
Dopo le purghe nell’esercito è la volta della polizia in Turchia a seguito del fallito golpe di venerdì 15 luglio. In totale da venerdì sono circa 20mila le persone fermate o sospese fra polizia, dipendenti pubblici, giudici e soldati. Ai funzionari pubblici è stato inoltre imposto un divieto di espatrio. La tensione nel Paese non si placa: oggi un vice sindaco di Istanbul, Cemil Candas del distretto di Sisli, del partito d’opposizione Chp, è stato raggiunto da un colpo d’arma da fuoco alla testa, che lo ha lasciato in condizioni critiche. E intanto continua il pressing internazionale dopo l’annuncio che Ankara potrebbe reintrodurre la pena di morte: in serata il presidente Recep Tayyp Erdogan, nella prima intervista rilasciata dopo il tentato golpe, ha detto alla Cnn che se il Parlamento approverà la pena di morte lui darà il suo ok.
Le purghe: 7.500 arresti, 9mila poliziotti rimossi
Con le purghe il governo intende ripulire le istituzioni da quello che ha definito “il virus” di Fethullah Gulen, un tempo alleato del governo ma ora acerrimo nemico di Erdogan, che Ankara accusa di essere dietro al tentato golpe. Il premier ha fornito oggi un nuovo bilancio: 7.500 persone arrestate tra cui circa 6mila militari, cento poliziotti, 755 giudici e procuratori, 650 civili. Tra i militari ci sono, secondo i media, 103 generali e ammiragli, oltre all’attaché militare in Kuwait, arrestato in Arabia Saudita. Trenta governatori e 50 alti funzionari civili sono stati sollevati dai loro incarichi, così come circa 9mila poliziotti (8.777 per la precisione). L’esercito ha intanto fatto sapere che le operazioni per catturare i soldati e alti ufficiali coinvolti nel golpe proseguono, mentre pare che alcuni siano fuggiti all’estero.
Erdogan: se Parlamento approva pena di morte darò ok
La discussione è ancora aperta sulla pena di morte, dopo che il presidente Erdogan ha annunciato che sarà discussa la sua reintroduzione per punire i golpisti. In un’intervista alla Cnn, Erdogan ha detto che la reintroduzione dovrebbe avvenire per “decisione parlamentare” quindi “i leader dovrebbero riunirsi e discuterne e, se accettassero di discuterne, io come presidente approverò qualunque decisione che viene dal Parlamento”. La pena capitale è stata eliminata nel Paese nel 2004, così come richiesto per l’ingresso nell’Ue. E condanne e avvertimenti non si sono fatti attendere dai ministri degli Esteri europei, riuniti a Bruxelles. L’Alto rappresentante per la Politica estera Ue, Federica Mogherini, è stata perentoria: “Nessun Paese può diventare Stato membro se introduce la pena di morte”. Lapidaria anche Berlino: “L’introduzione della pena capitale significherebbe la fine dei negoziati” di adesione, ha detto il portavoce del governo tedesco, Steffen Seibert.
Tensione sull’estradizione di Gulen
Ma oltre al dibattito sulla pena di morte il post golpe ha portato anche un’altra conseguenza dai risvolti internazionali: la tensione fra Turchia e Stati Uniti dal momento che Ankara intende chiedere agli Usa l’estradizione di Gulen, che vive in autoesilio in Pennsylvania. Il governo turco lo accusa di essere la mente che ha orchestrato il golpe e, in parallelo, ha invitato tutti i Paesi che ospitano suoi sostenitori a consegnarli. Ma Gulen nega e il segretario di Stato americano John Kerry, a Bruxelles, ha chiesto che a sostegno della richiesta di estradizioni siano “consegnate prove, non supposizioni” o accuse”. Il premier Binali Yildirim, però, parlando in tv ha risposto che una richiesta del genere “deluderebbe Ankara” e che “l’amicizia tra i due Paesi” potrebbe esserne compromessa. A causa della tensione, il consolato Usa a Istanbul ha avvertito che potrebbero esserci proteste nella zona, chiedendo agli americani di stare lontani.
Condanne da tutto il mondo: rispettare lo stato di diritto
Condanne sono piovute dall’estero sulle ‘purghe’. Da Bruxelles, Mogherini e molti ministri europei hanno chiesto il rispetto dello stato di diritto e dell’ordine costituzionale. Si è unito al coro Kerry, che ha ribadito il sostegno degli Usa e promesso aiuto nell’individuare i responsabili, ma chiesto a Erdogan di mantenere la calma e la stabilità nel Paese. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha sottolineato che la “reazione deve tener conto dello stato di diritto”. Mentre il governo ha detto di essere in possesso di liste che dettagliano chi i golpisti volessero nei vari ministeri o a capo delle forze armate, Erdogan ha ordinato che i jet da combattimento continuino a pattugliare i cieli di Istanbul e Ankara, ordinando loro di abbattere gli elicotteri militari se si alzeranno in volo. Quei mezzi sono stati usati per tentare il golpe. E nella capitale, un uomo armato ha aperto il fuoco fuori dal tribunale mentre all’interno 27 generali accusati del golpe comparivano in aula. In Grecia, invece, è stato aggiornato a giovedì il processo agli otto militari turchi che sono fuggiti oltre confine con un elicottero militare, chiedendo asilo politico. Sono stati accusati di ingresso illegale nel Paese, mentre Ankara ha chiesto ad Atene di estradarli. È invece giallo sulla presunta confessione dell’ex capo dell’aviazione turca, Akin Ozturk. Secondo l’agenzia di stampa di Stato turca Anadolu, ha confessato di avere contribuito alla preparazione del golpe fallito. Ma due emittenti private, Haberturk e Ntv, citando la testimonianza di Ozturk davanti ai procuratori, forniscono la versione opposta riportando che l’ex capo della aviazione non ha confessato di avere giocato un ruolo nel colpo di Stato.
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