
L’affluenza alle urne alle ore 12 ai ballottaggi delle elezioni comunali è fissata al 14,86% (18,7% al primo turno), dunque una flessione di circa 4 punti percentuali. I seggi si chiuderanno alle ore 23; subito dopo lo scrutinio. I seggi sono stati aperti, senza alcun problema, alle ore 7 in 101 comuni delle Regioni a statuto ordinario e in dieci delle Regioni a statuto speciale per il turno di ballottaggio per l’elezione dei sindaci. Sono in totale 4.304.739 gli elettori, di cui 2.054.516 maschi e 2.250.223 femmine, e 5.184 le sezioni elettorali. Ventidue i capoluoghi interessati in questa tornata: Genova, Catanzaro, L’Aquila, Alessandria, Asti, Belluno, Como, Gorizia, La Spezia, Lecce, Lodi, Lucca, Monza, Oristano, Padova, Parma, Piacenza, Pistoia, Rieti, Verona, Taranto e Trapani.
C’è un clima discretamente euforico nel centrodestra alla vigilia dei ballottaggi del 25 giugno per il rinnovo di 111 amministrazioni comunali. Dà corpo più di tutti a questo sentimento di vittoria imminente Silvio Berlusconi, il quale, dopo avere per anni predicato che il voto amministrativo ha solo valore locale, ora attribuisce a questi ballottaggi una valenza politica nazionale, anche se, per ragioni più che note, non si augura che il governo Gentiloni vada a casa. Berlusconi ostenta ottimismo e vede la concreta possibilità che lo schieramento di centrodestra – la cui guida gli viene sempre più polemicamente contesa da Salvini – possa fare bottino domenica prossima. Ma i contrasti con la Lega rendono, in qualche non trascurabile caso, come quello di Padova, vulnerabile l’alleanza del centrodestra. Complessivamente, comunque, si profila un ballottaggio difficile per il centrosinistra, che si presentava al voto forte del controllo della maggior parte delle municipalità e che rischia domenica prossima di veder dimezzato il proprio ruolo nei capoluoghi di provincia.
Affluenza sotto il 50%
Due dati hanno caratterizzato il primo turno: il consistente calo dei votanti, comunque rimasto al di sopra del 50%; e il tracollo (difficile leggerlo diversamente) del voto grillino. Il primo, che non è un dato solo numerico, ma anche un forte significato politico, si accentuerà come ovvio al secondo turno: avremo, con ogni probabilità, sindaci e giunte eletti con una partecipazione inferiore al 50%.
Ballottaggio per uno
In un caso, paradossalmente, cioè quello di Trapani, non si avrà neppure il sindaco. Fazio, candidato di una delle due liste di centrodestra, che ha ottenuto al primo turno il 31,79 % dei voti, si è ritirato dalla corsa, non avendo presentato, come prevede la legge, la lista degli assessori una settimana prima del ballottaggio. In questo caso resta in corsa solo il candidato del centrosinistra, Savona, che ha ottenuto il 26,27. Vittoria scontata, dunque? Niente affatto, perché per vincere, se c’è un solo candidato, occorre che voti la metà più uno degli elettori: prospettiva chimerica a Trapani, visto che al primo turno si era recato alle urne meno del 59%. Perché Fazio si è ritirato? L’interpretazione prevalente è che, col suo ritiro la città non possa avere un sindaco e venga dunque commissariata: si voterebbe ancora fra un anno, quando Fazio pensa di aver risolto sia i suoi difficili rapporti con altri spezzoni del centrodestra sia i suoi guai con la giustizia (è indagato per tangenti nel trasporto marittimo).
Voto politico più che amministrativo
Ma il caso di Trapani è del tutto singolare. In termini politici complessivi, il voto di domenica prossima ci potrà dire se e in che misura rimbalzeranno sul voto locale le grandi dispute nazionali. I temi della sicurezza, dell’accoglienza migranti, dello ius soli hanno influenzato il voto del primo turno, anche in aree dove, concretamente, questi temi sono meno avvertiti, ma vengono incrociati, nella percezione, comune con le debolezze del sistema economico, la persistente crisi del mercato del lavoro, la disoccupazione giovanile.
