
Nel 2018 il Cnel – se supererà l’ennesimo tentativo di abolizione operato da una riforma pericolosa per la sovranità popolare, nonché incomprensibile per i comuni cittadini – celebrerà i suoi sessant’anni di attività istituzionale. L’ultima prova alla quale questo piccolo organo ausiliario viene sottoposto, avviene a valle di un processo che ha comportato un’offensiva sul lavoro, con la demolizione dei diritti, delle tutele, della contrattazione e dello Stato sociale.
Già nel 2007, in qualità di rappresentanti dei lavoratori, avvertimmo l’urgenza e la necessità di formulare le nostre considerazioni sul ruolo e le prospettive del Cnel, convinti che la sua attività istituzionale possa e debba continuare a svolgersi, apportando le modifiche necessarie ad adeguare una legge ormai obsoleta (la n. 936 del 1986, che ne disciplina composizione e attribuzioni). In condizioni normali ci limiteremmo a occuparci esclusivamente delle “relazioni sindacali di luogo di lavoro”, ma la straordinarietà del momento ci spinge ad andare oltre.
Le nostre valutazioni prendono le mosse da un dato oggettivo, e cioè che negli ultimi dieci anni l’attività istituzionale del Cnel, tradotto in documenti di varia natura (progetti di legge, osservazioni e proposte, studi e indagini), ha registrato un indebolimento (mentre al contempo si irrobustiva il processo di internalizzazione dell’attività di supporto e gestionale). La causa principale è individuabile nello (e direttamente proporzionale allo) scarso interesse (quando non ostilità vera propria) suscitato nel governo e nelle Camere, che per primi avrebbero invece dovuto utilizzarlo e sostenerlo. Ignorando e anzi agendo in senso contrario agli accorati richiami alla leale collaborazione tra istituzioni più volte espressi dal capo dello Stato.
Non condividiamo la posizione che sottovaluta, o tace, la flessione della produttività e dell’efficacia del Consiglio negli ultimi anni; impostazione che difetta di prospettiva e dimostra miopia. Mai come in questo momento le intuizioni politiche alla base della fondazione del Cnel e le sue finalità istituzionali sono state così attuali e in linea con problematiche ed esigenze della società e del sistema politico. Si tratta di ipotizzare innovazioni, adeguamenti, potenziamenti e valorizzazione, non già soppressione a scopo propagandistico.
Il valore della partecipazione democratica e delle istituzioni non si riduce al loro costo. La propaganda populista non ci appartiene, ma siamo sempre stati contrari agli sprechi delle risorse dei contribuenti. Ma anche sulla trasparenza e sulla riduzione dei costi di governance e di funzionamento – ottenuta con l’impegno, mai ripagato, profuso in tale direzione dai lavoratori – non accettiamo lezioni da nessuno, i dati riportati sul sito istituzionale confermano che dal 2010 a oggi lo stanziamento per il funzionamento degli organi del Consiglio si è ridotto del 98% (da 5.261.000 euro a 120.000). Il totale generale della spesa del Consiglio nel 2010 era di 21.601.000 euro, per il 2017 la legge di bilancio ne prevede circa 7.100.000 euro (meno 68%).
Siamo inoltre fieri di appartenere all’unica istituzione della Repubblica che ha azzerato completamente il parco auto, i nostri consiglieri utilizzano da anni i mezzi propri o i servizi pubblici senza alcun compenso o rimborso spese, come la generalità delle persone comuni che lavorano. Quanti in Italia possono affermare altrettanto? Dall’inizio della crisi economica parlano tutti della necessità di sacrifici per poi salire sull’auto blu o su aerei ed elicotteri con i contrassegni della nostra amata Repubblica (e magari per propagandare il Sì al prossimo referendum).
La dotazione organica del personale è passata dalle 106 unità complessive (13 dirigenti e 93 unità di personale non dirigente) del 2004 alle attuali 75 unità, di cui 7 dirigenti (un dirigente di prima fascia e 6 di seconda fascia) e 68 di personale non dirigente (Dpcm 13 gennaio 2014, G.U. serie generale n. 94 del 23/4/2014). La forza in servizio a oggi si è ridotta a 61 unità complessive (fra le quali 4 dirigenti: un dirigente di prima fascia e 3 di seconda fascia). Una riduzione del 42,45%. Senza contare i 4 colleghi precari storici mandati a casa nel 2014, pur essendoci la possibilità di stabilizzarli. Questa infame macchia resterà per sempre sull’istituzione che reca il termine “lavoro” nel suo nome.
D’altro canto, le forze sociali che lo compongono de iure non possono sottrarsi al compito, doveroso per chiunque tenga al bene del Paese, di individuare prospettive nuove, innovare e aggiornare il ruolo e la funzione disegnati dall’Assemblea costituente. Siamo convinti che alcune centrali funzioni attribuite al Consiglio debbano mantenere un ruolo rilevante, che il dialogo tra organi costituzionali e il dialogo sociale siano dei valori. Ci appare per questo tanto più necessario dimostrare che al nostro interno esistono energie e idee utili al Paese, oltre che gli strumenti per realizzarle.
