
Dal corrispondente a Berlino.
Mercoledì 23 settembre Martin Winterkorn si è dimesso dalla carica di presidente del consiglio d’amministrazione del Gruppo Volkswagen, come reazione alle notizie relative alla manipolazione dei dati delle emissioni di ossidi d’azoto rilevate negli Stati Uniti. Due giorni dopo arriva il nuovo presidente. Vengono rispettati tutti i pronostici che davano per favorito alla successione Matthias Müller, attuale presidente della Porsche (la vera e propria casa automobilistica, e non la società per azioni) che, a suo tempo, fu il pupillo dello stesso Winterkorn. Ma i guai anche da punto di vista della immagine, la velocità con cui si è arrivati alla scelta del nuovo presidente, del resto gran favorito, non sono certo risolti. A partire proprio dal gesto di
Winterkorn che ha rovesciato le sue prime intenzioni di rimanere a capo dell’azienda automobilistica – dichiarandosi al contempo totalmente estraneo al recente scandalo – perché la sua decisione di mercoledì non significa assolutamente una sua definitiva uscita dai giochi.
I diversi volti di Winterkorn che ricopre ancora ruoli di rilievo nel gruppo
Infatti Martin Winterkorn non ricopriva soltanto la carica di presidente, ma deteneva – e detiene tutt’ora – diversi ruoli di rilievo nella Volkswagen AG. Oltre alla direzione del consiglio di sicurezza della Audi (uno dei marchi di proprietà della Volkswagen AG), Winterkorn è soprattutto il presidente del consiglio d’amministrazione della Porsche SE, la società per azioni che detiene la quota di maggioranza del gruppo di Wolfsburg – le restanti sono riconducibili al Land della Bassa Sassonia, con una compartecipazione del 20%, alla Quatar Holding LLC con il 17%, e a diversi piccoli azionisti con un totale del 12,3%.
Quest’ultima carica, oltre a garantire a Martin Winterkorn un notevole potere decisionale all’interno dell’azienda, nonostante le dimissioni, lo renderebbe – paradossalmente – anche il capo degli ispettori interni della Volkswagen, che avranno il compito di chiarire sulla truffa delle emissioni. Tuttavia, se lo Spiegel-Online adombrava l’intenzione di Winterkorn di mantenere tale ruolo, dalla stessa Porsche SE sono giunte esplicite dichiarazioni in senso contrario: l’ex presidente della Volkswagen AG deve lasciare tutte le posizioni di rilievo nell’azienda, non da ultimo proprio per il conflitto di interessi che andrebbe a crearsi riguardo alle indagini interne sulle manipolazione dei dati sulle emissioni.
La lotta per l’investitura, perché prevale il presidente di Porsche
Il favorito per la successione alla presidenza del consiglio d’amministrazione della Volkswagen AG era Matthias Müller, attuale presidente della Porsche (la vera e propria casa automobilistica, e non la società per azioni) che, a suo tempo, fu il pupillo dello stesso Winterkorn. Il nome di Müller, infatti, raccoglieva il favore degli azionisti di maggioranza del gruppo – segnatamente identificabili con la famiglia Porsche-Piëch – e, cosa ancor più significativa, non aveva troppi nemici all’interno. Già da diverso tempo il sessantaduenne Matthias Müller era in lista per una prossima scalata ai vertici della Volkswagen AG e si dava per scontata la sua nomina, anche se esistevano altri candidati papabili – come Hans Dieter Pötsch, membro del consiglio d’amministrazione e, da novembre, designato alla presidenza del consiglio di sicurezza del gruppo, oppure Winfried Vahland, attualmente a capo della Skoda (anch’essa di proprietà della Volkswagen AG).
Con le proporzioni dello scandalo in quotidiano aumento – si parla adesso di tre milioni di veicoli coinvolti nella stessa Germania, a cui sarebbero da aggiungere probabilmente anche i transporter – e la possibilità che questo si estenda anche agli altri marchi del Gruppo Volkswagen, perfino le teste più insospettabili potrebbero cadere da un momento all’altro. Le inchieste che stanno prendendo avvio in Europa e nel mondo, ciò che emergerà,riscriveranno la storia e il futuro della grande casa automobilistica. E non solo.
Lo scandalo delle emissioni, vecchie ferite, aspro scontro ai vertici
Non va inoltre dimenticato che l’emergere della truffa sulle emissioni di ossidi d’azoto ha investito la Volkswagen AG in un momento di particolare fragilità, non certo dal punto di vista economico, ma da quello organizzativo e dirigenziale. Nella seconda metà d’aprile, infatti, si era prodotto un aspro scontro ai vertici tra Martin Winterkorn e Ferdinand K. Piëch – allora presidente del consiglio di sorveglianza, nonché azionista di maggioranza del gruppo – il cui esito erano state le dimissioni di Piëch da ogni carica detenuta. Da allora il consiglio di sicurezza della Volkswagen AG, il massimo organo dell’azienda, era stato affidato a un commissario che, per la prima volta nella storia della grande industria tedesca (e forse non solo tedesca), veniva indicato in Berthold Huber, un leader della IG-Metall, il sindacato dei metalmeccanici tedeschi.
I due eventi sono ovviamente sconnessi tra loro, e quest’ultimo può forse solo spiegare la volontà, da parte di Piëch, di approfittare dello scandalo per sbarazzarsi definitivamente di Winterkorn. In ogni caso, la situazione all’interno del colosso automobilistico di Wolfsburg rimane decisamente precaria: la ricomposizione degli equilibri di potere interni si accompagnerà necessariamente al terremoto provocato dallo scandalo proprio mentre sono da attendersi nuove e più violenti scosse.
- Nicola Bassoni. Coronavirus e Coronabond. Uno scontro tra Italia e Germania per il destino dell’Europa? - 2 Aprile 2020
- Nicola Bassoni. La rottura di un tabù tedesco. Si dimette il nuovo presidente dei ministri della Turingia eletto con i voti dell’AfD - 8 Febbraio 2020
- Germania. Elezioni in Turingia. Vittoria della Linke e successo dell’AfD. Crollano i partiti dellaGroße Koalition - 28 Ottobre 2019