L’Africa di Renzi è una figurina, un’espressione geografica, e un continente da strumentalizzare. Eppure, bastava una telefonata alla FAO per capire

L’Africa di Renzi è una figurina, un’espressione geografica, e un continente da strumentalizzare. Eppure, bastava una telefonata alla FAO per capire

Attaher Maiga è il rappresentante della FAO (Food and Agriculture Organization) in Africa. Nel suo intervento al Forum regionale africano sull’agricoltura per lo sviluppo sostenibile a Kigali ha detto: “l’agricoltura resta la chiave della crescita economica, per la riduzione della povertà e per la sicurezza alimentare in Africa. La crescita agricola è un importante componente delle relazioni economiche della Cina con i paesi africani”. Lo scorso dicembre, la Cina promise di offrire un piano di aiuti per 60 miliardi di dollari per l’Africa, allo scopo di alimentare lo sviluppo agricolo, industriale e tecnologico. Dopo circa otto mesi, il governo cinese ha già implementato e dato corso a 10 progetti di cooperazione allo sviluppo che rafforzeranno le relazioni tra il continente e la Cina per i prossimi tre anni. Sempre il delegato FAO ha spiegato che ormai “è la Cina il partner chiave per lo sviluppo delle economie dei paesi africani, ed è impegnato a trasformare l’agricoltura in un settore moderno e dinamico. Il governo cinese ha sostenuto la crescita agricola africana attraverso molteplici attività, negli investimenti e nello sviluppo delle infrastrutture”. Il fabbisogno per sostenere lo sviluppo del continente africano, per la sola agricoltura, secondo il delegato FAO si aggira attorno ai 400 miliardi di dollari di investimenti in produzioni alimentari.

Come Renzi, anche il ministro dello Sviluppo Calenda esalta il Migration Compact

Quasi contemporaneamente, in Italia, al Forum Ambrosetti sull’energia a Cernobbio, anche il ministro Calenda parlava di Africa, seguendo il dettato del presidente del Consiglio Renzi. Il ministro ha fatto notare che guardare all’Africa per la diversificazione energetica “si sposa con un più ampio disegno” sul continente. Calenda ha ricordato che l’Italia ha presentato il piano noto come “Migration Compact” dove uno dei punti è “valorizzare e implementare le varie infrastrutture energetiche e per l’acqua nei paesi di origine delle migrazioni e transito dei migranti in cambio di una maggiore regolazione dei flussi”. Per il ministro in questo ambito l’Europa si è mossa “in clamoroso ritardo”. Calenda ha sottolineato che gli impegni diretti in merito sono circa 3 miliardi di euro, mentre quelli indiretti sono pari a circa 44 miliardi. “Diciamo che il tempo degli impegni è finito e occorre agire”, ha sottolineato il ministro. Attenzione ai numeri: Calenda parla di impegni diretti per 3 miliardi, impiegati come, dal momento che i fondi per la cooperazione allo sviluppo sono stati ridotti al lumicino, uno 0,2% del PIL (appunto, 3 miliardi, ma per tutta la cooperazione). Nella stessa giornata, e sempre sulla falsariga dettata dal premier, è intervenuto il sottosegretario Sandro Gozi, intervistato dal quotidiano della Cei Avvenire.

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gozi: siamo i più ganzi in Europa col Migration Compact

