
La FLC CGIL sostiene con convinzione le mobilitazioni del 9 maggio indette dall’Unione degli studenti. Siamo al loro fianco, per riaffermare anche noi il bisogno di riscrivere le regole fondamentali di una scuola moderna e inclusiva, che non lasci nessuno indietro. La deriva sempre più ideologica della valutazione, introducendo diseducativi meccanismi di competizione tra studenti e tra singoli istituti, ripropone antichi vizi che credevamo eliminati. Bene fanno gli studenti a scendere in piazza oggi per affermare il loro bisogno di una scuola diversa, “gratuita e di qualità”, universale, pubblica, nel senso pieno del termine di res pubblica, laica, e plurale.
Nel nostro Paese secondo alcuni la competizione fra scuole dovrebbe contribuire a risolvere le criticità emerse dalle indagini nazionali e internazionali sui livelli di apprendimento raggiunti dagli studenti, incentivando il miglioramento delle istituzioni scolastiche in termini di efficacia e di efficienza. Da qui la centralità delle informazioni che le famiglie possono ricevere per effettuare la scelta. In particolare quella sui livelli delle conoscenze e competenze ottenuti dagli studenti che frequentano quelle scuole. In questa direzione viene sempre più piegato l’Invalsi.
Nel modellino tutto funziona. Nella realtà no. Nella realtà come dimostra ciò che è accaduto e sta accadendo nei Paesi dove questa idea di scuola si è sperimentata, chi si trova nelle condizioni di operare la scelta sono i figli delle famiglie più istruite e spesso relativamente più agiate, con l’effetto più che di favorire una competizione virtuosa quello di produrre un vero e proprio rischio segregazione. Nelle scuole dei quartieri più difficili e nelle zone più disagiate si concentrano i figli di chi per ragioni culturali ed economiche non è nelle condizioni di orientare la scelta. Il punto non è quello di consentire una scelta informata ma come si fa ripartire anche nel nostro Paese quella mobilità sociale che da tempo è in crisi, come si costruiscono le condizioni per far sì che la scuola sia uno strumento di contenimento delle disuguaglianze e non un moltiplicatore. Le presunte ragioni “meritocratiche” che hanno coperto ideologicamente gli interventi sulla scuola degli ultimi anni dai tagli della Gelmini, al primitivismo della chiamata diretta, del bonus docenti e di tutto il managerialismo straccione della legge 107/15, compreso l’assurdo sistema di valutazione dei dirigenti scolastici che funge da strumento di pressione per introdurre una competizione interne alle scuole e tra le scuole producono l’effetto opposto. Alimentano le disuguaglianze costruendo una scuola che specchiandole nei fatti le moltiplica.
La scuola è costruzione di senso, è capacità di sviluppare relazioni umane, è la possibilità di offrire saperi “utili”, prima di tutto a costruire cittadinanza, è l’affermazione del “noi” come comunità di apprendimento e di insegnamento. La mobilitazione degli studenti in tante città di oggi (https://twitter.com/uds_Stude
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