Roma. La Raggi a testa bassa anche sulle captazioni di acqua nel lago di Bracciano, Insorgono le comunità locali e rischia di saltare il compromesso con la Regione. E’ già campagna elettorale

Roma. La Raggi a testa bassa anche sulle captazioni di acqua nel lago di Bracciano, Insorgono le comunità locali e rischia di saltare il compromesso con la Regione. E’ già campagna elettorale
La Raggi va alla guerra. Probabilmente la sindaca è entrata in piena campagna elettorale, e questo è comprensibile, ed allora ha pensato bene di muovere l’assalto alla Regione Lazio, impugnando il provvedimento firmato dal presidente Nicola Zingaretti la scorsa settimana con cui è stato tra l’altro posticipato lo stop alle captazioni dal lago di Bracciano scongiurando il rischio di razionamento dell’acqua nella capitale.
 
Chiesto l’annullamento dell’ordinanza regionale che riduce da 1100 a 400litri al secondo la captazione nel Lago di Bracciano
 
Il primo cittadino capitolino si è così rivolto al giudici del Tribunale superiore delle Acque pubbliche chiedendo l’annullamento, previa sospensione, dell’ordinanza di Zingaretti del 28 luglio con cui è stato ridotto a 400 litri al secondo i prelievi di acqua dal lago di Bracciano, invece della prassi adottata finora di 1.100 litri al secondo. Il primo cittadino, a quanto si è appreso, chiede un provvedimento cautelare “inaudita altera parte” contestando il “difetto di attribuzione” e quello di “istruttoria”. La nuova ordinanza della Regione Lazio, era stata preparata d’intesa con il governo, sposta i termini al 1 settembre. Il nuovo provvedimento prevede l’azzeramento progressivo dei prelievi del lago di Bracciano, riserva idrica della capitale nei momenti di emergenza. A inizio settembre, appunto, non sarà più possibile nessun prelievo da parte dell’Acea. In precedenza il governatore del Lazio aveva firmato un’ordinanza con cui bloccava le captazioni e che era stata impugnata davanti allo stesso tribunale da Acea Ato2. In quell’occasione il tribunale aveva ha respinto la richiesta cautelare “evidenziato che la dedotta impossibilità di effettuare l’inevitabile turnazione nell’erogazione del servizio di distribuzione dell’acqua a parte dei cittadini del comune di Roma Capitale appare una conseguenza non imposta in via esclusiva dall’ordinanza impugnata da quest’ultima invero – si leggeva nel provvedimento – si evince che Acea Ato2 potrà adottare ‘misure compensative’ per contrastare gli effetti dell’azzeramento del prelievo in contestazione, con ciò volendosi riferire alla possibilità di individuare, eventualmente con l’ausilio di altre autorità competenti in materia, anche altri rimedi purchè compatibili con il veduto divieto di prelievo”.
 
Acea Ato 2 ribadisce l’impossibilità di assicurare la regolarità dell’erogazione dell’acqua a Roma
 
Ma ecco ancor più nel dettaglio l’Atto protocollato dalla sindaca: in particolare nel ricorso si evidenzia come Acea Ato2 abbia “costantemente ribadito l’impossibilità di assicurare la regolarità dell’erogazione all’utenza di Roma capitale in caso di azzeramento del prelievo presso il Lago di Bracciano, specificando che detto azzeramento – anche per un breve periodo – comporterebbe la necessità di avviare una rigida turnazione nella fornitura d’acqua”. Quanto ai motivi di diritto, nel ricorso si riferisce di “difetto di attribuzione”. “L’Ordinanza impugnata, pur non esplicitandoli come nel precedente provvedimento – si legge in un passaggio delle 17 pagine del ricorso – contiene innumerevoli riferimenti normativi non uno dei quali può valere ad attribuire alla Regione o al Direttore regionale il potere esercitato. Ai sensi dell’art. 152 del D.Lgs n. 152/2006, infatti, è l’Ente di governo dell’ambito, e non la Regione, competente a porre in essere interventi atti a garantire il corretto funzionamento del servizio idrico integrato nel caso di inadempimento del gestore rispetto alle obbligazioni assunte con la convenzione di gestione o derivanti dalla legge. Solo nel caso l’Ente di governo dell’ambito non intervenga” sono conferiti “poteri sostitutivi in capo alla Regione; poteri volti a garantire l’efficienza di quel Servizio che l’Ordinanza impugnata metterebbe in gravissima crisi, limitando fortemente, prima, e sottraendo del tutto, poi, ben l’8% del fabbisogno di acqua della Capitale”. Secondo il ricorrente quindi l’ordinanza della Regione è “stata adottata in totale carenza di potere, non esistendo nell’ordinamento una norma che attribuisca alla Regione o al Direttore regionale i poteri esercitati, con conseguente radicale nullità del provvedimento”.
 
