
Abbiamo seguito dibattiti televisivi che hanno cambiato la storia di una campagna elettorale, e di conseguenza le vicende politiche di tanti paesi. Dobbiamo riconoscere, però, che rivedendo il dibattito televisivo andato in onda nella notte italiana, non è sembrato che lo scontro tra Hillary Clinton e Donald Trump abbia avuto questa prerogativa. La corsa presidenziale televisiva americana, soprattutto per effetto delle bugie e delle trovate demagogiche di Trump, non ha suscitato un grande interesse sul piano politico. Forse perché è già noto agli americani quale sia il progetto di Paese che ciascuno dei due candidati auspica e propaganda: un paese chiuso, intollerante, xenofobo e “di nuovo grande” come sostiene Trump; un paese aperto e sicuro, ospitale e guida del progresso planetario per Hillary Clinton.
Non è un caso che secondo tutti gli analisti Hillary Clinton si sia imposta decisamente, mentre un sondaggio della CNN rivela che il 70% dei telespettatori ha gradito molto di più le risposte della ex segretario di stato. Clinton ha infatti bollato come “menzogna razzista” il tentativo di Trump di convincere gli elettori sul luogo di nascita di Obama, che secondo lui non si troverebbe negli Stati Uniti. Clinton ha definito “sessista” Trump quando ha citato il suo giudizio sprezzante sulle donne, definite “scrofe, zozze e cagne”. E sulla questione della sicurezza ha imputato a Trump il rischio di “un’altra guerra” grazie al suo temperamento irascibile, che non gli concede la possibilità di decidere con saggezza e fiducia sull’arsenale nucleare americano. Le repliche di Trump sono apparse generiche, imbarazzate, al limite del ridicolo.
Ovviamente, Trump ha insistito spesso sui temi centrali della sua campagna contro Hillary Clinton, accusandola di essere espressione dell’establishment politico di Washington e al servizio di Wall Street, una sorta di avatar dello status quo. “Lo è stata per 30 anni”, ha più volte gridato Trump, il quale ha aggiunto questa ennesima perla alle sue già dozzinali decine: “il nostro paese soffre perché gente come il segretario Clinton hanno preso pessime decisioni”. Grazie al cielo, con queste parole non riuscirà a convincere gli elettori americani di essere lui la vera alternativa a Clinton.
Sul piano del tono televisivo generale, la differenza di stile è stata notevole, e lo stile non solo fa l’uomo, come diceva Jacques Lacan, ma soprattutto il politico. Hillary Clinton è apparsa sempre calma e lucida, razionale e ferma nei suoi convincimenti. Trump ha gridato spesso, ha dato sulla parola interrompendo più volte, è stato beccato dalle telecamere a fare smorfie, contorsioni, boccacce. Infine, la serie di vere e proprie menzogne dette da Trump nel confronto televisivo, che ha fatto scatenare un’enorme polemica su tutti i quotidiani americani. Ha affermato che la Ford, grande industria automobilistica americana, progettava di trasferire in Messico la produzione di utilitarie e con essa migliaia di americani. La smentita è giunta proprio dal direttore generale della Ford. Trump ha poi detto di non aver mai accusato la Cina per il riscaldamento globale, mentre i giornali americani pubblicano spietatamente il suo tweet in cui si afferma precisamente questo. Infine, ha ripetuto molte volte di essere stato contrario alla guerra in Iraq fin dall’inizio nel 2003, affermazione sbugiardata da un’intervista di quell’anno messa in onda da un canale televisivo, nella quale invece sosteneva la guerra di Bush. D’altro canto, era stato lo stesso moderatore della NBC, Holt, a segnalare che Trump non si era mai opposto alla guerra.
Ecco infine l’elenco dei Facts checking delle cose dette da Trump pubblicato in queste ore dal New York Times, il quotidiano conservatore che però ha deciso di sostenere Hillary Clinton:
Ha mentito sul prestito che ha avuto da suo padre. Ha mentito sulla bancarotta di molte sue aziende. Ha mentito sulle indagini dell’autorità fiscale federale sui suoi conti. Ha mentito sui suoi endorsement politici. Ha mentito sulle perquisizioni. Ha mentito su New York. Ha mentito sul Michigan e l’Ohio. Ha mentito sulla Federal Reserve e sulla sua presidente Janet Yellen. Ha mentito sull’arsenale nucleare americano. Ha mentito sulla politica antiterrorismo della Nato. Ha mentito sull’Isis. Ha mentito sul debito nazionale.
Al termine dell’elenco di queste menzogne, il New York Times chiede ai suoi lettori, e a tutti gli elettori americani: “Allora, chi ha vinto il dibattito?”.
Tutti gli editorialisti dei giornali americani hanno tuttavia ammesso che Hillary Clinton ha vinto il confronto. Il Washington Post scrive: “il primo dibattito televisivo ha di nuovo provato a tutti che vi è una sola candidata adatta a diventare presidente”. Il Boston Globe: “dal primo minuto, il dibattito ci ha ricordato che non bisogna avere alcuna fiducia in Donald Trump”. E si sa, la fiducia, la parola, per gli americani conta moltissimo, come la menzogna. È un paese rimasto profondamente puritano, da questo punto di vista. Perfino Fox News, molto vicina alle posizione repubblicane, non ha nascosto il proprio imbarazzo: “Trump avrebbe potuto vincere il dibattito di questo sera. Non ne è stato capace. Una grande opportunità è stata perduta”.
Se la stampa americana, tutta, stima che la democratica Clinton ha dominato il dibattito, ciò vuol dire automaticamente aver vinto le elezioni? Difficile dirlo, per un paese in cui molto spesso ha dominato la pancia profonda, nella cosiddetta Bible Belt, la Cintura della Bibbia, dove Trump ha mietuto successi indiscutibili nella corsa delle Primarie. I primi sondaggi e i primi Focus group ci dicono che la Clinton ne esce vincente, e di gran lunga. L’edizione americana dell’Huffington Post tuttavia ammonisce e invita alla prudenza, in attesa dei prossimi sondaggi nazionali considerati più attendibili.
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