
Il conflitto a bassa intensità in Consiglio dei ministri non è una notizia da poco. E sarebbe un errore derubricarlo a una faida tra le diverse articolazioni del Pd o, persino, a uno scontro tra futuri, papabili, premier. È piuttosto il segno che si è aperta una dialettica vera intorno a materie delicatissime, che nel corso degli ultimi giorni sembravano destinate ad avere una sola voce, un solo tono, un solo timbro vocale. Quello della semplificazione prodotta dalla destra culturale e politica di questo paese. Una semplificazione che aveva contribuito a confondere le Ong con i taxi del mare, Medici senza Frontiere, Premio Nobel per la pace, con una flottiglia di scafisti, la tensione umanitaria con il reato umanitario.
Oggi il ministro Delrio prova a ripristinare un po’ di buonsenso, parlando esplicitamente di gerarchia delle fonti giuridiche e spiegando che il codice di condotta delle Ong sta sotto la Costituzione e il diritto internazionale. E che se una imbarcazione appartenente a Medici Senza Frontiere, o a qualsiasi altra organizzazione che non ha firmato il Codice, attracca in un porto italiano, non può essere respinta indietro. Un principio elementare, che appariva offuscato da questa incredibile rincorsa alla criminalizzazione, che cancellava il contesto nel quale operano le Ong in un Mediterraneo attraversato da morte e conflitti.
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