
Una volta l’associazione dei giovani imprenditori di Confindustria era più aperta di quanto non lo fossero i loro padri. Questi rampolli di famiglie facoltose avviati all’attività imprenditoriale non per meriti ma per eredità mostravano curiosità per un mondo da loro poco conosciuto, promuovevano confronti, dibattiti. Certo sempre padroni erano, ma “illuminati”. O perlomeno sembravano. La svolta, se così si può chiamare, avviene gradualmente, si manifesta in modo molto chiaro nel 2014 quando diventa presidente Marco Gay, un torinese che inizia la sua attività nell’ azienda metalmeccanica di famiglia. Il primo atto che compie è un inno a Renzi Matteo. Tutto il suo percorso da presidente dei giovani imprenditori è segnato da questa “vicinanza” non solo generazionale ma politica con il premier tanto da diventare un superfalco in una Confindustria che sempre più ha assunto posizioni di collateralismo nei confronti del governo. Ora con l’avvento a presidente di Confindustria di Vincenzo Boccia, legato mani e piedi a Federmeccanica, l’organizzazione capofila dei falchi, Gay si trova a suo agio, come dimostra la relazione tenuta al convegno di Santa Margherita ligure, tradizionale appuntamento dei giovani imprenditori. Non ha fatto altro che accentuare il collateralismo fra governo e Confindustria. Il “giovane” sostiene una singolare teoria che non fa parte del vocabolario della democrazia. Pensa che nel passato gli imprenditori non sono stati trattati bene dai governi. Non hanno avuto la considerazione che meritano malgrado siano gli “alleati” dei governi. In Renzi hanno visto colui che può rendere merito agli imprenditori. E lui, ovviamente, tiene un rapporto privilegiato con questo mondo mentre ignora i sindacati, non può proprio sopportare i dirigenti sindacali primi fra tutti quelli della Cgil.
La relazione del presidente dei “giovani”. Un mix di corporativismo, spunti reazionari
La relazione di Gay è un misto di corporativismo, con spunti reazionari, al tempo stesso una indicazione della strada che il governo deve percorrere. Riferendosi alla situazione economica usa una metafora: “Se in tanti hanno paragonato questi anni di crisi a una guerra, oggi – dice – forse possiamo dire che la guerra è finita, ma la pace è tutta da costruire”. Ed ecco l’elogio a Renzi: “Tuttavia i giovani imprenditori intercettano segnali positivi perché sta crollando il muro della stagnazione economica, sociale e politica”. Non è difficile trovare l’analogia con la “rottamazione” del premier. Non è un caso che fra i passi avanti segnali la riforma che ha cancellato “l’articolo 18” ed affermi: “Solo qualche anno fa ci sarebbe sembrato impossibile”. Già che c’è chiede di cancellare l’articolo 18 anche per la pubblica amministrazione e va avanti fino ad una affermazione reazionaria: “Via una scuola che non si alterna con il lavoro ma con gli scioperi”. Poi il referendum sulla riforma costituzionale “occasione che non possiamo perdere”. Attacca le minoranze del Pd quando sostiene in piena consonanza con il segretario del Democratici che “oggi non è il tempo di chi pensa di trasformare una riforma in un congresso di partito”, è “il tempo di andare avanti. I prossimi quattro mesi non si possono trasformare in campagna elettorale infinita che tiene in ostaggio i provvedimenti per le imprese, il lavoro, i giovani. Lasciate che siano i cittadini a decidere”. Non basta.
Una mano al premier. Elezioni, in gioco la leadership dell’Italia nel mondo
Offre un’ancora al premier il quale continua ad affermare che le elezioni amministrative hanno solo valore locale. Sa bene che non è così, ma cerca di mettere al sicuro la sua posizione e quella del Pd in chiara difficoltà per l’esito del primo turno elettorale. Ci pensano loro, i giovani imprenditori a toglierlo dalle ambasce. Gay afferma: “Con le elezioni comunali è in gioco la leadership dell’Italia nel mondo”. Un avviso agli imprenditori a non fare scherzi.
Giornata nera per i mercati finanziari di tutto il mondo. Europa in testa
Non avevamo pensato, nella nostra ignoranza, che il problema per noi, l’Europa, il mondo fosse la leadership di Renzi. Proprio mentre il giovane imprenditore faceva propaganda per conto di Renzi, in Europa si stava preparando un giornata nera per le Borse che precipitano verso il basso. Sui mercati prevale la paura per quanto potrà accadere se la Gran Bretagna esce dall’Unione europea. I listini europei in questo caso potrebbero perdere fino al 24%. I dati parlano chiaro: Parigi cede il 2,2%, Londra l’1,9%, mentre Francoforte perde il 2,3%. Piazza Affari affonda e perde il 3,6% sotto il peso delle banche. Male anche Wall Street: quando i mercati europei si avvicinano alla chiusura, il Dow Jones cede lo 0,4%, mentre il Nasdaq arretra dello 0,9%, l’S&P 500 dello 0,6%.
Ancora un bluff sull’aumento della produzione industriale
Ancora qualche riferimento al giovane Gay. Mentre parla arriva l’Istat, l’ente di soccorso del governo, con alcuni dati sulla produzione industriale che confermerebbero la bontà delle iniziative degli imprenditori e del governo. Nei confronti dell’anno passato vi sarebbe un aumento dell’1,8%, 0,5 ad aprile rispetto a marzo. Quasi un niente. Certo meglio che niente. Ma c’è il trucco. “Si tratta di dati aggiornati”, dice Istat. Cioè tanti giorni lavorati nei mesi del 2015 e tanti nel 2016. Se invece si guarda ai dati “grezzi” la produzione industriale diminuisce dello 0.3%. Una differenza così netta, dal più al meno, lascia forti sospetti.
Poletti: “Ho tolto dal divano un milione di giovani”. Ora bisogna trovargli un lavoro
Basta così? No, la ciliegina sulla torta ce la mette Giuliano Poletti, il ministro del Lavoro, complice il bollettino “La Repubblica” on line. Leggiamo un titolo in cui il ministro afferma che ha “tolto dal divano un milione di giovani”. Bravo viene da dire, hai trovato lavoro ai giovani. Non è così. Dice Poletti che li ha tolti dal divano e ora “cerchiamo le imprese che diano loro lavoro”. In realtà si tratta dei giovani che si sono iscritti al Programma lavoro, con non funziona. “400 mila – afferma il ministro – hanno detto che vogliono fare qualcosa”. Lo stesso Poletti dice che pensava di fare il ministro per il lavoro, invece lo è per la disoccupazione. Se lo dice lui.
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