
Parte venerdì la stagione numero 63 di questo festival unico nel suo genere. Nasce nel 1930, la sua vita, a Torre del Lago dove il maestro scrisse le sue melodie, è piena di problemi, come accade per tutte le istituzioni culturali, i teatri in particolare sempre alle prese con i conti che non tornano. Ma, anche quando sembrava che il Festival non ce la facesse più, alla fine tutto si risolveva. Anzi diventava sempre più grande, allargava il suo raggio di azione. Come avviene con questa edizione che, insieme a cinque opere liriche, Turandot, la Rondine, Boheme, Tosca, Butterfly, vede straordinarie serate, un omaggio alla Francia con l’orchestra di Nizza, e balletti, gala, protagonisti il teatro di Mosca e quello di Pechino.
La scelta di aprire la stagione pucciniana, di far risuonare le note di Turandot nel grande teatro all’aperto che guarda il Lago di Massaciuccoli non poteva essere migliore. Ancora oggi i melomani, grandi amanti della lirica, sono impegnati nel decifrare le intenzioni del maestro per quanto riguarda la conclusione dell’opera non scritta da lui, causa la grave malattia che lo aveva colpito e lo portò alla morte.
Usando le fonti oggi a disposizione si può tentare di chiarire il “mistero” di Turandot, opera “incompiuta”, evento mai più accaduto nella lirica. L’opera è composta da tre atti e 5 quadri, su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni, lasciata incompiuta da Puccini e successivamente completata da Franco Alfano, uno dei suoi allievi.
La prima rappresentazione avvenne nell’ambito della stagione lirica del Teatro alla Scala di Milano il 25 aprile 1926, con la direzione di Arturo Toscanini. A metà del terzo atto, due battute dopo il verso “Dormi, oblia, Liù, poesia!”, (alla morte di Liù), ovvero dopo l’ultima pagina completata dall’autore, Toscanini rivolgendosi al pubblico disse “Qui termina la rappresentazione perché a questo punto il Maestro è morto”. Le sere seguenti l’opera venne rappresentata con il finale rivisto di Alfano, ma fu diretta da Ettore Panizza. Arturo Toscanini non diresse mai più l’opera.
Perché il grande maestro non portò a termine l’opera
Puccini non portò a termine l’opera per la malattia che lo aveva colpito o perché il finale del libretto non lo convinceva, non riusciva a comprendere come Turandot, principessa cinese, dura, cinica, sanguinaria, potesse essere alla fine protagonista di un “trionfo d’amore”. Non spetta alla critica, ai melomani, esprimere un giudizio, dare risposta al dilemma di Puccini. Anche noi crediamo che il grande maestro sia rimasto affascinato dalla figura di questa donna, tratteggiata dagli autori del libretto, tragica e al tempo stesso tenera. Puccini forse, non se la sentì di “darla vinta” all’amore, come scrisse un grande critico. Non se la sentì, di fronte alle brutture del mondo, di comporre le note di un’ode all’amore salvifico. Il giudizio sull’opera lo hanno dato milioni di spettatori. L’amore non vincerà sempre, ma è comunque una bella sfida, una partita tutta da giocare.
La figlia dell’imperatore della Cina, simbolo dell’amore
Turandot ne è diventata un simbolo. È la figlia dell’imperatore della Cina che gode nel mettere alla prova i suoi spasimanti. Con un editto viene annunciato che sposerà quel pretendente di sangue reale che abbia svelato tre indovinelli molto difficili da lei stessa proposti; colui però che non sappia risolverli, dovrà essere decapitato. Il principe di Persia, l’ultimo dei tanti pretendenti sfortunati, ha fallito la prova e sarà giustiziato al sorger della luna. Nei tre atti in cui si snoda la vicenda succede di tutto. In particolare entra in scena un principe in incognito, Calef, quasi un clandestino. Si parla di lotte fra dinastie, di usurpazioni del trono e altre faccende che riguardavano i regnanti, usurpatori e non. Arriva il momento della decapitazione dello sciagurato principe di Persia che non ha saputo rispondere agli indovinelli. Turandot deve dare l’ordine al boia quando Calef, sempre in incognito, decide di partecipare al tragico gioco degli indovinelli. Vince e si arriva al finale, con Turandot che prima rifiuta di mantenere la promessa, poi il miracolo dell’amore che esplode. Come sempre sarà il pubblico a giudicare. Una cosa è certa. In questo mondo travagliato ancor oggi da grandi problemi, per dirne uno quello dei migranti, un po’ d’amore, non sarà salvifico, ma certamente avrebbe un effetto benefico.
I protagonisti del nuovo allestimento
Di seguito i protagonisti del nuovo allestimento di Turandot, una coproduzione Fondazione Festival Pucciniano e Nausica Opera International per conto di State Opera House di Georgia.
Maestro concertatore e direttore | Alberto Veronesi (14 – 23 luglio) / Vegard Nilsen (4 – 12 agosto) |
Regia | Alfonso Signorini |
Scene | Carla Tolomeo |
Coreografia | Cristina Gaeta |
Costumi | Fausto Puglisi |
con Leila Fteita | |
Disegno luci | Valerio Alfieri |
La Principessa Turandot | Martina Serafin (14 – 23 luglio) / Irina Rindzuner (4 -12 agosto) |
L’imperatore Altoum | Emmanuel Lombardi (14 – 23 luglio) / Nicola Pisaniello (4 -12 agosto) |
Timur | George Andguladze (14 – 23 luglio) / Alessandro Guerzoni (4 – 12 agosto) |
Il Principe Ignoto (Calaf) | Stefano La Colla (14 luglio) / Amadi Lagha (23 luglio / 4 – 12 agosto) |
Liù | Carmen Giannattasio (14 luglio) / Angela De Lucia (23 luglio) / Dafne Tian Hui (4 – 12 agosto) |
Ping | Andrea Zaupa (14 – 23 luglio) / Raffaele Raffio (4 – 12 agosto) |
Pang | Ugo Tarquini |
Pong | Tiziano Barontini |
Un Mandarino | Carmine Monaco D’Ambrosia |
I Ancella | Francesca Pacini (14 – 23 luglio) / Anna Russo (4 – 12 agosto) |
II Ancella | Donatella De Caro (14 – 23 luglio) / Deborah Salvagno (4 – 12 agosto) |
Principe di Persia | Samuele Simoncini |
Assistente alla Regia | Andrea Tocchio |
Orchestra del Festival Puccini | |
Coro del Festival Puccini | |
diretto dal M° Salvo Sgrò | |
Coro delle voci bianche del Festival Puccini | |
diretto dal M° Viviana Apicella |
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