
È bastato che il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Gualtiero Bassetti, dicesse parole appena di buon senso su migranti, Ong, Libia e scafisti, che si sono subito scatenati i falchi della destra e della Lega, a sfruttarlo per i propri fini. Nel consueto balletto dei comunicati stampa, è finito anche qualche esponente del Partito democratico, che vi ha letto un sostanziale appoggio del Vaticano alla cosiddetta “linea Minniti”, contraria alla “linea Delrio”. Insomma, le parole del presidente dei vescovi sono state talmente generiche da prestare il fianco alla facile strumentalizzazione delle destre e di coloro che, nel Pd, si sono messi sugli spalti a tifare per Minniti, e all’ideologia law and order, che pare sottenda ogni sua iniziativa legislativa e di governo. In effetti, alcuni retroscena giornalistici hanno raccontato in questi giorni di un pressing del ministro Minniti proprio nei confronti delle più alte autorità del Vaticano, e in particolare sul segretario di Stato, Pietro Parolin. È probabile, rileggendo le parole del cardinal Bassetti, che qualche crepa nelle solide convinzioni senza se e senza ma su solidarietà e salvataggi il pressing lo abbia prodotto. Anche se sul quotidiano dei vescovi proprio oggi era stato pubblicato un duro, culturalmente, editoriale di padre Camillo Rigamonti, gesuita e presidente del Centro Astalli di Roma, che è specializzato nell’accoglienza e nell’assistenza a profughi e migranti. Nell’editoriale, padre Rigamonti scrive: “cosificati da politiche di interesse, è giusto restituire ai migranti la loro dignità di persone”. E aggiunge “affermazioni demagogiche e scontri tra comizianti, in un Paese che è sempre in campagna elettorale, rischiano di distogliere anche le coscienze più attente dal cuore della questione: la vita di migranti e rifugiati, donne e uomini come noi”. E conclude: “se la vita umana va tutelata e salvata, lo si deve fare sempre, in ogni circostanza, e non può essere merce di scambio o banco per muscolari prove del consenso”. Più chiaro di così non si poteva esprimere, don Camillo Rigamonti, che centra la questione dello sfruttamento della vita e della morte delle persone migranti per scopi elettorali. E lo stigmatizza con forza. Poi però sono state divulgate dalle agenzie le parole del presidente Cei, che forniscono l’impressione di una Chiesa spaccata in due: da una parte, la Chiesa di chi lavora con quelle persone, le salva e le tutela, e dall’altra, la gerarchia ecclesiastica che sembra più attratta dalla tattica politica.
Le parole del cardinal Bassetti si prestano ad interpretazioni ambigue e sembrano dettate dalla tattica politica. Siamo tornati all’epoca di Ruini?
Ma cos’ha detto il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente dei vescovi italiani e arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, da provocare tanti applausi a destra? Ribadendo, di fronte alla “piaga aberrante” della tratta di esseri umani, “il più netto rifiuto ad ogni forma di schiavitù moderna”, ha rivendicato, però, “con altrettanto vigore, la necessità di un’etica della responsabilità e del rispetto della legge”. Un colpo al cerchio e uno alla botte? Un tentativo di riequilibrare le posizioni più estreme e umane emerse dalla Chiesa di base? Può darsi. Ma è quella frase, “rispetto della legge”, che ha scatenato gli istinti più rapaci e intransigenti della destra. Secondo Bassetti, “proprio per difendere l’interesse del più debole, non possiamo correre il rischio – neanche per una pura idealità che si trasforma drammaticamente in ingenuità – di fornire il pretesto, anche se falso, di collaborare con i trafficanti di carne umana”. Un pensiero oscuro, un’accusa velata, un contrordine lanciato nei confronti di chi, come padre Mosè Zerai, rischia “ingenuamente” la vita per salvarne altre cento, mille? Poi Bassetti aggiunge: “Dobbiamo promuovere, come ci insegna il papa quotidianamente, la cultura dell’accoglienza e dell’incontro che si contrappone a quella dell’indifferenza e dello scarto. Ma dobbiamo farlo con grande senso di responsabilità