Le motivazioni cardine che hanno reso, per la Raggi, necessario il ricorso
 
La Raggi quindi contesta il “difetto di istruttoria: insufficiente, erronea, contraddittoria motivazione”. “Che vi sia stato un assoluto difetto di istruttoria – si legge nel ricorso – è confermato dall’assenza di qualsiasi riferimento ad attività di accertamento e verifica al riguardo”. Nel ricorso poi si evidenzia come la Regione abbia motivato il cambiamento di rotta rispetto al precedente provvedimento per “evitare gravissimi pregiudizi tanto alla salute pubblica, quanto alla piena funzionalità dei sistemi antincendio, quanto ancora alla fruibilità delle strutture turistico-recettive”. “La gravata ordinanza, dopo averle poste a fondamento della sua adozione, non si preoccupa in alcun modo della effettiva erogazione – quanto meno alla data del 1 settembre 2017 – dei servizi posti a tutela della salute pubblica, della funzionalità dei sistemi antincendio e della fruibilità delle strutture turistico-recettizie. Medesimo ragionamento deve essere proposto per quanto riguarda la richiesta di Stato di Emergenza che – afferma il Direttore regionale – se riscontrata positivamente consentirà di predisporre con strumenti potenziati interventi più incisivi di risanamento della rete idrica. Solo all’esito dell’accertamento di un utile risultato, dunque e fatti salvi i vizi più sopra rilevati, l’Autorità regionale avrebbe potuto disporre la riduzione o, anche, l’azzeramento del prelievo. Istanza di adozione di misure cautelari monocratiche, anche inaudita altera parte.
 
Tutte le motivazioni fornire dall’ente gestore Acea Ato 2
 
La Acea Ato2 ha formalmente rappresentato agli Organi regionali, che il mancato approvvigionamento di acqua dal Lago di Bracciano, pur corrispondendo a circa l’8% dell’intero fabbisogno di Roma Capitale, corrisponde al fabbisogno di circa 400.000 cittadini. La medesima Società ha anche riferito che, al fine di non privare dell’acqua una sola parte della cittadinanza, sarà dunque costretta a effettuare turnazioni che – stima – impatteranno su circa 1,4-1,5 milioni di abitanti. Stando alle prime analisi, la turnazione comporterà l’interruzione – a turno, appunto – dell’erogazione del servizio per periodi di 8 ore. In considerazione del periodo estivo e del conseguente minor numero di presenze nel territorio di Roma Capitale, peraltro, ha rappresentato l’esigenza di proseguire nel prelievo di almeno 5 moduli medi (500 litri secondo) Il provvedimento impugnato già per il mese di agosto non consente di assicurare pienamente il servizio, mentre a far data dal 1 settembre 2017 i rischi – posti a chiaro fondamento dell’ordinanza – si manifesteranno in tutta la loro estrema gravità in termini di blocco o, quantomeno, gravissimo rallentamento dell’erogazione dei servizi di primaria importanza a iniziare da quelli sanitari e di pronto soccorso”. Infine nel ricorso vengono lamentati danni di immagine di Roma Capitale “con conseguenze pesantissime anche sotto il profilo economico – e di funzionalità. A fronte di tali conseguenze, che non esitiamo a definire disastrose, si pone la (solo) affermata esigenza di tutela del bacino del Lago di Bracciano, sulla quale la captazione giornaliera di acqua operata dalla Società di gestione – pari a circa 1,5 millimetri – non può incidere in maniera anche minimamente apprezzabile, conseguendone, ancora una volta, l’irragionevolezza e l’illegittimità del provvedimento che si chiede venga annullato”.
 
