Colosseo. L’attacco ai lavoratori, una canea reazionaria. In prima fila Repubblica. Il suo editore: bravo Renzi, basta con gli ideali

Colosseo. L’attacco ai lavoratori, una canea reazionaria. In prima fila Repubblica. Il suo editore: bravo Renzi, basta con gli ideali

Una canea reazionaria, non c’è altro modo di definire l’assalto alla diligenza, lavoratori e sindacato, rei di aver convocato nel rispetto delle leggi, una assemblea in orario di lavoro, esercitando un diritto garantito dalla Costituzione che ha comportato, ovviamente un’apertura ritardata di Colosseo, Foro romano, Anfiteatro Flavio, Terme di Diocleziano e Ostia antica. E giù ingiurie, attacchi isterici contro Cgil, Cisl, Uil. Altre assemblee si sono svolte in diverse città italiane, hanno creato qualche disagio ai turisti, ma non hanno attirato l’attenzione come quella romana, una cavia ad uso e consumo del governo, di Renzi e Franceschini, che puntavano a colpire con il diritto di sciopero anche quello di assemblea. I media si sono dimenticati che è aperta una vertenza nazionale che riguarda fra l’altro il mancato pagamento da quasi un anno, di indennità che costituiscono salario e il rinnovo del contratto di lavoro. In tutto il settore del pubblico impiego da più di sei anni la contrattazione è bloccata, come dovrebbe essere noto ai cronisti.  Si è pronunciata anche la Corte Costituzionale “invitando” il governo al rinnovo. Il blocco afferma la Consulta “è illegittimo”. Siamo in presenza di una vertenza sindacale che riguarda le condizioni di lavoro e di vita di migliaia di lavoratori. Il governo non risponde, rinvia, media. Avranno o no il diritto i lavoratori a riunirsi in assemblea, discutere, organizzare la lotta? Oppure prevale il diritto dei turisti rispetto a quello dei dipendenti, delle famiglie che di salario vivono?

I media solo ora scoprono quanto sia importante la cultura per il nostro paese

Carta stampata, radio, tv, hanno scoperto solo ora quanto sia importante per l’economia del nostro paese, la cultura. In realtà non gliene importa niente, come al governo, da sempre. Nei bilanci dello Stato è quasi una intrusa, comunque una cenerentola. Però porta soldi, il cosiddetto “turismo culturale”. Insomma ci vuole il caso clamoroso, quando non c’è lo si crea, come sta accadendo attorno alla “vicenda Colosseo”.  Due ore per tenere l’assemblea e non si venga a dire che si è creata confusione nella indicazione dell’orario di apertura. I turisti, salvo alcuni casi, sapevano che l’apertura sarebbe avvenuta alle ore 11. Se ci sono stati disguidi i sindacati non portano alcuna responsabilità.

Le lotte dei lavoratori nei più importanti musei del mondo, scioperi, assemblee, manifestazioni

I nostri colleghi fingono di non sapere che in tutto il mondo ci sono assemblee, scioperi, promossi dai sindacati, senza drammi nazionali, senza “casi Colosseo”. Uno dei musei più importanti al mondo, la National Gallery di Londra, con circa sei milioni di visitatori, ha chiuso i battenti una cinquantina di volte.  Da mesi i dipendenti protestano contro la privatizzazione, settanta giorni di agitazione sindacale. Oltre il 60% delle stanze e delle opere d’arte impedito ai turisti. Sempre nei mesi scorsi ha chiuso perfino la Torre Eiffel. Ancora, scioperi di recente dei dipendenti del Louvre, dell’Alhambra, del National Museum of Scotland, addirittura senza preavviso. Capolavori della pittura, “La vergine delle rocce” di Leonardo da Vinci o “L’autoritratto” di Rembrandt, i “Girasoli” di Van Gogh e quadri di  Canaletto diventati invisibili per i turisti di tutto il mondo. Nella storia si ricorda che nel 1999 rimase chiuso una settimana il famosissimo Musée d’Orsay: non poterono entrare centomila visitatori. Si potrebbe continuare. Non risultano decreti, interventi dei governi tesi a limitare la libertà di sciopero.

