Bologna. Il 37esimo anniversario della strage alla Stazione è un altro segnale forte delle vittime a governo e magistratura, per gli impegni mai mantenuti

Bologna. Il 37esimo anniversario della strage alla Stazione è un altro segnale forte delle vittime a governo e magistratura, per gli impegni mai mantenuti

A Bologna ancora una volta una manifestazione “forte”, non solo il ricordo di quel terribile 2 agosto ma un segnale che viene dato in primo luogo al governo, alla stessa magistratura, alle forze politiche, alle istituzioni democratiche,  al Parlamento che proprio nelle ore in cui qui, nelle strade e poi nel piazzale della Stazione, ricordo e protesta si uniscono perché a tanti anni dalla strage ancora non ci sono le risposte che i bolognesi, gli italiani pretendono, la “verità”, vota fiducie a ripetizione in una situazione politica sempre più confusa. Da Bologna, che “Non dimentica”  arriva un avvertimento forte, unitario. In piazza ci sono tutte le rappresentanze delle forze democratiche, Cgil, Cisl, Uil, di associazioni della società civile. Due file di taxi bianchi, decine e decine di gonfaloni, dietro, tanti cittadini. Sfila il corteo, da piazza del Nettuno verso il piazzale della Stazione, si riempie via Indipendenza, poi la Montagnola. Paolo Bolognesi, che rappresenta le famiglie dei caduti, afferma fra gli applausi: “Siamo stati traditi da chi doveva essere al nostro fianco”. Il sindaco Merola aggiunge: “Ricordiamo al governo che non è onorevole prendere un impegno e non mantenerlo, è peggio che non prenderlo. Non possiamo permettere che le autorità abbiano torto troppo a lungo”.

La civile contestazione dei familiari delle vittime nei confronti del ministro dell’Ambiente Galletti

Il popolo di Bologna ha mandato un messaggio forte e chiaro al governo. Avevano fatto presente che la presenza del governo non era gradita, ma quasi in un gesto di sfida è arrivato il ministro Gian Luca Galletti. Un grave errore, quasi una provocazione e la protesta, annunciata, è scattata proprio nel giorno del 37esimo anniversario, quando il ministro nell’aula del Comune stava per iniziare il suo discorso. I famigliari delle vittime hanno lasciato la sala. Rappresentati da Paolo Bolognesi hanno definito “sgradita” la presenza del rappresentante del governo. Galletti se ne è andato senza partecipare al corteo. Critiche anche ai magistrati nel giorno in cui si ricorda che la bomba provocò 85 morti e 200 feriti e l’orologio della Stazione segna le 10,25, l’ora della strage. “Il Governo è stato scorretto con noi – afferma intervenendo in Comune in Paolo Bolognesi – e abbiamo ritenuto che la direttiva di Renzi fosse importante per arrivare alla verità, in modo che le carte venissero desecretate e che tutti potessero leggerle. Ma i nomi non ce li danno. I ministri Orlando e Franceschini, nel 2015, hanno fatto una convenzione con gli archivi per digitalizzare tutte le carte dei processi. Non hanno digitalizzato un foglio. E allora ci siamo arrabbiati, una sana arrabbiatura in difesa della democrazia”. Riguardo ai rapporti con la procura e alle polemiche relative alla richiesta di archiviazione, Bolognesi afferma: “Non si può chiedere l’archiviazione dell’inchiesta sui mandanti non guardando nemmeno gli atti che abbiamo portato. Rispetto assoluto per i giudici, ma il diritto di critica anche i famigliari lo possono avere. Salta all’occhio questo vittimismo. Vorrei ricordare che qui le vittime siamo noi, non i magistrati”. Infine la decisione clamorosa: “Con tutto il rispetto per Galletti, noi abbiamo deliberato di uscire dall’aula prima che prenda la parola”.  Silenzio assoluto mentre se ne vanno dall’Aula per scendere nel Cortile d’onore di Palazzo d’Accursio, la residenza comunale. “Non c’è la volontà di trovare il perché di questa strage, non è una bomba messa da due pazzi: noi – dicono – vogliamo la verità e dopo tante promesse mancate vediamo se almeno così si muovono le acque”. Il ministro chiude la prima parte del discorso. “Bisogna stare uniti per onorare la memoria”, afferma, poi sale in macchina, se ne va, senza partecipare al corteo. Forse nel timore di ulteriori contestazioni. “Non partecipare al corteo? Mi dispiace da cittadino bolognese – dichiara ai giornalisti – perché sono andato tante volte. Quando è successo avevo 19 anni ed ero in piazza anche allora. Però ci siamo abituati a questa cosa del governo che non va sul palco”. Se la poteva risparmiare. Così come il procuratore della Repubblica, Giuseppe Amato, poteva risparmiare di dare una lezioncina su cosa sia la giustizia a chi giustizia la attende da 37 anni.

La lezioncina del procuratore capo Amato

“Io pretendo il rispetto delle posizioni che si assumono, perché la critica è una cosa – ha detto ai giornalisti – mentre il voler attribuire ad altri superficialità valutativa francamente non mi sembra una cosa corretta, quando poi l’impegno dell’ufficio c’è stato”. “Noi abbiamo fatto le nostre scelte che non sono irrevocabili e definitive. Ognuno – ha proseguito – deve fare il suo lavoro: la storia è una cosa, la giustizia un’altra. Il rispetto che si deve avere anche nei confronti delle vittime è quello di dare una risposta. E la risposta è che quando non ci sono elementi processualmente spendibili bisogna avere il coraggio di chiudere, perché diversamente opinando si creano false illusioni, alibi, situazioni di incertezza che non sono accettabili. Se ci saranno altri elementi concretamente sviluppabili saremo i primi ad aprire nuovamente il fascicolo”.  Gli viene chiesto: “Amarezza per le parole di Bolognesi?”. La risposta: “Nessuna amarezza: il magistrato che pensa di fare il proprio lavoro con coscienza accetta da un lato le critiche e non può determinare le proprie conclusioni su quello che pensa essere gradito o sgradito ad uno o ad un altro, se no faremmo un altro lavoro”. Amato presente alla prima parte della cerimonia, non ha partecipato  al corteo.

I messaggi del Presidente Mattarella, del presidente Senato Grasso e della presidente della Camera Boldrini

“A 37 anni dal 2 agosto 1980, l’Italia si raccoglie in ricordo dell’umanità straziata nella stazione di Bologna, teatro di un attentato infame e sanguinoso nella nostra storia repubblicana. La memoria del Paese esprime anzitutto il cordoglio per le 85 vite spezzate da quel micidiale ordigno, e una profonda solidarietà verso i familiari delle vittime”, ha scritto il Presidente della Repubblica nel suo messaggio. Mentre Pietro Grasso, presidente del Senato, aggiunge: “L’unica cura possibile a quel dolore è la verità che ancora non siamo stati in grado di ricostruire”. E da Laura Boldrini giunge un monito: “Oggi proviamo rabbia e dolore. Chiediamo che si faccia piena chiarezza su questa tragedia. La verità è un presidio irrinunciabile per difendere la democrazia”.

Share