La e-democracy? Uno strumento di controllo, né più né meno. Repressa la libertà di pensare, e annullata la capacità critica

La e-democracy? Uno strumento di controllo, né più né meno. Repressa la libertà di pensare, e annullata la capacità critica

Intervistato dal quotidiano di Napoli, il Mattino, Massimo Artini, parlamentare ex pentastellato, conferma molti sospetti sul tentativo della giunta Raggi di traslocare nel Comune di Roma una prassi che apparentemente recupera l’idea della democrazia diretta, ma che presenta moltissime ombre. Artini conosce il movimento grillino, e conosce bene anche cosa può celarsi dietro quel tentativo degli ex colleghi romani. Al Mattino, dunque, Artini intanto confessa che il progetto si fonda “sulla piattaforma Rousseau, ossia il software proprietario lanciato dalla Casaleggio, che di democratico e trasparente ha poco o nulla perché decidono tutto i vertici”. Massimo Artini attacca l’idea dell’amministrazione Raggi di introdurre petizioni online e voto elettronico per i referendum comunali. Rousseau, spiega Artini, “dovrebbe consentire ai cittadini non soltanto di proporre leggi e scegliere i candidati, ma soprattutto di poter verificare gli esiti delle votazioni sulla base di precise garanzie”. Ma “dopo anni di elaborazione, Rousseau è ben lontano dall’aver realizzato un vero modello di e-democracy sul web. Segno che non è la democrazia diretta, il vero obiettivo”. Il re è nudo, secondo questa interpretazione? Pare proprio di sì, perché si tratta di “una piattaforma elaborata da una società privata a fini di lucro, riservata agli iscritti del M5s. Di rivoluzionario non ha nulla, è simile a un forum che tiene conto di quanto si decide a maggioranza soltanto quando la decisione è gradita ai vertici. Lo abbiamo visto in occasione del voto per i candidati di Genova”. Artini si spinge oltre, fino a raccontare ai lettori come funziona la piattaforma quando si lanciano le proposte di legge.

“Prendiamo ad esempio la funzione Lex. L’idea propagandata è quella di consentire a tutti gli iscritti di formulare proposte di legge dal basso. Ma nella realtà si tratta di eletti M5s che lanciano la loro proposta sul forum, e chiedono ai cittadini di commentarla. E’ in pratica come dare un ‘like’ a un post su Facebook. Ma poi la sintesi di quei commenti è affidata alle scelte di pochi. Non è la stessa logica che presiede agli emendamenti in Aula, per capirci”. Insomma, non solo il re a 5stelle diventa nudo, ma si scoperchia la vera natura della piattaforma Rousseau, che non è la democrazia diretta, ben altra cosa, ma un altro, e più efficace sistema di controllo delle volontà politiche, per trarne una legittimazione apparentemente popolare, ma fondata su pochissime espressioni digitali.

Ha perciò perfettamente ragione il politologo Piero Ignazi che in un commento su Repubblica valuta i limiti e i rischi connessi alla e-democracy, che non ritiene affatto il campione della democrazia diretta. Ignazi infatti afferma che la piattaforma messa a punto dai 5stelle è decisamente astuta, perché consente “di avere in tempo reale le opinioni dei cittadini senza obbligarli ad un investimento di tempo costoso”. Il tempo dunque come fattore determinante dell’impegno politico. Infatti, con un clic, un cittadino potrebbe, al di là dello spazio e indifferentemente dal tempo, esprimere non una argomentazione, non un ragionamento analitico, non una esposizione dialettica, ma una banale espressione di “sì” o “no”, rispetto a qualcosa che altri hanno immesso. La vera differenza tra questa presunta democrazia diretta calibrata sul modello Casaleggio, e la democrazia partecipata, quella autentica, risiede dunque in ciò che Ignazi ha definito “il processo deliberativo attraverso il quale far emergere la decisione”. Se ci si riferisce al passato, citando grandi filosofi come Rousseau, vale la pena rammentare che l’ottimo pensatore francese faceva della pedagogia, ovvero della necessità di apprendere e conoscere, l’elemento centrale della deliberazione. Come diceva Marco Pannella, citando Einaudi, si delibera se si conosce. La democrazia si regge sulla diffusione del sapere, che può viaggiare su Internet, come dimostrano i siti come Wikipedia, ma che molto più utilmente può essere veicolata da chi esercita la funzione intellettuale, ovvero dai maestri, in senso lato. In ogni caso, è il dialogo diretto, vis a vis, che forma il senso critico e insegna a esprimerlo in pubblico, non un banale clic. La democrazia è fatica e richiede tempo, e spazi di discussione, ma soprattutto è relazione.

Una democrazia deliberativa dunque non è solo tecnologia, ma conoscenza, discernimento critico, dibattito intenso. E chi può dare queste caratteristiche? Solo un’umanità che sa riconoscersi per come è: corpo, mente, parola, relazioni vere. La e-democracy è una grande trappola, elaborata da chi vuole stringere i cordoni del controllo delle volontà e opprime le libertà, di pensiero e di espressione, elementi centrali della democrazia.

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