Centrosinistra in difficoltà
Renzi, malgrado la botta del 4 dicembre, insiste in una politica di chiusura verso la sinistra più radicale (o coerente), sia quella di recente uscita dal pd sia quella che si muove autonomamente (Pisapia). Questo non facilita certo gli apparentamenti. Buon per la sinistra che anche a destra, oltre al caso Trapani, non manchino fenomeni di dispersione, come a Verona (la tosiana Bisinella che sfida il leghista Sboarina), a Belluno (Lega e Forza Italia quasi contrapposte). Il centrosinistra, che partiva da una situazione di forte vantaggio (18 capoluoghi di provincia amministrati, compresi i casi “spuri” di Belluno e Cuneo, sui 26 in cui si votava) potrebbe giudicare soddisfacente un risultato che gli consentisse di aggiudicarsi la metà dei comuni in cui si vota.
Meno multe per tutti
Ma la partita più importante si gioca in Liguria. La sinistra ha perso la regione due anni fa. Oggi rischia di perdere sia Genova sia La Spezia. Due anni fa la vittoria di Toti apparve quasi un grazioso omaggio realizzato dalla divisione della sinistra. Quelle divisioni si sono riproposte anche l’11 giugno, ma appaiono meno decisive rispetto al generalizzato calo di consensi che il pd, a Genova rappresentato da Gianni Crivello, registra come esito della sua politica nazionale. Certo, nel voto genovese ha pesato (e peserà) la delusione di una amministrazione, quella di Doria, partita nel segno di una promettente discontinuità e sviluppatasi in maniera assai deludente. Ma, come il confronto diretto fra i due sfidanti – Crivello e Marco Bucci del centrodestra – temi di assoluto rilievo (come la diga foranea o il tunnel sotto il porti) hanno infiammato le tifoserie assai meno dei temi della sicurezza e dei migranti. E Bucci ha potuto berlusconeggiare impunemente, promettendo meno tasse, meno multe, agevolazioni fiscali a chi installa telecamere.
Genova: arbitri i grillini
Bucci parte con cinque abbondanti punti di vantaggio (38,80 a 33,39). Teoricamente ha già fatto il pieno dei voti della destra, secondo l’abile modello aggregativo di Toti. Mentre Crivello potrebbe contare sull’apporto di Putti (4,79). Decisivo, qui come altrove, sarà il ruolo dei grillini, ammesso che un ruolo vogliano avere. Su Genova avevano puntato molto, poi c’è stato il disastro Cassimatis (la candidata che aveva vinto le comunarie ma che Grillo ha destituito d’autorità). Il grillino ufficiale, Pirondini ha ottenuto il 18% dei consensi. Qui, come quasi ovunque, la parola d’ordine grillina è: disimpegno, nessun appoggio a nessun candidato. Ma qui come altrove l’orientamento prevalente, di fatto anche se non dichiarato, è di contrastare il candidato renziano. Di questo umore politico si è fatto non tanto ingenuamente interprete il sindaco grillino di Cattolica, Mariano Gennari, che si è pronunciato sul ballottaggio nella vicina Riccione: fra Renata Tosi (sindaco uscente di centrodestra) e Sabrina Visconti (centrosinistra) lui sceglierebbe senz’altro la prima. E sì che, per restare al caso di Riccione, alla Tosi è dovuta la chiusura anticipata della legislatura e che l’ex vicesindaco forzista Luciano Tirincanti, ha definito la Tosi “una sciagura per la città”.
Tornando a Genova, sul piano numerico si è visto che Bucci e Crivelli non sono distanti. Che faranno i grillini? Nel campo del centrosinistra non ci si fa soverchie illusioni. Renzi resta il nemico da battere. Resta da capire quanta parte dell’elettorato dei 5 Stelle, normalmente insofferente alla disciplina di partito, si sentirà di condividere la parola d’ordine strisciante o implicita.