verso tutti”. Bassetti ha poi sottolineato che questa sfida “va affrontata con una profonda consapevolezza, grande coraggio e immensa carità”. Tre elementi che però “non bisogna mai disgiungere dalla dimensione della responsabilità. Responsabilità verso chi soffre e chi fugge; responsabilità verso chi accoglie e porge la mano”. Il presidente della Cei chiarisce quindi la posizione dei vescovi, dopo che nei giorni scorsi i due organismi pastorali della conferenza episcopale, Caritas e Migrantes, avevano espresso posizioni più vicine a quella del ministro dei Trasporti, Graziano Delrio. Il tema, aveva detto due giorni fa Oliviero Forti, responsabile immigrazione di Caritas “non deve essere centrato esclusivamente sul codice di condotta delle Ong ma sul salvataggio, perché al di là dei Codici c’è in gioco la vita umana, che è la nostra preoccupazione maggiore. E chi se ne prende la responsabilità?”. Se proprio dovessimo esprimere un parere sul senso delle parole del cardinal Bassetti, oseremmo dire di avere l’impressione di essere tornati alla tortuosa involuzione del pensiero politico del cardinal Camillo Ruini, il più longevo presidente della Cei, avendo mantenuto la carica tra il 1991 e il 2007, oltrepassando tre papi, due o tre Repubbliche, la crisi del sistema democristiano, l’ascesa e la caduta del berlusconismo, i governi Prodi (il professore e il cardinale sono entrambi reggiani, e si conoscono bene), quando la tattica politica imperversava anche nella gerarchia vaticana. Ecco, forse non esistono due Chiese, ma la differenza tra le posizioni appare abissale. Chissà come papa Francesco sbroglierà questa matassa.
Amnesty International raccoglie testimonianze terrificanti sulle condizioni inumane e degradanti in cui sono costretti a vivere profughi e migranti nei lager libici
Intanto, le organizzazioni umanitarie continuano a dare informazioni sulle condizioni penose in cui sono tenuti profughi e migranti nei lager libici. Forse, il presidente della Cei farebbe bene a leggersi qualche rapporto. Amnesty International, ad esempio, ha raccolto orribili testimonianze di violenza sessuale, uccisioni, torture e persecuzione religiosa, che confermano la scioccante dimensione degli abusi che migranti e rifugiati subiscono affidandosi ai trafficanti nel percorso verso la Libia e all’interno di questo Paese. Nelle ultime settimane l’organizzazione per i diritti umani ha parlato con una novantina di migranti e rifugiati nei centri d’accoglienza della Puglia e della Sicilia. Queste persone, arrivate in Italia dalla Libia nei mesi precedenti, hanno denunciato abusi da parte di trasportatori, trafficanti, gruppi armati e bande criminali. “Questi migranti e rifugiati hanno raccontato, con particolari agghiaccianti, l’orrore che sono stati costretti a subire in Libia: rapimenti, detenzione in carceri sotterranee per mesi, violenza sessuale, pestaggi, sfruttamento, uccisioni – ha dichiarato Magdalena Mughrabi, vicedirettrice ad interim del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International -. La loro testimonianza fornisce un quadro terrificante da cui hanno cercato disperatamente di fuggire le persone che arrivano in Europa”. Amnesty ha parlato con 15 donne, la maggior parte delle quali ha raccontato che gli stupri sono talmente comuni che molte assumono contraccettivi prima di mettersi in viaggio, onde evitare di rimanere incinte. Il personale medico del centro d’accoglienza di Bari ha confermato di aver assistito altre donne che avevano avuto la stessa esperienza. Molti migranti e rifugiati hanno descritto gli abusi subìti in tutte le fasi del viaggio, dall’arrivo in Libia fino a quando hanno raggiunto le città costiere del nord. Altri hanno raccontato di aver vissuto nel Paese per anni, fino a quando si sono trovati nella necessità di fuggire a causa della violenza e delle minacce di bande di criminali, della polizia o dei gruppi armati. Almeno 20 delle persone intervistate da Amnesty hanno riferito episodi di violenza da parte della guardia costiera e nei centri di detenzione della Libia.
