
“In questi giorni, in alcune città, la questura ha posto un rifiuto alla nostra comunicazione di utilizzo, nei giorni 16 e 17 aprile, degli spazi pubblici per la raccolta di firme, sostenendo che in quei giorni, caratterizzati dal voto anti trivelle, occorresse mantenere il silenzio elettorale. Tale decisione è immotivata in quanto la legge fa riferimento alla interruzione di tutte le forme di propaganda ma non mette assolutamente in mora le iniziative costituzionalmente garantite, come quella rappresentata dalla raccolta di firme per l’indizione di un referendum popolare». È netta la presa di posizione del comitato promotore del referendum abrogativo di alcune parti della legge elettorale cosiddetta Italicum. Comitato che, per non lasciare senza risposta una presa di posizione che appare, questa sì, “pretestuosa”, ha predisposto una serie di contromisure per consentire la raccolta delle firme nel weekend in cui si vota per il referendum “trivelle” (anche in considerazione del fatto che tra referendum ed elezioni amministrative vorrebbe dire sottrarre giorni preziosi ad una raccolta di firme che deve concludersi entro tre mesi).
La prima contromisura è una lettera da inviare alla Questura locale, nella quale, comunicando l’utilizzo di suolo pubblico, si fa presente tra l’altro che l’eventuale negazione “sostenuta con la necessità di mantenere il silenzio elettorale è immotivata in quanto la legge che lo prevede fa riferimento alla interruzione di tutte le forme di propaganda ma non mette assolutamente in mora le iniziative costituzionalmente garantite, come quella rappresentata dalla raccolta di firme per l’indizione di un referendum popolare”. La tesi è sostenuta anche da un parere “pro-veritate” predisposto dal professore Alessandro Pace, emerito di diritto costituzionale nonché presidente del comitato del no nel referendum contro la riforma costituzionale (di cui a breve inizierà la raccolta delle firme). Secondo Pace, “risulta assolutamente pacifica, da un lato, la legittimità dell’occupazione dei predetti spazi, e, dall’altro lato, l’impossibilità che la raccolta delle firme possa ritenersi espressione di propaganda – diretta o anche solo indiretta – delle votazioni che si terranno il 17 aprile”. È altrettanto indubbio per il professor Pace che “la norma intende vietare le manifestazioni di vera e propria propaganda e per giunta, tra di esse, soltanto quelle che possano turbare o alterare la votazione in corso, perché aventi ad oggetto temi coincidenti con quelli sottoposti a scrutinio elettorale”. In conclusione, “è dirimente, nella fattispecie, la diversità e la disomogeneità di oggetto tra la votazione del 17 aprile 2016, relativa alla nota questione delle trivellazioni petrolifere costiere, e la raccolta delle firme per il referendum relativo alle disposizioni del cosiddetto Italicum”.
La seconda contromisura – qualora anche dopo la lettera, la Questura insistesse nella propria posizione – riguarda il ricorso al Tar, già predisposto dall’avvocato Pietro Adami.
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