Prevedibile lo stop di Pisapia. Nulla succede per caso. Di fatto lo annunciavano i giornaloni. Il Caffè amaro di Gramellini, l’Amaca di Serra, l’attacco alla sinistra. Torna l’anticomunismo anni cinquanta

Prevedibile lo stop di Pisapia. Nulla succede per caso. Di fatto lo annunciavano i giornaloni. Il Caffè amaro di Gramellini, l’Amaca di Serra, l’attacco alla  sinistra. Torna l’anticomunismo anni cinquanta

“Nulla succede per caso”, è il titolo di un interessante libro scritto da R.H. Hopecke. Riprende un concetto espresso da Milan Kundera in “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, il quale se la prende con chi è “cieco” rispetto alle coincidenze della vita. Coincidenza che Carl Gustav Jung ha chiamato “Sincronicità”. Anche noi, così come ha fatto La Repubblica, che ha chiamato in causa per “analizzare” Renzi Matteo, lo psicanalista, di sua fiducia, Massimo Recalcati, ci permettiamo di citare Jung, psichiatra, psicanalista e antropologo svizzero deceduto nel giugno del 1961. Perché, appunto, nulla avviene per caso.  Come avveniva un tempo che fu quando per proclamare una guerra si costruivano motivazioni inesistenti ma che aveva una parvenza di credibilità così oggi non ci sorprende che Giuliano Pisapia sia venuto a Roma (ma c’è venuto o ha inviato un messaggio? ndr) per non incontrare Roberto Speranza e gli altri dirigenti di Articolo1-Mdp affrontando una questione di fondo, come proseguire il cammino di “Insieme” per dar vita ad una “casa comune del centrosinistra”, così raccontano le agenzie di stampa. In altra parte del giornale raccontiamo la “giornata”, il rinvio dell’incontro, le prese di posizione delle diverse forze in campo.  Si dice che Pisapia non abbia gradito, si fa per dire, le critiche che gli sono state rivolte per l’ormai famoso abbraccio con la Boschi che forse passerà alla storia della politica italiana, nel caso in cui il rapporto fra i due raggruppamenti termini così, e anche se invece ci sarà un chiarimento e il percorso riprenderà.

Un nuovo soggetto politico, progressista, di sinistra, non gradito dai media

Noi non siamo rimasti sorpresi, leggendo interviste, editoriali di questi giorni, da giornali di diverso orientamento si capiva che il processo di costruzione di un nuovo soggetto politico non era gradito ad editori sia di sinistra, o meglio liberal che guardano a Renzi, che di destra stracciona e di quella più raffinata. Bastava leggere i giornali, quelli grandi e quelli piccoli, velenosi tutti. La “sincronicità” era evidente, annunciava che la “cosa” o non andava avanti, o comunque subiva una battuta d’arresto.  Repubblica, la testata che è stata levatrice della candidatura di Pisapia come leader di una nuova forza di centro-sinistra, purificata dalle scorie di Renzi Matteo, un ritorno all’Ulivo. Certo in  “discontinuità” con le politiche dei mille giorni del Matteo, ma pronta ad una alleanza elettorale. Altrimenti, raccontavano gli scriba di Repubblica, come si può parlare di centro sinistra? Ma con Renzi come premier dal momento che lo statuto del Pd questo prevede? Pisapia si salvava in corner, facciamo le primarie. Ma il signorotto di Rignano rispondeva di brutto: “sono stato eletto da due milioni di voti alle primarie (i voti per Matteo sono stati poco più di un milione ndr)”. E la partita sembrava chiusa. Ma così non era, anche perché dall’interno del Pd qualche “sirena” continuava a dire “porte aperte a Pisapia”. Bastava leggere l’Amaca di Michele Serra, pezzo forte del giornale di cui è direttore Calabresi, per capire che “nulla nasce dal caso”. Scrive l’ex movimentista: “Se le  affabilità fra Pisapia e Boschi hanno meritato commenti insospettiti, quando non risentiti è perché la sinistra italiana, nella media, è poco adulta (nonostante l’età veneranda). Confondere la gentilezza con la debolezza  è un equivoco tipicamente infantile”.

La sinistra definita come una somma di insicurezze, di debolezze

Ancora: “Il fatto che Pisapia sia stato in qualche modo costretto a chiarire e a spiegare è mortificante, e non certo per lui, ma per un luogo politico – la sinistra – che sembra diventata una somma di insicurezze e (dunque) di debolezze”. Lo aveva preceduto il commento di Massimo Giannini pubblicato lunedì, un duro attacco a Bersani, D’Alema, Speranza, Rossi, alle forze di sinistra che non hanno un programma, un progetto. Questa  “accozzaglia” del forse – scriveva il Giannini – “non ha ancora prodotto nulla di qualificante”. E Pisapia nel rinviare l’incontro affermava che “non c’è spazio per una politica con la testa rivolta all’indietro”. Certo che bisogna guardare avanti ma se non c’è un retroterra, oppure se il retroterra sono i dem renziani si va a sbattere. Non è un caso che appena l’annuncio del rinvio dell’incontro Pisapia-Speranza scattano, quasi fossero già pronte, dichiarazioni di soddisfazione da parte dei Dem con l’annuncio che il Partito “è sempre aperto”. Qualunque sia il clima che si respira in queste ore è ben riassunto dal “Caffè” di Gramellini, la rubrica di cui è titolare sul Corriere della Sera. Parla di “psicodramma nella sinistra,  a occhio e croce il trecentoventiquattresimo della sua storia recente” a causa dell’abbraccio. Parla di fuoriusciti del Pd che si abbeverano al verbo della ditta D’Alema-Bersani, quasi fossero bestiame. Poi la  stoccata disgustosa è dir poco. Sembra di essere tornati alle campagne elettorali della Dc, all’insegna di “dalli al comunista”, loro mangiano i bambini. Un “caffè” non solo amaro ma disgustoso per chi lo ha preparato. Leggiamo, increduli, di una prosa tanto anni cinquanta. “La parabola del mite pontiere Pisapia trasformato in potenziale traditore – scrive il Gramellini – è la conferma che una certa sinistra di tradizione comunista considera l’avversario politico un criminale e suo fiancheggiatore chiunque si ostini a trattarlo da essere umano”. Il titolo: “Abbracci nei boschi” non lo commentiamo, non merita tanto.

Risatine e sghignazzi del conduttore di “Stampa e regime”, Radio radicale

Diciamo solo che è piaciuto molto a un tal Bordin che conduce “Stampa e regime” su Radio radicale. Ormai costui invece di “raccontare” quanto scrivono i giornali fa solo commenti. L’articolo di Gramellini lo ha galvanizzato. Risatine, sghignazzate. Così come se l’è presa con Chiara Geloni, la responsabile del sito di Articolo 1 per aver osato parlare del “nostro popolo” e con Enrico Rossi che ha parlato di “nostra gente”. Dovrebbero dire “elettori” ha sghignazzato. Non sa il Bordin che nella storia della sinistra gli iscritti al partito non sono solo elettori ma “compagni”, che il partito non è una macchina elettorale ma un collettivo, che da sempre si è parlato del “popolo della sinistra”. Se non andiamo errati anche Marco Pannella, usava la parola compagni. Ma è tutta un’altra storia.

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