Libia. L’Accordo di Parigi è stato firmato dai due capi libici sotto l’egida dell’Onu e su iniziativa di Macron. Ci voleva la politica, non l’ordine pubblico, come invece credeva il nostro governo

Libia. L’Accordo di Parigi è stato firmato dai due capi libici sotto l’egida dell’Onu e su iniziativa di Macron. Ci voleva la politica, non l’ordine pubblico, come invece credeva il nostro governo

“La soluzione alla crisi libica non può che essere politica e passa per un processo di riconciliazione nazionale che lega tutti i libici, e comprende gli attori istituzionali, di sicurezza e militari dello Stato che sono pronti a parteciparvi pacificamente con il rientro in tutta sicurezza degli sfollati e dei rifugiati, con la messa in pratica di un processo di giustizia di transizione, di compensazione e di amnistia nazionale”, si legge nella dichiarazione congiunta siglata dal presidente del Consiglio presidenziale di Tripoli Fayez Serraj e il comandante dell’Esercito nazionale libico Khalifa Haftar, riuniti al castello di La Celle Saint-Cloud, alle porte di Parigi. “Ci impegnamo a un cessate il fuoco e ad astenerci dal ricorso alla forza armata per tutto ciò che non riguarda la lotta all’antiterrorismo al fine di proteggere il territorio e la sovranità della Libia, e condanniamo fermamente tutto ciò che minaccia la stabilità del territorio”.

Il testo in 10 punti, letto in arabo, ha ribadito che solo una soluzione politica consentirà di uscire dalla crisi in atto nel Paese dalla caduta di Muammar Gheddafi, nel 2011, e ha riaffermato la valità dell’accordo di Skhirat, firmato nel 2015 sotto egida Onu. Haftar non ha mai accettato l’accordo di Skhirat, né ha mai riconosciuto l’autorità di Sarraj. Si tratta di una “dichiarazione che traccia il cammino, la via verso la riconciliazione nazionale” in Libia, ha detto Macron, sostenendo che “Sarraj e Haftar possono diventare simboli dell’unità nazionale”, elogiandone quindi il “coraggio storico di assumervi il rischio di lavorare insieme per la riconciliazione nazionale e una pace durevole”.

Le parole caute del presidente francese Macron. Documento storico, ma il processo è lungo

Nella dichiarazione il premier del governo di accordo nazionale e il generale libico si sono quindi impegnati a lavorare per “un processo elettorale in primavera e per una riconciliazione politica inclusiva”. “Se fallisce la Libia, fallisce tutta la regione e il processo di pace è essenziale anche per l’Europa, perché se fallisce, a livello di minaccia terroristica e di flussi migratori, le conseguenze per il nostro Paese saranno dirette – ha detto Macron – il popolo libico merita la pace e noi gliela dobbiamo”.  La dichiarazione congiunta è un documento “storico”, ha sottolineato Macron, che ha espressamente ringraziato “il lavoro svolto dall’Ue e soprattutto dall’Italia del mio amico Paolo Gentiloni, che si è molto adoperato e con il quale abbiamo parlato molto in preparazione della dichiarazione odierna”. Il capo dell’Eliseo ha elogiato il premier di Tripoli e il generale Khalifa Haftar, sponsorizzato nella regione da Qatar e Egitto. L’uomo forte della Cirenaica oggi a Parigi è stato definitivamente legittimato dall’Occidente, dopo mesi di spinta per renderlo parte attiva del processo di riconciliazione. Per il presidente francese il processo di riconciliazione che porterà ad “elezioni nella primavera 2018” deve avere come obiettivo a breve “eliminare traffici d’armi che alimentano il terrorismo, ed il traffico di esseri umani che alimentano le vie migratorie. Le centinaia di migliaia di migranti che si trovano in Libia destabilizzano sia la stessa Libia che l’Europa ed alimentano i traffici i cui soli beneficiari sono i terroristi. Questo è essenziale per tutta l’Europa perché se non portiamo a buon fine questo processo, il rischio terrorismo e il fenomeno migratorio, sarebbero conseguenze dirette sui nostri Paesi”. Il presidente francese ha quindi ricordato che Serraj e Haftar si sono “impegnati a rinunciare alla lotta armata, tranne che contro i gruppi terroristici, e ad un processo di cessate il fuoco, essenziale per qualsiasi progresso, con l’accordo poi per andare ad un processo elettorale in primavera, naturalmente nel contesto dell’accordo (Onu) di Skyrat. Essenziale è il lavoro di riconciliazione politica inclusiva che dia spazio a tutti i gruppi politici che vorranno modificare l’intesa di Skyrat. Tramite questo cammino la pace e la riconciliazione nazionale potranno essere raggiunti. La posta in gioco è grandissima, sia per il popolo libico che per tutta la regione perché se fallisce la Libia fallisce tutta la regione e soprattutto i Paesi vicini”.

Le reazioni italiane all’Accordo di Parigi

Incredibile ma vero, c’era chi nelle ore immediatamente precedenti all’incontro parigino, “gufava”, insomma tifava per il fallimento dell’intesa. Le parole del presidente del gruppo Pd alla Camera, Ettore Rosato, sono semplicemente scandalose: “La crisi in Libia è stata provocata proprio da un intervento francese un po’ avventato”, ha infatti ricordato Ettore Rosato, intervenendo a RaiNews 24. Poi però ecco l’affondo “gufesco”: “Se è uno spot per ridare fiato alla leadership di Macron oppure se sarà utile a una ricucitura, lo si vedrà: ma – aggiunge – le premesse non sono buone, perché se vuoi fare una mediazione devi confrontarti con chi è impegnato in quel paese, e noi lo siamo per forza, per necessità”. Incredibile, il capogruppo del Pd non sapeva dello scambio di informazioni tra Macron e Gentiloni? Oppure, è stata solo una iniziativa diplomatica di Macron per evitare al governo italiano una figuraccia, che comunque a livello internazionale è stata compiuta? Dopo mesi di iniziative, il nostro governo, con Minniti e Alfano, che erano andati in Libia, avevano ricevuto i libici a Roma, senza cavarne un ragno dal buco, oggi è letteralmente scavalcato da Macron. Perché? Perché Macron ha governato una soluzione politica in Libia, senza commettere gli errori madornali compiuti da Minniti e Alfano, che hanno invece proposto soldi in cambio di sicurezza. Come abbia fatto il capogruppo Rosato a immaginare un fallimento dell’intesa parigina non è ancora noto. Ma anche questa farsa italiana si inserisce nel lungo elenco di gaffe internazionali di cui questo governo, e quello precedente, si sono resi tristi protagonisti. La verità è che questo Pd e i suoi governi non hanno mai avuto una politica estera. E l’affidamento della titolarità della Farnesina ad Alfano  ha fatto emergere, anche oggi tutti i limiti della nostra attività diplomatica. Non sarebbe sufficiente a chiederne almeno qualche spiegazione in Parlamento, o le dimissioni?

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