
Ti viene rabbia e anche vergogna a leggere dichiarazioni del presidente del Consiglio, di autorevoli ministri, di esponenti di primo piano del Pd che esultano perché decolla il Reddito di inclusione (Rei), “lo strumento di contrasto alla povertà” che risolverà tutti i problemi di milioni di persone. Rabbia perché non è vero, si tratta di qualche goccia d’acqua in un mare di povertà. Vergogna perché gli scriba di regime avallano la propaganda governativa a spese della povera gente. A questo proposito da sottolineare che è in corso una campagna, “guidata” da autorevoli esponenti del governo, con la quale si tenta di mettere in contrasto giovani e pensionati. Addirittura una scriba di Repubblica afferma che “il partito delle pensioni non dorme mai, siede ovunque nelle Commissioni di Camera e Senato. Legge, studia, trama”. Quel “trama” è tutto un poema, si fa per dire. Certo che vanno denunciati i tentativi in chiave elettorale di Renzi di “usare” i pensionati, come quelli di Gentiloni e Padoan di fare altrettanto con i giovani. Ma da qui, come fa la nostra scriba a mettere sotto accusa due parlamentari del Pd, Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera e Maria Luisa Gnecchi “vera pasionaria della previdenza, la madrina di tutte le salvaguardie degli esodati”? Proviamo vergogna per lei. Se conoscesse il dramma degli esodati e il fatto che quasi la metà dei pensionati riscuote un assegno inferiore ai mille euro, che ce ne sono tanti al livello dei 500 euro forse eviterebbe di parlare della “lobby degli ex lavoratori” quasi tentassero un colpo di stato.
Solo circa 600 mila poveri usufruiranno del provvedimento
Si torna così al Rei, il reddito di inclusione per pochi. Sono quasi cinque milioni le persone che vivono, o meglio sopravvivono, in povertà assoluta. Altrettante vivono in povertà relativa. Il provvedimento che entrerà in funzione il primo gennaio prossimo riguarderà circa 660 mila famiglie di cui 550 mila con figli minori a carico. La misura consiste in un assegno mensile di importo variabile dai 190 fino ai 485 euro in caso di famiglie molto numerose per una durata massima di 18 mesi e sarà necessario che trascorrano almeno 6 mesi dall’ultima erogazione prima di poterlo richiedere nuovamente. Il provvedimento viene presentato come una novità assoluta, una benevola concessione del governo quando, invece, si tratta di una misura che sostituisce il Sostegno all’inclusione attiva (Sia) e anche l’Asdi, l’Assegno di disoccupazione . Per ottenere quanto previsto dal provvedimento le famiglie devono avere un Isee non superiore ai 6mila euro, un valore del patrimonio immobiliare, diverso dalla prima casa, non superiore ai 20 mila euro e un patrimonio mobiliare massimo tra i 6 mila e i 10 mila euro a seconda del numero dei componenti del nucleo. Priorità, almeno nella fase iniziale di introduzione, alle famiglie con figli minorenni o disabili, donne in stato di gravidanza o disoccupati over 55. Il ministro Poletti quando il provvedimento aveva avuto il primo via libera aveva parlato di 1,7 miliardi di euro destinati a crescere.
I numeri dei miliardi investiti sono ancora ballerini, comunque insufficienti
Ma ancora i numeri sono ballerini. Per poter beneficiare del provvedimento sarà necessario essere in possesso di una carta, “carta Rei”, dove verrà materialmente caricato l’importo. Si tratta di una carta con cui sarà possibile acquistare una serie di beni, utilizzabile anche come bancomat per prelevare fino alla metà dell’importo erogato mensilmente. Contestualmente alla ricezione del sostegno, i beneficiari dovranno però partecipare a un progetto di reinserimento sociale e nel mondo del lavoro. Già allora Cgil, Cisl, Uil avevano espresso un giudizio critico per l’entità delle risorse messe a disposizione. Giudizio che viene ribadito dalle prime dichiarazioni fra cui quelle del segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan, “un provvedimento importante ma ci vogliono più risorse”. Di “un buon punto di partenza” parla Silvana Roseto, segretaria confederale della Uil, “ma al tempo stesso necessita di maggiori risorse, affinché possa raggiungere un bacino di utenza che, purtroppo, è ancora in aumento. È necessario, inoltre, che la sua applicazione sia supportata da una rete di servizi territoriali efficace che vada a garantire la presa in carico dei nuclei familiari attraverso una loro piena inclusione, in primis lavorativa, con il chiaro obiettivo di ridare dignità alle persone”. Il richiamo al lavoro è stato fatto più volte dalla Cgil, certo gli interventi per combattere nell’immediato la povertà devono essere messi in atto. Ma il problema del nostro paese resta la disoccupazione, causa prima della povertà assoluta e di quella relativa che colpisce quasi dieci milioni di persone. Il presidente del Consiglio non se la può cavare con queste parole che hanno tanto il sapore di campagna elettorale: “Un aiuto a famiglie più deboli – dice – un impegno di Governo Parlamento e Alleanza contro la povertà”.
Unione Consumatori: importi vergognosi e platea insufficiente
Durissimo il giudizio dell’Unione consumatori che parla di “importi vergognosi” e di “platea insufficiente”. “Nel 2016 – si legge in una nota – è stato battuto il record storico degli individui in povertà assoluta, salito dai 4 milioni e 598 mila del 2015 ai 4 milioni e 742 mila (+3,1%), un livello mai raggiunto dall’inizio delle serie storiche, iniziate nel 2005. Per gli individui, l’incidenza dei poveri assoluti passa dal precedente primato del 7,6 al 7,9%. È un disonore – afferma Massimiliano Dona – per un Paese che si definisce civile, che dimostra quanto poco è stato fatto finora per ridurre le diseguaglianze e combattere la povertà. Se invece di sprecare soldi in bonus inutili o, peggio ancora, dati a famiglie benestanti, solo perché non commisurati al reddito Isee, si concentrassero gli stanziamenti su chi ne ha effettivamente bisogno, questo dato potrebbe crollare” conclude Dona. L’associazione di consumatori ricorda che il bonus di 80 euro, che avrebbe dovuto aiutare le persone con redditi medio bassi, “va solo al 28,2% delle famiglie più povere”.
I “palettii” che dovrebbero impedire l’accesso al Rei. Una farsa?
Sembra una presa in giro una postilla resa nota dalle agenzie di stampa. “Il provvedimento – si legge – fissa però dei paletti per l’accesso alla misura. Non potranno ottenere il Rei i proprietari di imbarcazioni, o auto e moto immatricolati nei 24 mesi precedenti la richiesta del sussidio”. O forse la postilla serve a ricordare che fra i “poveri”, i nullatenenti, ci sono anche gli evasori, chi ha patrimoni disseminati nei paradisi fiscali. Se ben ricordiamo proprio una denuncia della Cgil di qualche anno fa faceva presente che assegni di disoccupazione venivano erogati a chi non ne aveva diritto.
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