
Undici parlamentari turchi del partito curdo Hdp sono stati arrestati perché “non si sono presentati in seguito a una convocazione della procura che chiedeva la loro testimonianza, dopo che è entrato in vigore l’emendamento costituzionale che abolisce l’immunità per alcuni parlamentari che hanno pendenze penali”. Ecco cosa si legge in una nota dell’ufficio del premier turco Binali Yildirim. La nota elenca i nomi degli 11 parlamentari arrestati e precisa che altri due per i quali è stato spiccato il mandato d’arresto, Faysal Sariyildiz e Tugba Hezer Oztyrk, si trovano all’estero. “Come si sa – si precisa ancora – coloro i quali si rifiutano di rispondere a una convocazione del procuratore che chiede la loro testimonianza in un processo e così infrangono la legge vengono arrestati in modo che possano rendere la loro testimonianza. L’emendamento costituzionale che revoca l’immunità ad alcuni membri del parlamento è passata con 376 voti all’Assemblea Nazionale lo scorso maggio, senza bisogno di un referendum”. Un tribunale turco ha poi convalidato l’arresto del capogruppo del partito filo-curdo Hdp, Idris Baluken, fermato nelle scorse ore con accuse di “terrorismo” insieme ad almeno altri 11 parlamentari, tra cui i leader Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag. Lo riportano media locali. Baluken è il primo dei deputati a essere formalmente arrestato, mentre per gli altri si attendono ancora le decisioni dei tribunali.
La reazione del partito curdo Hdp: “è la fine della democrazia in Turchia”
L’arresto di nove deputati e dei due leader del partito filocurdo Hdp, Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag, segna “la fine della democrazia” in Turchia. Lo ha dichiarato il partito, il terzo in Turchia, in una nota. “L’obiettivo di queste misure è di chiudere il terzo principale partito in Parlamento. E’ un giorno nero non soltanto per il nostro partito ma anche per tutta la Turchia e la regione perché significa la fine della democrazia”, si legge nella nota in cui l’Hdp aggiunge di non volersi arrendere a queste “politiche dittatoriali”.
L’attentato alla sede della polizia di Diyarbakir: otto morti e un centinaio di feriti
Otto morti, tra i quali sei civili e due uomini delle forze di sicurezza: è questo il bilancio ufficiale dell’esplosione avvenuta stamani a Diyarbakir, città a maggioranza curda nel sudest della Turchia. A riferire il nuovo bilancio è stato il premier Binali Yildirim, dopo che il ministro della Giustizia, Bekir Bozdag, aveva parlato di diversi “martiri” sia tra le forze di sicurezza che tra i civili. La deflagrazione, come hanno confermato dall’ufficio del governatore di Diyarbakir, ha colpito una sede della polizia nel quartiere di Baglar ed è stata provocata da un’autobomba. L’esplosione è avvenuta poche ore dopo l’arresto di parlamentari del partito filo-curdo Hdp, compresi i due copresidenti Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag. “Al momento si contano otto morti, tra i quali due poliziotti”, ha detto Yildirim parlando con i giornalisti dopo l’esplosione, precisando che ci sono sei “martiri” tra i civili, come riportano i media turchi. Il premier ha aggiunto che i feriti sono più di 100 e che un “terrorista” è morto.
La reazione dell’Occidente contro l’arbitraria carcerazione dei parlamentari curdi: il governo tedesco
Il governo tedesco considera “altamente allarmante” l’arresto di politici e deputati curdi in Turchia. Lo ha detto a Berlino il portavoce dell’esecutivo e della cancelliera Angela Merkel, Steffen Seibert, denunciando una “cesura” nel processo di riconciliazione nel paese. Seibert, oltre a riferire che “il governo federale condanna” l’attentato di Diyarbakir “nella maniera più forte”, ha ribadito che “è altamente allarmante quello che succede in Turchia” nella “limitazione della libertà di stampa e anche purtroppo nell’azione dello Stato contro politici dell’opposizione”. “Con l’arresto del presidente” dell’Hdp, Selahattin Demirtas, “è subentrata oggi una certa cesura”, ha detto ancora il portavoce aggiungendo che “deploreremmo molto” se “fosse stata posta fine” alla “politica di riconciliazione” con i curdi. “Con i nostri partner turchi, a tutti i livelli, discutiamo” sui “dubbi” nutriti da Berlino circa la legittimità degli arresti dei giornalisti del quotidiano Cumhuriyet e politici, ha riferito Seibert nella conferenza stampa trisettimanale del venerdì. “Chiediamo al governo turco” di assicurare a Demirtas, e “a tutti gli arrestati nel paese, un processo” equo e rispettoso dello “stato di diritto”. Circa altre misure oltre alla convocazione dell’incaricato di affari il portavoce ha opposto un no-comment. A proposito degli effetti di una reintroduzione della pena capitale sulle trattative per l’ingresso di Ankara all’Ue, Seibert ha ribadito che “l’introduzione della pena di morte in Turchia significherebbe la fine dei negoziati di adesione”. In ogni caso, il governo di Angela Merkel ha convocato il rappresentante del governo turco in Germania, per chiarimenti e informazioni sugli arresti dei leader e dei parlamentari curdi.