Se cadono Genova e La Spezia…
Ragionamento analogo si potrebbe fare per La Spezia, ove il socialista Manfredini deve rimontare gli oltre sette punti che lo separano da Peracchini (32,61 a 25,07). Se si mettessero insieme tutte le liste che in qualche modo possono richiamarsi alla sinistra (Forcieri, Melley, Lombardi, Ruggia), Manfredini avrebbe quasi la vittoria in tasca. Ma, non solo non c’è stato alcun apparentamento, ma neppure indicazioni di voto, endorsement più o meno mascherati. La Spezia è la città che nel 2012 elesse al primo turno un sindaco di centrosinistra (Federici) col 59%. Oggi bisogna sperare nella reale equidistanza dei grillini (Del Turco 8,79 al primo turno) perché una cosiddetta “roccaforte rossa” non sia espugnata dalla destra.
“È chiaro che se vinciamo a Genova e alla Spezia si va a votare in autunno. Il dato politico nazionale è che se il Pd perde a Genova e alla Spezia Gentiloni salta e si vota. Questo è fuori discussione”. Sono parole di Salvini. Berlusconi non è probabilmente d’accordo, ma Grillo certamente sì.
Carrara ai 5 stelle?
Del resto, per meritarsi il voto dei grillini, la destra è prodiga di iniziative. Come a Carrara, ove il grillino De Pasquale parte da un ottimo 27,27, davanti a Zanetti (pd al 25,28), potendo contare sul dichiarato apporto di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia. Basterà, per espugnare questa storica patria dell’anarchismo? Molto dipenderà dalle liste civiche e dal comportamento dell’altra lista di sinistra, Carrara Democratica di Andrea Vannucci, che ha preso il 15,16.
…E Parma all’eretico
Altro caso emblematico è quello di Parma. Sulla carta, “l’eretico” ex grillino Pizzarotti e Scarpa del centrosinistra se la giocano quasi alla pari (34,78 a 32,93). Ma la leghista Cavandoli (19,27) è stata tranciante: “Seguo le direttive di Salvini: comunque contro Renzi”. Quindi la partita è praticamente chiusa.
A Verona la vendetta di Tosi
Salvini e la destra non possono però dimenticare che se mentre la “rossa” Liguria potrebbe cedere agli assalti della destra, il loro feudo veneto scricchiola, anche per la dimostrata incapacità dei loro amministratori di reggere il governo della città. Nel Veneto le sfide più importanti sono a Verona e a Padova. Ebbene, a Verona, il candidato leghista Sboarina, dopo un deludente 29% al primo turno, rischia grosso al secondo, perché la tosiana Bisinella (sempre centrodestra è, ma distantissimo dall’estremismo leghista) potrebbe prevalere al ballattoggi0 se al suo 23,54% si sommeranno i voti già annunciati della candidata del centrosinistra Salemi (22,48). Sboarina rischia di “sbattere”: persino CasaPound ha raccomandato di non votarlo.
A Padova la sinistra si ricompatta
Poi c’è Padova. Il disastro del leghista Bitonci (succeduto al duplice mandato del pd Zanonato) si è percepito al primo turno, quando il sindaco uscente è rimasto molto distante dalla soglia del 50% (40,25). Giordani (centrosinistra, 29,20) può contare sia su Lorenzoni (qui c’è stato l’apparentamento ufficiale), che ha ottenuto un ragguardevole 22,83, sia su alcune liste minori, come quella di Bordin. Bitonci corteggia il grillino Borile (5,2%), ma potrebbe non bastare.
Molto probabile a Belluno la conferma del “centrosinistro” atipico Massaro e ancora più scontata la conferma di Ziberna del centro destra a Gorizia: ha mancato l’elezione diretta al primo turno per soli 22 voti.
Alessandria: partita aperta
In Piemonte partita aperta ad Alessandra. La sindaca uscente, Maria Rita Rossa, è andata meno peggio del previsto: se il suo 31,94 si arricchirà del pesante 11,59 del Quarto Polo della Trifoglio (appoggio dichiarato), potrebbe ottenere un secondo mandato. Ma il leghista Cuttica (30,25) può contare sul fittiano Locci (8,22) e probabilmente di un atteggiamento benevolo del grillino Serra (12,31). Ad Asti giochi quasi fatti per Rasero, che parte da un quasi inattaccabile 47,62. Qui abbiamo un grillino al ballottaggio, Cerruti, ma quand’anche ai suoi voti si aggiungessero tutti quelli di Angela Motta (pd) si arriverebbe poco oltre il 30.