Il dibattito di questi ultimi anni ha fornito elementi preziosi, che auspichiamo con forza siano ripresi e non lasciati cadere. Siamo tutti d’accordo sulla necessità di un impegno maggiore non solo in capo a chi ha il compito di operare le scelte strategiche e imprimere una direzione all’attività del Cnel, ma anche da parte di chi collabora a tali scelte e ha la responsabilità di realizzarle con efficacia ed efficienza. Non ci sembra eludibile, anche alla luce dei progressi tecnologici dell’ultimo ventennio, un profondo cambiamento dei processi interni al Consiglio, agli organi collegiali, e alle strutture amministrative. Va garantita la comunicazione esterna delle funzioni e delle attività del Cnel e completato nel più breve tempo possibile il processo di rafforzamento delle professionalità e delle competenze esistenti all’interno.
Riteniamo necessario che su tali temi siano finalmente coinvolti e incentivati a dare il proprio contributo i lavoratori del Cnel. Ribadiamo, dopo più di dieci anni nei quali purtroppo abbiamo subito solo “attenzioni negative”, che solo perseguendo tale via, ossia individuando nuovi e attuali percorsi all’azione istituzionale del Consiglio, si renderà merito in modo onorevole ai primi (quasi) sessant’anni di attività del Cnel, nonché alle generazioni di lavoratori che ci hanno preceduto, e si getteranno solide basi per il suo futuro istituzionale.
La lettera della Cgil del 2015 in cui si dichiara il ritiro della delegazione dal CNEL
Roma, 27 luglio 2015
Oggetto: Ritiro Delegazione CGIL al Cnel.
Egregio Presidente, Egregio Sottosegretario,
il Governo, in violazione di precisi obblighi di legge, ha illegittimamente interrotto il funzionamento del CNEL, Organo di rilievo costituzionale, prima della conclusione dell’iter di riforma che prevede la cancellazione dell’art. 99 della Costituzione. La CGIL ha richiesto, inascoltata, un supplemento di discussione su come superare il CNEL garantendo alle categorie produttive un canale istituzionale di rapporto con lo Stato, in linea con l’art. 2 della Costituzione che individua nelle formazioni sociali la sede in cui ciascun cittadino può arricchire la propria personalità, e assicurando il rispetto dei Trattati dell’Unione Europea in materia di dialogo sociale.
La superficialità istituzionale dell’Esecutivo ha così prodotto due effetti paradossali: la paralisi del Consiglio e, contemporaneamente, il mantenimento a carico del bilancio pubblico di una spesa annua di circa 9 milioni di euro, destinata ad attività di mera autoamministrazione. Come suggerito nella nota inviata da CGIL, CISL e UIL alla Presidenza del Consiglio il 23 dicembre 2014 sarebbe stato, invece, necessario un intervento diretto a ridurre all’essenziale le funzioni da affidare ancora al CNEL (quelle di sostegno al dialogo sociale) e a trasferire immediatamente le altre, con Il relativo personale alle pubbliche amministrazioni competenti per materia. In questo modo si sarebbero anticipati i risparmi previsti a regime, con la conclusione dell’iter di riforma costituzionale, e create le condizioni per prefigurare un apposito Organismo, estremamente agile e funzionale, di promozione del dialogo sociale. La soppressione dell’art. 99 della Costituzione non libera, infatti, l’Italia dall’obbligo di indicare un percorso istituzionale per garantire il “dialogo sociale” ripetutamente richiamato dal Titolo X del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (articoli 151 e seguenti) e in fase di pieno rilancio da parte dell’attuale presidenza della Commissione europea, come impegno non solo delle istituzioni europee, ma anche dei singoli stati membri. Tale obbligo non appare, del resto, sfuggito neanche in sede di revisione costituzionale: il nuovo testo dell’art. 71 della Costituzione, infatti, al comma 4 recita così: “Al fine di favorire la partecipazione dei cittadini alla determinazione delle politiche pubbliche, la legge costituzionale stabilisce condizioni ed effetti di referendum popolari propositivi e di indirizzo, nonché di altre forme di consultazione, anche delle formazioni sociali”. Ci sarebbe stato perciò modo di individuare una transizione tra l’assetto costituzionale vigente e quello nuovo rispettosa dei Trattati europei e molto meno onerosa per il contribuente, costretto invece, per responsabilità del Governo, a sobbarcarsi per molto tempo ancora un onere inutile. Il Governo ha, infatti, scelto di mantenere fittiziamente in vita il CNEL senza rivederne le competenze, ma impedendone il funzionamento facendo si che, a questo punto, l’Italia sia l’unico paese dell’Unione europea a non disporre di alcun percorso istituzionale che consenta di realizzare il dialogo sociale previsto dai Trattati europei. La proroga di tale situazione, per almeno un altro anno, che si configura come un commissariamento affidato agli attuali vertici del CNEL (Presidente e Segretario Generale) che non riscuotono la fiducia delle forze sociali, è politicamente inaccettabile e giuridicamente illegittima.
Per tali motivi la CGIL, d’intesa con i suoi consiglieri presenti nell’Assemblea del CNEL, ritira la propria delegazione a far tempo dal 28 luglio 2015. La CGIL si riserva di assumere ogni iniziativa utile per il rispetto delle Leggi della Repubblica e dei Trattati europei.
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