Olanda al voto legislativo mercoledì col sistema proporzionale puro. Si sfidano le due tendenze europee: partiti dell’establishment e partiti della destra radicale

Olanda al voto legislativo mercoledì col sistema proporzionale puro. Si sfidano le due tendenze europee: partiti dell’establishment e partiti della destra radicale

Mai prima d’ora le elezioni legislative generali olandesi, che avranno luogo mercoledì 15 marzo, avevano sollevato tanto interesse sui media internazionali, per l’esistenza di quello che viene considerato il “Trump olandese”, ovvero Geert Wilders, o del “Trudeau olandese” (il premier progressista canadese Justin Trudeau), ovvero Jesse Klaver. Naturalmente, i riflettori dei media sono puntati non tanto e non solo sulla politica olandese, ma sul fatto che l’Olanda potrebbe determinare la tendenza della politica europea. Sono le prime elezioni di una lunga e importante serie tra il 2017 e il 2018, dalle presidenziali francesi di aprile, al referendum sul lavoro in Italia del 28 maggio, alle legislative tedesche di settembre. Il ciclo dovrebbe concludersi con le legislative italiane e austriache dei primi mesi del 2018. Per questa ragione, al di là dello specifico contesto politico olandese, che è passato dal sistema ultra stabile del XX secolo a quello iper volatile dei primi decenni del XXI, le elezioni di mercoledì prevedono una sorta di futuro politico per l’Europa.

Il sistema elettorale olandese è il proporzionale puro. Secondo i sondaggi, dei 28 partiti in lizza nessuno potrebbe oltrepassare il 20%

Il sistema elettorale è integralmente proporzionale, con tanti vincitori e altrettanti sconfitti, come nlla migliore tradizione del voto proporzionale. Così come è costituito il panorama politico olandese, sostengono i commentatori sui media, nessun partito mercoledì potrebbe oltrepassare la soglia del 20% dei voti. Cosa significa, se le elezioni davvero dovessero come previsto? Sarebbe del tutto insignificante qualunque paura di una eventuale Nexit, l’uscita anche dell’Olanda, dalla Unione Europea. Il timore deriva dal fatto che il leader del partito antieuropeista PVV, il partito della Libertà, Wilders ha utilizzato questo argomento per tutta la campagna elettorale ed è dato in ascesa nei sondaggi. Ma se anche il PVV dovesse vincere, e non è detto, non vi sarebbe alcun sostegno alla Nexit dagli altri partiti, così come non vi è espressione maggioritaria, almeno secondo i media olandesi in lingua inglese, della popolazione olandese di un’uscita dall’eurozona.

I media internazionali hanno focalizzato lo scontro tra Rutte e Wilders, tra il popolare e il populista

Inoltre, molti mezzi internazionali di informazione, hanno sintetizzato il voto olandese come una corsa testa a testa tra il premier uscente e leader dei popolari per la libertà e la democrazia Mark Rutte e appunto il leader del PVV, della destra radicale, Wilders. Insomma, come spesso si è detto in questi mesi ovunque in Europa, la lotta tra establishment e populisti. Ora, lo stesso Rutte ha deciso di concentrare gran parte della sua campagna elettorale proprio su questa sfida, posizionandosi come l’unica speranza democratica per scongiurare la vittoria dei populisti. Ma questo genere di argomentazione si adatta molto meglio in una situazione presidenzialista, o maggioritaria, non in caso di proporzionale pura. L’Olanda elegge sul suo Parlamento, non il presidente o il premier, e per effetto del regime di monarchia costituzionale, non è detto che il leader del partito maggiore divenga automaticamente premier. Così come in Italia, anche in Olanda il governo non viene deciso dal voto popolare ma dalla fiducia del Parlamento, attraverso la costruzione di una maggioranza. Infine, stando ai sondaggi di queste ultime ore, i due partiti che si sfidano raccoglierebbero appena una somma di voti che non supera il 35%.

A poche ore dal voto il 54% degli intervistati afferma di non aver deciso se e chi votare

Altro elemento che mette sale sulla vicenda olandese è il numero impressionante di elettori ancora indecisi a poche ore dal voto secondo tutti i sondaggi: il 54% non avrebbe deciso ancora quale partito votare. Si tratta di una percentuale che può essere letta in modi diversi. L’indecisione deriva in parte dalla straordinaria abbondanza dei partiti in gara, 28, in un paese di poco più di 6 milioni di abitanti. Inoltre, pesa sul voto olandese lo scarso livello di intensità e di passione verso la politica per la gran parte della popolazione olandese. L’olandese, scrivono i media, potrebbe non essere soddisfatto dalle tante opzioni politiche e dalla frammentazione del quadro dei partiti e potrebbe essere indotto o al non voto oppure a votare un partito dichiaratamente anti-establishment, e non solo quello di Wilders.

La campagna elettorale tutta concentrata sulle tre I, immigrazione, integrazione e Islam. Ma i bisogni degli olandesi sono altri

Tra le ragioni principali della mancanza di passione politica dell’olandese medio potrebbe anche esserci la distanza, molto avvertita, tra il dibattito politico sui media e le reali necessità della sua vita quotidiana, una discrasia molto frequente in Europa. Dall’inizio del XXI secolo infatti tutte le campagne elettorali olandesi sono state dominate dalle cosiddette tre I: immigrazione, integrazione e Islam. Ed anche quest’anno la campagna elettorale lo ha confermato. Al contrario, la vita quotidiana degli olandesi è ora sottoposta a problem relativi al sistema sanitario, dalla sicurezza sociale, dal terrorismo e dalla ascesa delle tasse scolastiche. In sostanza, anche in Olanda si conferma la distanza abissale tra le elite politiche e il popolo: le prime hanno parlato quasi esclusivamente di quelle tre I, mentre gli olandesi soffrono nella loro quotidianità di diseguaglianze economiche, di un sistema dell’istruzione da riformare profondamente, di un sistema sanitario che non copre universalmente tutti i cittadini e infine per il crollo del welfare state.

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