In Lombardia la Lega punta al tris
La Lombardia registrerà probabilmente un rovesciamento di forze nei tre capoluoghi che vanno al ballottaggio, tutti e tre fino a oggi governati dal centrosinistra: Como, Lodi e Monza. A Como il leghista Landriscina parte con un vantaggio di otto punti su Traglio. Decisiva la lista locale di Rapinese (22), ma è da escludere che quei voti prendano prevalentemente la direzione di sinistra. Lodi sconta l’inchiesta giudiziaria del sindaco Uggetti. La destra, divisa al primo turno fra Casanova (27,3) e Maggi (15,5), si è ricompattata al secondo turno. Scarse le chances di Gendarini (30,6). Più aperta la partita a Monza: il sindaco uscente Scanagatti ha sfiorato il 40; e il leghista Allevi lo tallona a meno di un punto. Le liste civiche sembrano più orientate su Allevi. Che faranno i grillini (Sindoni 7,64)?
Piacenza slitta a destra
Rapidamente negli altri capoluoghi. In Emilia, oltre a Parma, si vota anche a Piacenza. Qui governava il centrodestra e probabilmente governerà ancora: il pd, che puntava sull’economista Paoli Rizzi, è distante sei punti da Patrizia Barbieri, centrodestra, 34,78, che potrà probabilmente contare anche sull’apporto della lista Trespidi (13,7).
A Lucca decide CasaPound?
In Toscana a rischio entrambe le amministrazioni di centrosinistra al voto: Lucca e Pistoia. A Lucca, il sindaco uscente, Tambellini (37,4), può contare sull’appoggio insperato di Donatella Buonriposi (5,15) e forse sulla non ostilità di liste minori. Basterà per fronteggiare Santini, che, oltre al suo 35, avrà probabilmente per sé CasaPound, che a Lucca ha ottenuto un inquietante 7,58? Incertezza anche a Pistoia, dove però Bertinelli, sindaco uscente del centrosinistra ha un considerevole vantaggio su Tomasi (37,2 a 27).
L’Aquila malgrado tutto
L’Aquila, malgrado le disavventure post terremoto e i colpevoli ritardi nella ricostruzione, dovrebbe ridare al centro sinistra la guida della città. Di Benedetto (47,01) ha un vantaggio di undici punti su Biondi. Delle liste minori, almeno quella di Cimoroni sembra orientata a votare Di Benedetto.
Difficile ballottaggio ad Oristano. Per Obinu del centro sinistra recuperare otto punti a Lutzu (29,6) è impresa ardua. Ma due forti candidati minori, Pecoraro (17) e Martinez (15) non si è capito che strada prenderanno.
A Rieti, il sindaco uscente Petrangeli, centro sinistra, deve rimontare sei punti all’ex sindaco Cicchetti (47,3 a 41,6). Potrebbe avere un supporto dalla lista Calabrese (5,3), ma forse non basterà.
Taranto: decidono le liste minori
A Taranto può succedere di tutto. Liquidati al primo turno i grillini (solo 12,09 a Nevoli), tutti gli altri candidati hanno ottenuto percentuali basse. Baldassarri (centrodestra) parte dal 22,66, al quale, sulla carta non si aggiungono molti altri consensi. Per cui qualche speranza la può nutrire Melucci (centrosinistra), che ha ottenuto 17,3, ma che ha registrato l’appoggio insperato di Brandimarte (3,7) e potrà verosimilmente fruire, più del suo competitore, dei voti delle liste di Sebastio e Bitetti, che insieme sfiorano il 20. Poi c’è l’incognita Cito. Figlio d’arte, ha ottenuto al primo turno il 12,4. Che fine faranno questi voti, ammesso che vengano deposti nell’urna? Baldassarri ci conta.
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