Renzi Matteo si sintonizza sulle leggi contro le libertà sindacali di Cameron

Solo qualche giorno fa è stato il leader inglese, il  conservatore Cameron, che tanto piace a Renzi Matteo, a emanare leggi liberticide. Da noi il ministro Franceschini ha fatto finta di ignorare che le Rsu, le rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro, avevano indetto due ore di assemblea. Lo sapeva bene, e sapeva che tutto era regolare, le assemblee erano state autorizzate regolarmente. Tanto che aveva già messo per scritto il decreto dettato dal ministro Alfano su testo suggerito dal noto Sacconi. E lo ha portato addirittura al Presidente della Repubblica.

Suona la grancassa un giornalismo straccione, una campagna violenta contro sindacati e lavoratori

Tutto questo ha scatenato la grancassa di un giornalismo straccione, una campagna di inaudita violenza contro i lavoratori, i sindacati, il diritto di assemblee, il diritto di sciopero, un inno al decreto. Uno che scrive sul Messaggero raggiunge l’apice della mala informazione. Si chiama Giuliano Da Empoli, è stato assessore al Comune di Firenze con Renzi sindaco. Il tizio in questione scrive che si è trattato di “uno sciopero selvaggio”, parla di “scene di ordinaria barbarie”.  Il Messaggero si presta a questa operazione quando a tutti dovrebbe essere noto che si  è trattato di una assemblea in orario di lavoro, due ore, pienamente autorizzate. La “barbarie”, nel caso, è il giornale che ospita un ribaltamento della realtà dei fatti.

Renzi: “Sindacalisti che sono contro l’Italia”. Già sentito, parole mussoliniane

Leggendo le cronache viene il disgusto. Franceschini, una specie di eroe, Renzi diventa un gigante. Bene, bravo, anche se con ritardo, i giornalisti cortigiani inneggiano a questa frase pronunciata dal premier che ricorda i proclami di Mussolini, il Minculpop. “Non lasceremo la cultura ostaggio di quei sindacalisti che sono contro l’Italia”. Il riferimento a Cgil, Cisl, Uil non è sottinteso, una offesa bruciante, indegna del segretario di un partito che fa parte del socialismo europeo e pretende di essere un grande  statista. Sappiamo come andò a finire, con i libri bruciati, le opere d’arte devastate dalle camicie nere.

Il Merlo di Repubblica, tanto livore, parla di “capricci delle corporazioni sindacali”

Non è un caso che Repubblica mobiliti la penna d’oro Francesco Merlo. E si prenda la palma d’oro della disinformatia. Fa sfoggio di cultura e attacca: “Accanto al paradosso di Zenone sulla tartaruga più veloce di Achille da ieri  è entrato nella storia della filosofia anche il paradosso del Colosseo dove la chiusura non è chiusura, ma apertura ritardata. Questa perifrasi in sindacalese da bacheca – prosegue il giornalista colto – questo trucco retorico tra litote ed eufemismo non è solo la spia della vergogna che impedisce agli stessi sindacati di chiamare sciopero lo sciopero e chiusura la chiusura”.Il Merlo evidentemente ignora, nel suo livore antisindacale, che oltre allo sciopero i lavoratori hanno anche diritto a tenere assemblee in orario di lavoro. Un diritto che si sono conquistati. Anche nelle redazioni dei giornali esiste questo diritto. Pensiamo che lui stesso lo abbia esercitato. Forse non gli serve.