La denuncia dell’Unicef: in Libia sono oltre 550.000 i bambini che hanno bisogno di assistenza, e chiede un’immediata soluzione politica
“A sei anni dalla crisi in Libia, oltre 550.000 bambini hanno bisogno di assistenza a causa dell’instabilità politica, del conflitto in corso, degli sfollamenti e del crollo economico. Le pesanti violenze in alcune parti del paese hanno costretto le famiglie a fuggire dalle loro case. Più di 80.000 bambini sono sfollati internamente e i bambini migranti in Libia sono particolarmente vulnerabili agli abusi e allo sfruttamento, anche nei centri di detenzione”, ha dichiarato il direttore regionale dell’Unicef, Geert Cappelaere, dopo la sua prima missione nel paese. Ricordando che in Libia nel 2016 sono stati registrati 20 attacchi contro le strutture sanitarie, quasi 200.000 bambini hanno bisogno di acqua potabile, mentre 315.000 hanno bisogno di assistenza nell’istruzione, in tutto il paese 558 scuole non possono essere utilizzate perché sono distrutte, danneggiate o utilizzate come rifugio dalle famiglie sfollate internamente, l’Unicef sottolinea che nel 2017 ha fornito a 20.000 bambini sostegno psicosociale e oltre 8.000 bambini sono stati iscritti in corsi di recupero. “L’Unicef – informa ancora Geert Cappelaere – incrementerà ulteriormente la propria assistenza per raggiungere 1,5 milioni di ragazze e ragazzi e sostenere il rafforzamento delle istituzioni nazionali e della società civile. L’Unicef ribadisce che il benessere delle ragazze e dei ragazzi in Libia dovrebbe essere una priorità per le autorità, la società civile e la comunità internazionale. E dunque, nell’interesse dei bambini, chiede una soluzione politica immediata alla crisi e la fine delle violenze”.
Enrico Rossi, presidente Regione Toscana, puntualizza con accuratezza di analisi la situazione, e stigmatizza le politiche di destra adottate da una certa sinistra
Un’analisi particolarmente accurata della situazione proviene da un post del presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, fondatore di Articolo1-Mdp. Nei confronti dei migranti, scrive Rossi, in Italia sembra prevalere la “politica piccola” del “mezzo muro”. “Prima – scrive Rossi – si è interrotta l’operazione Mare Nostrum, sostituendola con Triton e facendo dei nostri porti gli unici approdi per le navi di salvataggio, poi non siamo riusciti ad impegnare l’Onu nella costruzione di corridoi umanitari, quindi abbiamo consentito che l’Europa disattendesse gli impegni sulla redistribuzione dei profughi. Dovevamo proseguire con determinazione le nostre battaglie e insistere, avere pazienza e spiegarci al Paese che avrebbe capito. Invece – aggiunge – si è scelto la strada più facile e abbiamo deciso di cambiare la linea politica. Si è cominciato lasciandoci penetrare dal linguaggio e dalle idee della destra xenofoba. Abbiamo accusato e minacciato all’Europa cose impossibili, come chiudere i porti o non pagare i nostri trasferimenti. Non avendo ottenuto nessun risultato, abbiamo pensato di fare ciò che rimproveravamo agli altri: respingere i profughi, alzare un muro. Anzi un mezzo muro”. “Abbiamo fatto accordi con la guardia costiera libica, di cui non si escludono rapporti stretti con gli scafisti, e abbiamo inviato navi in appoggio. Infine abbiamo messo all’indice le Ong e il diritto di ingerenza internazionale e di aiuto umanitario. Ora governo e opposizione di destra sono contenti perché i ‘flussi’ si stanno riducendo. Non si risparmiano gli applausi degli xenofobi all’operato del governo. Nessuno si chiede – scrive Rossi – che fine fanno in Libia i ragazzi, le donne e gli uomini che vengono respinti nelle galere; se essi sono assistiti, curati o se vengono violentati e trattati senza umanità”. Ma, “nel Paese – aggiunge Rossi – cresce un’opposizione sociale e politica che troverà la via per farsi ascoltare. Sarà come una pioggia forte e insistente che cancellerà la siccità della politica di questi giorni”. Ce l’auguriamo.
- Amministrative 2021, la sinistra per Roma. Ne parliamo con Giuseppe Libutti, candidato per la lista Sinistra civica ecologista - 27 Settembre 2021
- Riprendono le pubblicazioni di Jobsnews.it. Con alcune modifiche sostanziali - 31 Gennaio 2021
- Coronavirus. 7 ottobre. 3678 nuovi casi, 31 decessi, 337 in intensiva. Il nuovo Dpcm proroga lo stato d’emergenza al 31 gennaio 2021 e impone la mascherina all’aperto - 7 Ottobre 2020