
Il primo ministro ungherese Viktor Orbàn (nella foto al seggio) non è riuscito a convincere la maggioranza degli elettori a recarsi alle urne nel referendum sull’ospitalità di 1300 profughi decisa in sede UE dal programma obbligatorio di ridislocazione. Ha votato il 44% degli aventi diritto e il referendum è stato invalidato, naturalmente, e il 98% di coloro che hanno votato si è espresso, ovviamente, per il no all’ospitalità di “ben” 1300 profughi su terra ungherese. In realtà, il referendum aveva un chiaro segno simbolico: mandare un messaggio all’Unione europea secondo il quale Budapest e il presidente Orbàn sarebbero stati i primi a dettare nuove condizioni per la redistribuzione dei migranti e dei profughi. Ma Orbàn ha perso, e il messaggio che proviene da Budapest non è esattamente quello auspicato dal presidente ungherese, il quale sperava in una sorta di virus xenofobo che si sarebbe esteso in tutta l’Europa dell’Est. Così non è stato.
Il regime di Orbàn fa buon viso a cattiva sorte
Il presidente Orbàn ha cercato di fare buon viso a cattiva sorte, giudicando il referendum “una vittoria schiacciante delle ragioni del no”. Ha sostanzialmente capovolto l’esito, puntando su quel 98% di votanti per il no, piuttosto che sull’inutilità del referendum. E come fanno tutti i despoti, si è sentito caricato della responsabilità di andare a Bruxellex, al vertice della settimana prossima, “per garantire che il popolo ungherese non si farà costringere ad accettare sulla sua terra gente con cui non vogliamo convivere”. Il referendum non è valido, ma il despota Orbàn piega comunque a suo vantaggio, o meglio a vantaggio della posizione xenofoba, l’espressione del voto. A livello internazionale, infatti, il referendum di Orbàn era stato considerato come una sorta di plebiscito non solo sulla quota di 1300 profughi, provenienti da Grecia e Italia, da ospitare in Ungheria, ma sul ruolo dello stato nazione e sul futuro della democrazia liberale nei confini dell’Unione Europea. Orbàn si è presentato come la voce delle masse europee oppresse dai migranti, ha auspicato forme di ribellione, contro la Commissione e contro il Parlamento europeo, ha auspicato che ovunque in Europa possano affermarsi leadership forti e illiberali, che respingano l’ondata dei migranti. Il referendum era il tentativo dunque di dare sostanza a questa visione comune a tutta la destra xenofoba europea (non a caso, in Italia la Lega e in Francia i lepenisti si sono uniti nel tifo a favore di Orbàn) e lo stesso presidente ungherese aveva sperato che un’affluenza forte avrebbe generato una reazione a catena in tutto il continente. Così non è stato, gli ungheresi hanno risposto con la diserzione in massa dalle urne, nonostante la più massiccia e divisiva propaganda elettorale nella storia recente dell’Ungheria.
L’esito referendario è la dimostrazione che Orbàn è ostaggio dei partiti dell’ultradestra xenofoba
L’esito referendario rallenta, nei fatti, il successo politico di Orbàn soprattutto nell’Europa orientale, i cui leader ora si chiedono come egli possa fare la controrivoluzione culturale in Europa se non riesce neppure a condurre in porto un referendum valido nel suo paese. A Praga, a Varsavia, a Bratislava le parole del vicesegretario del partito oltranzista di destra del presidente Orbàn, Fidesz, sono suonate perfino come il tentativo disperato di aggrapparsi sugli specchi, dato il fallimento di domenica 2 ottobre. Il vicesegretario Gulyàs aveva parlato infatti di “trionfo”, di “vittoria schiacciante di tutti coloro che rifiutano le quote obbligatorie dell’Europa, e di coloro che credono che il fondamento di una forte Unione Europea non possa che essere basato su forti stati nazione”. La menzogna propagandata come verità è davvero tipica dei regimi dispotici, così come la trasformazione strumentale di una sconfitta in vittoria. È vero che il consenso al regime di Orbàn è ancora molto alto, valutato in circa tre milioni di voti, su una popolazione di 9milioni e 900mila abitanti, ma l’esito del referendum ha dimostrato che ormai il regime è sostenuto solo dai partiti xenofobi di Fidesz e Jobbik, gli stessi che ne hanno decretato il potere. Inoltre, il presidente ungherese aveva bisogno di una netta vittoria per nascondere il fallimento delle politiche economiche e sociali del suo governo. Per questa ragione, il regime è stato accusato dalle opposizioni democratiche di aver fatto uso di massicci finanziamenti pubblici alla campagna referendaria, alla propaganda su tutti i media asserviti al potere, posseduti da un’oligarchia finanziaria vicina a Orbàn.
L’Unione Europea farebbe comunque bene ad occuparsi delle pulsioni antieuropeiste
Da tutto ciò, è evidente che lo scopo di Orbàn e della destra xenofoba non era il medesimo della Brexit, dell’uscita dall’Unione europea, ma quello di incidere sul suo futuro: restare, per sovvertirla dall’interno. Anche se per dimensioni l’Ungheria non ha mai giocato un ruolo fondamentale nell’Unione Europea, oggi l’ambizione di Orbàn è quella di essere la voce leader del populismo xenofobo nell’Europa contemporanea. Il referendum di domenica 2 ottobre è stato l’ultimo tentativo di costruire un futuro xenofobo e illiberale per l’intera Europa, suscitando ovunque i peggiori sentimenti di chiusura culturale, di razzismo, di intolleranza.
Nonostante la sconfitta, Orbàn ha ancora una buona influenza sui leader dell’Europa orientale, e gode dell’indifferenza dei leader occidentali, se non tacito sostegno, per ragioni economiche. È noto l’interesse dei ricchi tedeschi di comprarsi pezzi interi di territorio ungherese, o delle aziende francesi e italiane di ridislocarsi in Ungheria. È tempo che in Europa si prenda molto più sul serio quel che accade ad Est.
- Amministrative 2021, la sinistra per Roma. Ne parliamo con Giuseppe Libutti, candidato per la lista Sinistra civica ecologista - 27 Settembre 2021
- Riprendono le pubblicazioni di Jobsnews.it. Con alcune modifiche sostanziali - 31 Gennaio 2021
- Coronavirus. 7 ottobre. 3678 nuovi casi, 31 decessi, 337 in intensiva. Il nuovo Dpcm proroga lo stato d’emergenza al 31 gennaio 2021 e impone la mascherina all’aperto - 7 Ottobre 2020