A colloquio con i centurioni: “semo tutti lavoratori, se dovemo difende insieme”

Poi racconta la disastrosa situazione cui hanno cercato di porre rimedio i finti centurioni. L’enfasi si fa tragicomica. Scrive il nostro: “Soltanto loro, quelli con la scopa in testa, svolgevano una forma surrogata di servizio pubblico. Bisogna vedere con quanta passione rassicuravano i turisti, li distraevano, ne contenevano la rabbia” ed altre sciocchezze. Noi non abbiamo assistito a scene così drammatiche. “Semo tutti lavoratori” ci ha detto qualcuno di loro, se dovemo difende, li conosciamo ‘sti lavoratori, i soldi fanno comodo a tutti. “Se è vero che non glieli danno, che ponno fa, se battono”. Già, questo è il punto. Chiediamo a Merlo e ai tanti “merli”che parlano di “barbarie”, che ingiuriano lavoratori di questo importante settore, intanto di dichiarare i loro stipendi, perché a pancia piena si ragiona meglio.

Ai colleghi  una domanda: se l’editore non ti paga, non ti rinnova il contratto, che fai?

E poi una domanda: se l’editore per cui lavori per un anno non ti pagasse festività, notturno, straordinario, se per sei anni non ti rinnovasse il contratto che faresti? Lo stipendio di chi lavora in questo settore, anche giovani, laureati, con tanto di master, in media si aggira sui 1200 euro netti al mese. Ma da novembre del 2014 una parte del salario non viene corrisposta. Riguarda la reperibilità notturna, i festivi, i superfestivi, le aperture straordinarie, circa 200 euro al mese non ancora corrisposte. Ad oggi quasi 4000 euro lordi. Verrebbe da dire che  a garantire il “diritto dei turisti” che tanto sta a cuore a   Renzi, Franceschini, a giornalisti colti e non, sono proprio i lavoratori, con i soldi che a loro sono dovuti. Ma sentite cosa pensa il colto Merlo. “Nei musei si è rifugiato come in una tana quel corporativismo che è l’eterna tentazione italiana che dalle Gilde medievali passò per il sindacalismo delle leghe operaie, artigiane e contadine rosse e bianche, socialiste e cattoliche prima, per quello fascista dopo e infine comunista”. Merita, questa analisi che vorrebbe essere colta una sola parola, vergogna.

De Benedetti: il premier interpreta al meglio il nuovo. Né di destra né di sinistra

Post scriptum. Più volte ci siamo chiesti perché Repubblica quando parla di sindacati, Cgil in particolare, vede rosso, ne racconta di cotte e di crude, fino a falsificare i dati sul tesseramento come è stato denunciato dalla recente Conferenza di organizzazione del sindacato di Corso d’Italia. Perché, ci siamo chiesti nei retroscena, nelle notizie economiche si sente odor di renzismo? La risposta ci è venuta per via traversa, da una intervista rilasciata da Carlo de Benedetti, imprenditore ed editore del gruppo L’Espresso di cui Repubblica è il quotidiano di riferimento, rilasciata al direttore del Foglio, rilanciata da Huffington Post, gruppo L’Espresso. Non poteva scrivere un articolo su Repubblica? Forse aveva il timore di “segnarlo” politicamente. Ne riportiamo qualche brano che spiega il neorenzismo del quotidiano fondato da EugenioScalfari. L’ingegnere scrive che “gli elettori oggi si sentono rappresentati solo da chi riesce a interessarsi al singolo individuo, alla sua vita. Ma una politica che vuole intercettare la modernità deve rendersi conto che trincerarsi nel passato significa disinteressarsi del presente. E quando si rincorrono ideali che non ci sono più, è evidente che si fa fatica anche a rincorrere un elettore”. Per questo la sinistra sarebbe in difficoltà. Allora il rimedio? Dice De Benedetti: “Renzi è figlio della modernità ed è espressione delle novità. Non è né destra né sinistra, a mio modo di vedere, è un politico nuovo che non so se avrà successo ma che ha interpretato meglio di chiunque altro questo tratto del presente: concentrarsi più sugli interessi delle persone che sui loro ideali. E lo ha fatto, Renzi, anche attraverso nuove forme di aggregazione direi per certi versi totalmente blasfeme per la sinistra”. Tutto chiaro. Non c’è bisogno di commenti per spiegare il giornalismo colto di alcuni autorevoli editorialisti del giornale di De Benedetti.

Share

Leave a Reply