
Al secondo giorno della sua settima edizione, la Leopolda fiorentina ripropone l’immarcescibile format del riformismo renziano a favore di telecamere e taccuini. L’edizione di quest’anno incrocia i due temi più caldi dell’attualità politica nostrana: il sisma che ha colpito il Centro Italia e il referendum sulla riforma costituzionale del prossimo 4 dicembre. Messe in archivio le testimonianze sul sisma nel corso della prima serata, con la presidente della regione umbra Catiuscia Marini come principale interprete di quelle popolazioni, resta il tratto distintivo e istintivo della Leopolda renziana, ovvero la possibilità di menare colpi bassi polemici contro tutti coloro che sono fuori da quel contesto. Così, il premier, segretario del Pd e ispiratore della Leopolda (quanti titoli accorpati in una sola persona…) ha voluto fin da subito mettere in chiaro che, nonostante la necessità di fare quadrato attorno alle popolazioni colpite dal sisma, l’amore per la polemica (dal greco polemos, guerra) ha preso il sopravvento. Renzi, circondato dall’affettuoso applauso dei suoi leopoldini, ha dato inizio alla Leopolda con un concerto di insulti. Quelli del No alla riforma? “Un’accozzaglia” che va da Brunetta a Salvini a Casapound alla Cgil. Quelli che criticano la legge di stabilità? Basta con chi dice sempre e solo no, e “blocca l’Italia”. Gli avvertimenti sulla manovra e sugli artifici contabili che arrivano dalla Commissione europea? Gli euroburocrati pensino piuttosto “a mettere mano al portafogli, invece di criticare”. E infine, per tutto il resto, rileva Matto Renzi, “attendete domenica, perché mi toglierò qualche sassolino dalle scarpe”. E se gli insulti di venerdì sono solo l’antipasto, quelli di domenica balzeranno per forza sulle prime pagine di tutti i quotidiani del mondo. Da questo punto di vista, ci sembra che sia il solito Renzi, nihil sub sole novi, come recita un celebre passaggio biblico.
Detto ciò, sempre secondo quanto prescrive l’ormai collaudato format leopoldino, la seconda giornata è stata dedicata alla formazione dei 36 tavoli tematici, ad alcuni dei quali hanno partecipato addirittura i ministri, come se il Consiglio dei ministri appartenesse a quella sfera privata (la Leopolda è una iniziativa privata, ricordiamolo), e non fosse invece la terza o la quarta istituzione pubblica del Paese. Ormai in Italia non riusciamo più a scandalizzarci di nulla, ma francamente un tale concentrato di ministri e viceministri e sottosegretari alla Leopolda ci preoccupa, perché temiamo che possa trasformarsi in una sorta di accondiscendente “inchino” subalterno alla volontà del capo. Qui parliamo di ministri della Repubblica, che hanno giurato sulla Costituzione (su quella del 1948…) e dinanzi al Capo dello Stato: possiamo chiedere loro di rispettare le istituzioni repubblicane almeno nell’esercizio delle loro funzioni? Lo diciamo perché in questo fine settimana, secondo noi, stanno accadendo e accadranno eventi che hanno il potere di sconvolgere l’intero pianeta, e trastullarsi per tre giorni a Firenze (usando la Leopolda anche come dieta, secondo quanto afferma il ministro Poletti: due chili persi in due ore), non pare un comportamento istituzionalmente corretto. Sembra, questa, una critica troppo dura? No, un banale richiamo al senso di responsabilità istituzionale.
Vogliamo ricordare ai ministri seduti in prima fila alla Leopolda, che nel frattempo a due passi da noi, ad Ankara, esplode la polveriera turca, con l’arresto di leader e parlamentari del partito filocurdo Hdp, con l’arresto dei giornalisti di un giornale dell’opposizione, con l’epurazione da scuole e tribunali di dipendenti, docenti e giudici, tutti accusati di terrorismo. Vogliamo rammentare loro che è in atto un vero e proprio genocidio, ad Aleppo e nelle regioni abitate dalle popolazioni curde. Vogliamo rammentare loro, che mentre si pontifica sulle “magnifiche sorti e progressive” delle riforme già effettuate da questo governo, giungono notizie terrificanti dalle scuole di tutte le regioni italiane (circa 8 su 10 avrebbero problemi di stabilità edilizia), al punto che il Corriere della Sera scrive che la vera “Grande Opera” nazionale sarebbe quella di mettere in sicurezza gli istituti scolastici e la vita di studenti, docenti e dipendenti. Vorremmo rammentare loro che mentre alla Leopolda si lodano le riforme della Pubblica Amministrazione, i dipendenti statali attendono da quasi un decennio il rinnovo dei contratti nazionali di lavoro, mentre si sentono presi in giro dalla mancia di una trentina di euro che è stata proposta. Vorremmo umilmente rammentare loro, che mentre alla Leopolda si dicono bufale sull’incremento dei posti di lavoro a tempo indeterminato “grazie al Jobs Act”, l’uso dei voucher si avvicina ormai a quota due milioni e migliaia di giovani vengono ormai convinti a lavorare con forme di moderno schiavismo. Potremmo continuare, ad esempio con i tavoli sulle aziende in gravissime difficoltà ancora irrisolte, messi in piedi presso il Ministero dello Sviluppo economico, mentre alla Leopolda ci si pavoneggia con l’Industria 4.0, come panacea universale.
Il format della Leopolda non consente domande scomode, da quando l’ispiratore è capo del governo. Peccato.
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