna della manifestazione razzista. Martedì sera invece ha chiarito il suo pensiero, sottoposto a un fuoco di fila di domande dei giornalisti. Ed ha predicato l’equivalenza morale tra manifestanti fascisti e manifestanti antifascisti. Si è poi lanciato in un discorso da bar Sport: “non tutti erano neonazisti, e non tutti erano bianchi suprematisti. Molti di loro erano lì per protestare contro l’abbattimento della statua di Robert E. Lee. Così, questa settimana tocca a Lee, e mi chiedo, toccherà a George Washington la settimana prossima? E a Thomas Jefferson la settimana dopo? Chiedetevi quando tutto ciò si fermerà”. Si tratta di un’affermazione che non solo ha fatto indignare, ma anche ridere, l’opinione pubblica Americana e mondiale, perché Robert Lee era uno schiavista, mentre né Washington né Jefferson lo erano. Insomma, sostengono gli americani, chi tifa per il generale sudista Lee vuole proteggere l’istituzione dello schiavismo dall’interferenza dello stato federale (il cuore del messaggio del KuKluxKlan). Così, Trump ha messo da parte la condanna esplicita del neofascismo, e si è scagliato contro l’estrema sinistra, la “Alt-left”, come lui l’ha definita. Anzi, ha detto pure che gli antifascisti sono stati “molto, ma molto violenti”. Al termine della convulsa e controversa conferenza stampa, si è saputo da fonti anonime interne alla Casa Bianca, che il presidente Trump ha sorpreso anche i membri del suo staff, i quali avevano pregato, sperato, implorato che parlasse solo delle politiche sulle infrastrutture. Così non è stato, la sfida al mondo democratico, antifascista e libero è stata lanciata.
Durissime le reazioni, dagli stessi repubblicani ai semplici cittadini. “Trump ha ormai rivelato il suo vero volto”, dicono e sperano nelle dimissioni
Le reazioni alle parole di Trump sono state durissime, anche nel campo repubblicano. Il senatore Orrin Hatch, dello Utah, il più anziano a Capitol Hill, così ha stigmatizzato il discorso del presidente: “avevo otto anni quando mio fratello Jesse fu ucciso nella seconda guerra mondiale. E come ho detto sabato, Jesse non ha dato la sua vita combattendo contro Hitler per ritrovarsi con le idee naziste rilanciate in America. Non avrò mai esitazioni a parlare contro l’odio nazista – quando e ovunque lo vedrò”. Dall’altra parte, durante i funerali della giovane antifascista, si sono ascoltate parole di indignazione. Diane Townes, maestra elementare, ha commentato che quello di Trump era un altro modo “per infangare le vittime”. Molti di loro sono convinti che la conferenza stampa abbia rivelato il vero volto di Trump agli americani, e non solo. E cominciano a chiederne le dimissioni. E a proposito di dimissioni, “non possiamo sedere in un Consiglio con un presidente che tollera il settarismo e il terrorismo nazionale”, ha detto Richard Trumka, numero uno del sindacato AFL-CIO. Trumka faceva parte del consiglio nominato dall’amministrazione Trump che si occupa dei temi industriali ed economici.
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