Sull’immigrazione “noi abbiamo indicato l’unica strada possibile: agire all’origine, coinvolgere i Paesi africani, avviare negoziati con i singoli Stati come indicato nel Migration compact, da tutti molto apprezzato. Ma poi nei fatti l’Europa balbetta, addirittura l’Africa non viene citata alla fine del vertice di Bratislava”, ha detto il sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi, parlando della possibilità che l’Italia debba muoversi autonomamente per affrontare l’emergenza: “Renzi sin dal primo giorno ha puntato sull’Africa. Sia lui sia Mattarella sono tornati dopo lunghi anni di assenza italiana nei Paesi sub-sahariani. Insomma, noi abbiamo posto le condizioni per avviare, come governo nazionale, strategie bilaterali efficaci ed immediate. Ma è chiaro: la nostra speranza è che l’Europa torni sé stessa e faccia quel che deve fare”. “Le risorse comunitarie – ha aggiunto – ci sono. Ci sono i fondi per la cooperazione allo sviluppo da legare molto di più a nuovi impegni sull’immigrazione, c’è ora il nuovo piano Juncker che dovrebbe muovere 30-40 miliardi di investimenti pubblici e privati. Non è un problema di soldi, almeno per iniziare una nuova strategia. Ci vuole solo determinazione e fermezza politica”. Ora, si badi alle cifre, e alle contraddizioni in due esponenti del governo, che forse non sanno bene di cosa stiano parlando, e ciò è molto grave. Calenda sostiene che da sola l’Italia potrebbe muovere la stessa cifra che Gozi attribuisce all’intera Europa. Come si esce da questo evidente squilibrio? Può sembrare banale dirlo, ma è la riprova che tutta questa grancassa sull’Africa non sia altro che una sorta di rigurgito “ideologico” per gettare fumo sull’arrosto. E l’arrosto è quella difficoltà di convincere la Germania a concedere in sede di Eurogruppo la tanto agognata flessibilità nei conti pubblici.

L’Africa di Renzi e dei suoi è solo una parola che nasconde lo stato reale delle cose e le difficoltà del governo

Perché rigurgito ideologico? Perché la FAO, come abbiamo visto, indica nella Cina, e nell’investimento diretto effettuato da Pechino di 60 miliardi di dollari, il primo vero e grande partner per lo sviluppo delle regioni africane. Non tutti sanno però che l’investimento cinese in Africa è una sorta di risarcimento per l’estrazione di metalli e minerali preziosi, soprattutto per la produzione di microchip e altri elementi utili per strumenti ad altissima tecnologia. In secondo luogo, la FAO indica in non meno di 400 miliardi dollari l’anno l’investimento minimo necessario per costituire una griglia seria di investimenti nel continente. Si tratta di una cifra che nessun paese da solo può permettersi. Questa è la sfida epocale che attende il mondo intero, e soprattutto i paesi occidentali, per il sostegno all’Africa, e non può essere lasciata ad una squallida operazione di propaganda, in cui si mistificano i dati e si strumentalizza la povertà. C’è un altro tema che la FAO correttamente pone ai governi occidentali, e che né Renzi, né il suo ministro allo Sviluppo, né il suo sottosegretario Gozi, dicono apertamente: l’Africa è un coacervo di problemi geopolitici e geostrategici. Basta un’occhiata anche superficiale alla sua mappa, qui riprodotta.

A chi dare il denaro per lo sviluppo? Che credibilità hanno stati dispotici e privi di democrazia? Vale la pena qui ricordare un monito del grande economista e premio Nobel Amartya Sen, non a caso genero di Eugenio Colorni (uno degli artefici del Manifesto di Ventotene per gli Stati Uniti d’Europa): non c’è democrazia senza sviluppo, ma non c’è sviluppo senza democrazia. La domanda vera da porre a Renzi e al suo governo è dunque: parlate di Africa, e del suo sviluppo, ma se non legate strettamente lo sviluppo alla democrazia, come riuscirete a controllare quel fiume di denaro? Si può evitare l’enorme tasso di corruzione pubblica in tanti paesi africani? E infine, perché non si parla mai di coloro che ogni giorno fanno questo lavoro, ovvero i protagonisti delle Ong, le Organizzazioni non governative? Il “migration compact” ideato da Renzi e pomposamente gonfiato dai suoi sodali al governo, e anche da alcuni mezzi di informazione, è solo un’espressione linguistica, priva di contenuti, e di rigoroso senso delle cose. È un’altra dimostrazione che questo presidente del Consiglio non è adatto a governare.

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