Durissima la reazione del Comitato Lago di Bracciano: “Gravissimo l’atto della sindaca Raggi. Daremo conto all’autorità giudiziaria”
 
Durissima la reazione del Comitato Lago di Bracciano, che ritiene il ricorso della Raggi, azionista di maggioranza di Ace, un atto gravissimo: “Un atto gravissimo del quale daremo contezza all’autorità giudiziaria. Il comitato per la tutela del bacino lacuale di Bracciano e Martignano comunica di aver ricevuto in notifica l’impugnazione da parte di Roma Capitale dell’ordinanza della Regione Lazio che stabilisce, in parziale dietrofront rispetto alla prima ordinanza di interruzione totale originariamente prevista per la mezzanotte del 28 luglio scorso, un regime di progressiva diminuzione della captazioni Acea dal lago di Bracciano fino all’interruzione totale dal 1° settembre. E’ istituzionalmente gravissimo che Raggi non agisca quale presidente della Città Metropolitana di Roma o come presidente della conferenza dei sindaci dell’ATO 2 ma come sindaco di Roma Capitale e quindi nella sua veste di azionista di maggioranza di Acea spa e quindi di Acea Ato 2 spa. Non accettiamo che il futuro del lago di Bracciano venga sacrificato a logiche di potere e di profitto. La presa di posizione della Raggi, che agisce come sindaco di Ente azionista di maggioranza di Acea, ne è la più chiara dimostrazione. Riteniamo serie inoltre le responsabilità nella vicenda della Regione Lazio. L’ordinanza del 27 luglio della quale oggi Raggi chiede la sospensione – come correttamente intuito anche dall’ex procuratore Capo della Repubblica di Civitavecchia Gianfranco Amendola in articoli di stampa – appare a nostro giudizio contraddittoria, inutile e potenzialmente pericolosa. Contraddittoria perché la stessa fa leva sulle mai dimostrate necessità di turnazioni che Acea ha usato come minaccia. La necessità di tale turnazione è sconfessata da Acea stessa che comunica alla Regione di avere fonti alternative addirittura superiori a Bracciano ed è stata smentita dalla Regione stessa con l’adozione della prima ordinanza. Inutile perché non prevede alcuna sanzione ad un eventuale inadempimento. Pericolosa perché lascia il controllo ad Acea, il cui vertice è oggi indagato dalla Procura di Civitavecchia. Continueremo la nostra battaglia su ogni fronte istituzionale in difesa dell’ecosistema lago di Bracciano”.
 
Pelonzi e Minnucci (Pd): “La Raggi insulta i territori e calpesta quel punto di complicato compromesso che la Regione era riuscita ad individuare”
 
All’Atto della Raggi, ha risposto per primo tra i politici il consigliere del Pd di Roma Capitale Giulio Pelonzi: “L’atto della sindaca Raggi, azionista di maggioranza di Acea, che impugna l’atto del presidente della Regione, relativo alla captazione dell’acqua del lago di Bracciano, rischia di diventare boomerang per una società che è quotata in borsa e che la prima cittadina deve aver dimenticato. La scelta della Sindaca sembra essere al limite dell’insider trading”. Ed ancora Emiliano Minnucci, parlamentare del Pd e che ha profonde radici proprio nel comprensorio di Bracciano: “Ho appreso che la sindaca di Roma, attraverso un ricorso al Tribunale delle Acque, si è appellata contro la seconda e ultima ordinanza emanata dal presidente Zingaretti attraverso la quale è stato scongiurato il razionamento del servizio idrico a Roma e, di conseguenza, confermato il proseguimento delle captazioni a Bracciano fino al prossimo 31 agosto. Per la Raggi i prelievi non solo non devono essere bloccati a fine mese ma devono perdurare nel tempo e senza regole secondo le esigenze esclusive di Acea. Con quest’ultimo atto la Raggi insulta i nostri territori e calpesta quel punto di complicato compromesso che la Regione Lazio era riuscita a individuare – aggiunge – La Raggi dovrebbe ricordarsi che oltre a essere sindaco di Roma è anche Presidente della Città Metropolitana e, in quanto tale, dovrebbe tutelare anche tutti i cittadini dei 120 comuni dell’ex Provincia di Roma. In questo caso, però, Virginia Raggi non ha svolto né il ruolo da sindaco né tantomeno quello da presidente: interessandosi completamente agli interessi di Acea, la Raggi ha dimostrato e sta dimostrando di voler tutelare esclusivamente gli interessi di quella società di cui detiene le quote di maggioranza. Una vergogna inaudita che deve essere denunciata da tutti a partire dalle amministrazioni locali del lago di Bracciano e dalla stessa Regione Lazio che, così come sostenuto in questi giorni, deve provvedere immediatamente all’istallazione di un contatore delle captazioni, in modo da rendere trasparente a tutti l’attività svolta da Acea. Già non ci fidavamo prima, figuriamoci adesso dopo quest’ultimo ricorso presentato dalla pseudo sindaca di Roma”.
 
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