La Commissione UE preoccupata: la nota congiunta di Mogherini e Hahn. Le parole di Martin Schulz, presidente del Parlamento Europeo
L’Unione europea è “seriamente preoccupata” per la detenzione, avvenuta la scorsa notte, di diversi deputati del Partito democratico dei popoli (Hdp), con l’accusa di sostenere attività terroristiche, affermano l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, e il Commissario Ue per l’Allargamento, Johannes Hahn, in una nota congiunta. Tra gli arrestati ci sono Figen Yuksekdag e Selahattin Demirtas, “entrambi leader democraticamente eletti e nostri interlocutori di fiducia e di valore”. Questi sviluppi, prosegue la nota di Mogherini e Hahn, si aggiungono “alle preoccupazioni che abbiamo espresso dopo la revoca dell’immunità, nel maggio di quest’anno, a oltre 130 membri democraticamente eletti del parlamento. Questi (sviluppi) compromettono la democrazia parlamentare in Turchia e aggravano la situazione già molto tesa nel sudest del paese, per la quale ci può essere solo una soluzione politica”. L’Ue, ricorda la nota, “considera le azioni contro il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), elencato come organizzazione terroristica anche dall’Ue, come legittime. Al contempo – aggiungono Mogherini e Hahn – l’Ue crede che queste azioni non debbano minare mai i principi fondamentali della democrazia”. L’Ue si aspetta che “la Turchia salvaguardi la sua democrazia parlamentare, incluso il rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto, e stiamo trasmettendo queste aspettative direttamente alle autorità turche. Insieme con il Consiglio d’Europa, l’Ue continuerà a seguire e a valutare la situazione da vicino, in coordinamento costante con gli stati membri”.
A sua volta, il presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz, ha dichiarato che “le azioni messe in campo dal governo turco, con l’arresto dei vertici del partito filocurdo di opposizione Hdp, “mettono in dubbio le basi per un rapporto sostenibile tra l’Ue e la Turchia e l’impegno del governo turco stesso per i valori democratici e per le sue aspirazioni europee”. Ed ha aggiunto: “Con l’ultima serie di arresti, che sono una continuazione della repressione contro i rappresentanti eletti dell’Hdp, le autorità turche non stanno solamente spingendo la Turchia lontano dalla democrazia, ma stanno anche voltando le spalle ai valori, ai principi, alle norme e alle regole che sottendono alle relazioni Ue-Turchia”.
Le reazioni dell’Italia. Renzi preoccupato come Gentiloni. Fratoianni chiede l’immediata convocazione dell’ambasciatore
Fonti di Palazzo Chigi rendono noto che il presidente del Consiglio Matteo Renzi sta seguendo con grande preoccupazione gli eventi delle ultime ore in Turchia. Le stesse fonti ritengono inaccettabile il possibile uso politico della nuova legislazione sull’immunità parlamentare, che ha consentito l’arresto del leader e di altri 10 parlamentari del Partito Democratico del Popolo (Hdp), principale partito curdo. Il nostro ministro degli Esteri, Gentiloni, parla della vicenda turca attraverso il solito, stucchevole, tweet: si è detto “preoccupato per l’arresto stanotte” di Selahattin Demirtas e di altri dieci parlamentari del partito filocurdo Hdp. Il titolare della Farnesina scrive che “l’Italia chiede il rispetto dei diritti dell’opposizione parlamentare”. In tarda mattinata, forse ben consigliato, esprime in una nota il suo pensiero più articolato: “Condanno fermamente ogni uso politico delle recenti norme sulla revoca dell’immunità parlamentare. Il Governo italiano rinnova la propria solidarietà alle Autorità turche di fronte alla minaccia terroristica ed è vicino ai familiari delle vittime dell’attentato di questa notte a Diyarbakir. Il contrasto alle azioni del PKK non può tuttavia giustificare la negazione dei diritti delle opposizioni parlamentari”. “Nell’auspicare il pieno coinvolgimento di tutte le forze politiche presenti in Parlamento per il superamento della situazione”, il ministro Gentiloni ha definito gli arresti ”misure che rischiano di pregiudicare ogni dialogo democratico e costruttivo con la componente curda della Nazione”. Il titolare della Farnesina ha fatto infine appello alle autorità turche affinché “tutelino adeguatamente le libertà civili, democratiche e lo stato di diritto, essenziali per la prosecuzione del percorso europeo del Paese”. La posizione del governo italiano, anche alla luce di questo “articolato” comunicato del ministro, resta ancora evidentemente molto ambigua sulla Turchia. Non a caso, il coordinatore nazionale di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, chiede al governo italiano di essere più preciso ed esplicito nei confronti della Turchia: “Il ministro degli esteri italiano convochi immediatamente alla Farnesina l’ambasciatore della Turchia: è inaccettabile l’arresto dei deputati dell’Hdp, vengano rilasciati subito”. Rileviamo, con amarezza, che né le autorità esecutive della UE, né le autorità di governo italiane abbiano definito in modo così chiaro gli arresti di questa notte, e abbiano chiesto l’immediata scarcerazione. La Germania ha convocato il rappresentante del governo turco, il presidente del Parlamento europeo Schulz parla esplicitamente di repressione, Fratoinanni in Italia chiede l’immediata scarcerazione, a testimonianza che gli equilibrismi e i tatticismi nei confronti del presidente Erdogan non funzionano più, e che ormai siamo dinanzi a due modi di gestire i rapporti diplomatici con il “partner” turco. Intanto, non possiamo che constatare con amarezza l’assoluta inconsistenza politica del binomio Mogherini-Gentiloni di fronte agli eventi turchi, e della regione mediorientale. Temono forse di perdere un prezioso alleato nel contrasto ai migranti e un utile partner in affari? E per questo sono disposti a concedere qualunque “porcheria” sul piano dei diritti umani e democratici?
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