Vitalizi. La grande farsa demagogica dei privilegi

Vitalizi. La grande farsa demagogica dei privilegi

Stop ai vitalizi anche per gli ex parlamentari e applicazione della legge Fornero, ma solo a partire dalla prossima legislatura. Sono le principali novità della pdl Richetti sui vitalizi che, tra qualche rallentamento e contenzioso sulla ‘paternità’ della legge, alla fine è stata approvata – tra cori e applausi – dall’aula della Camera con 348 sì, 17 no e 28 astenuti. A votare a favore sono stati Pd, M5S, Lega, Fdi e Scelta civica. Contrario Ap; Mdp si è astenuto mentre Forza Italia non ha partecipato al voto. Un primo passo verso l’abolizione anche se dopo il via libera di Montecitorio il provvedimento dovrà superare lo scoglio del Senato per diventare legge ed entrare in vigore effettivamente. Molti temono infatti che a Palazzo Madama la legge si possa arenare e che non venga approvata, e finisca soltanto per diventare argomento di propaganda in campagna elettorale. I vitalizi in pagamento adesso riguardano 2.600 ex parlamentari per un ammontare di 230 milioni all’anno; mentre le Regioni hanno speso altri 175 milioni. Con il ricalcolo contributivo, lo Stato risparmierebbe 76 milioni all’anno per i vitalizi dei parlamentari e altri 60 per i vitalizi regionali.

La pdl che porta la firma del dem Matteo Richetti, e che prevede quindi il sistema contributivo per tutti i parlamentari compresi quelli passati e naturalmente quelli futuri, in realtà è stata appoggiata sin dall’inizio dai 5 Stelle che hanno rivendicato di essere i promotori nel merito della proposta dal momento che, come hanno ripetuto più volte, pur di votare l’abolizione dei vitalizi per gli ex parlamentari hanno rinunciato alla loro proposta di legge prima firmataria Roberta Lombardi e hanno votato a favore di quella del Pd. Una legge ‘bandiera’ per i pentastellati che fino all’ultimo non hanno voluto sfilarsi, nonostante alcune sfumature diverse nel testo. Come ad esempio l’applicazione della legge Fornero: in aula Luigi Di Maio, illustrando un suo emendamento, aveva sollecitato l’estensione della Fornero anche ai parlamentari attualmente in carica. Ma l’Assemblea ha bocciato tale ipotesi e la Fornero sarà applicata solo a partire dalla prossima legislatura. In aula qualche tensione si è registrata tra M5S e Pd anche per lo slittamento dei tempi: un accordo tra i gruppi parlamentari prevedeva l’approvazione della pdl entro le 14, ma a causa dei numerosi interventi dei deputati non è stato rispettato. Dopo accuse reciproche di ostruzionismo, tra Danilo Toninelli (M5S) e Ettore Rosato (Pd), e una conferenza dei capigruppo, il via libera è arrivato con qualche ora di ritardo.

Soddisfatti i 5 Stelle. Alessandro Di Battista su Facebook ha esultato: “Abbiamo battagliato, non abbiamo mai mollato e siamo riusciti a portare il Pd sul nostro campo obbligandolo (questo fa l’opposizione) a toccare quei privilegi che mai in passato aveva avuto il coraggio di toccare. Sono davvero contento. Il primo round va al Popolo italiano. Occhio però che manca il secondo round, ovvero l’approvazione di questa legge anche al Senato. Se la maggioranza avrà la volontà la legge verrà approvata in pochissimo tempo. Noi, come abbiamo sempre fatto, gli soffieremo sul collo!”. Di Maio in dichiarazione di voto ha rivendicato: “E’ un giorno storico. Questa è una vittoria del Movimento 5 Stelle”. Ma esprime soddisfazione anche il Pd con il capogruppo dem Ettore Rosato che ha sostenuto che “anche Nilde Iotti oggi voterebbe con noi per l’abolizione di questo privilegio. Stiamo adeguando la politica a un mondo diverso”. E poi ha ribadito: “Non abbiamo corso dietro all’antipolitica; abbiamo fatto una cosa importante e anzi abbiamo tirato su la testa mettendoci in sintonia con il paese che ci chiede sobrietà e ci chiede di essere i primi a fare i sacrifici. Questa è una legge giusta e ci batteremo anche in Senato per l’approvazione definitiva” ha assicurato Rosato.

Civati annuncia il voto favorevole di Sinistra Italiana

“Il gruppo di Sinistra Italiana-Possibile vota sì alla proposta di legge sui vitalizi. Non è però un fatto elettorale, ma una questione di uguaglianza. Questa discussione, che si è dimostrata analitica più di qualsiasi altra, ha avuto troppa enfasi, da una parte e dall’altra. Nella speranza che la legge sia approvata anche al Senato, chiudiamo con il dibattito sulla ‘casta’, parola che è diventata popolare più di ogni altra: parliamo di ‘real issues’ come le chiama Bernie Sanders, di questioni reali, di cose che riguardano la vita delle persone”. Lo afferma il leader di Possibile Pippo Civati, deputato di Sinistra Italiana-Possibile, in Aula a Montecitorio nel corso della dichiarazione di voto sull’abolizione dei vitalizi.

Nel Pd non votano in 77

Nel Pd 35 deputati, il 12,37 per cento degli appartenenti al gruppo di Montecitorio è risultato assente al momento del voto al ddl Richetti. Più numerosi i deputati che non hanno votato il ddl perché in missione, anche perché il gruppo Pd annovera molti membri del governo a cominciare dal premier Paolo Gentiloni. Ma i deputati in missione sono stati molti più dei componenti l’esecutivo. Ben 42, il 14,84 per cento del totale. Nel complesso tra deputati assenti e deputati in missione, in 77 non hanno votato il ddl Richetti. Si tratta del 27 per cento del gruppo. Si è astenuto un solo deputato, Gero Grassi, vicepresidente del gruppo Pd.

Il commento del governatore toscano Enrico Rossi: “quando non si vuole cambiare le cose, si organizzano grandi agitazioni demagogiche”

“In Parlamento c’è un grande scontro per impadronirsi di una legge contro i vitalizi che durerà il tempo di una campagna elettorale per essere poi cancellata per incostituzionalità. I vitalizi sono un privilegio intollerabile riservato ai politici che invece dovrebbero dare il buon esempio. Ma se vogliamo veramente affrontare il problema dobbiamo rivedere tutte le pensioni d’oro, oltre che i vitalizi, in modo da fare un intervento equo e togliere qualcosa a chi riceve molto, senza avere versato i contributi, per dare di più a chi prende poco”, scrive su Facebook il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi. “In Italia 33000 pensioni costano 3 miliardi e 300 milioni – aggiunge -. Non sono certo tutte basate sui contributi né sono solo vitalizi. Quando non si vuole cambiare le cose, allora si organizzano grandi agitazioni demagogiche e non si toccano invece i privilegi in modo serio e efficace”.

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