
Il premio Nobel per l’Economia, Joseph Stiglitz, parlando domenica a Londra, ha detto di non essere affatto sorpreso della candidatura di Jeremy Corbyn a leader dei laburisti, dopo la disfatta di Ed Miliband alle elezioni dello scorso 7 maggio. Nella corsa alla nuova segreteria del Labour, Corbyn si è rivelato il candidato della sinistra anti-austerità, contrapposto a ben tre quarantenni di tradizione blairiana, ovviamente molto più moderati, e molto più vicini alle politiche conservatrici dell’attuale premier Tory David Cameron. Il messaggio che Stiglitz ha voluto lanciare da Londra a tutta la Sinistra europea è che ormai al suo interno, all’interno stesso dei grandi partiti storici, sta verificandosi una frattura ideologica e politica sul terreno dell’austerità, considerato dal grande economista il vero spartiacque, ormai, che divide la destra internazionale dalla sinistra internazionale. È una lezione che vale anche per l’Italia.
Secondo Stiglitz, infatti, l’emergere in Gran Bretagna di una personalità forte delle battaglie contro l’austerità, come Jeremy Corbyn, è analoga all’emergere in Spagna e in Grecia, di Podemos e Syriza, con la sola differenza che questi ultimi sono partiti nati contro le scelte dei socialisti. Mentre in Gran Bretagna, Francia e Italia la questione dell’austerità sta frantumando i grandi contenitori della sinistra storica. Stiglitz ha osservato che il grande paradigma resta quello dei privilegi: accusa il blairismo, ad esempio, di non aver combattuto fino in fondo i privilegi dei più ricchi, tanto che quando è arrivata la crisi, l’effetto devastante si è concentrato sui ceti medi e sui poveri, non certo sui ricchi, diventati sempre più ricchi. Sembra risuonare, nelle parole di Stiglitz, l’analisi che Norberto Bobbio consegnò nel 1994 su destra e sinistra, quando appunto parlò esplicitamente della conservazione dei privilegi come discriminante per stabilire la differenza sostanziale tra destra e sinistra. Insomma, afferma Stiglitz, le promesse del New Labour, del blairismo (modello di riferimento di tanti premier europei, compreso il nostro), e dei clintoniani sono fallite.
Inoltre, e meritoriamente, Stiglitz affronta la questione generazionale. Corbyn, sostiene Stiglitz, incanta le generazioni più giovani e le trascina nella battaglia politica, come prima hanno fatto Iglesias con Podemos e Tsipras con Syriza, perché i giovani non possono più pensare ad un futuro della società in cui la politica sostiene privilegi medievali. “Non mi sorprende”, ha detto Stiglitz al folto pubblico londinese, composto per lo più da ventenni, al Dover Street Art Club, “che vi sia una richiesta di un forte movimento contro l’austerità, che deriva dalla grande paura della disuguaglianza. Sfortunatamente, i partiti di centro-sinistra si sono rammolliti. Si sono trovati tutti d’accordo nell’affermare ‘certo, dobbiamo produrre una versione più gentile dell’austerità, una versione più tenue’. Tuttavia, uno dei fallimenti dell’eurozona, e dell’Unione europea in generale, è che si celebrano le elezioni, i partiti di centro-sinistra vincono ma devono crollare nelle mani della Germania, e per questo si costringono alla retorica dell’austerità più morbida, i cui esiti non sono affatto morbidi”.
Stiglitz sfata un altro mito, ovvero che le misure dettate dall’austerità siano efficaci. Dagli anni ’80 ad oggi, dice l’economista, i progressi economici effettuati con queste politiche non sono stati superiori al 10%. “Il restante 90% dell’economia”, rivela Stiglitz, “ha visto la stagnazione per un terzo del secolo e tendenze analoghe sono in gioco altrove. È molto duro dover riconoscere che questi partiti di centro-sinistra – e l’enfasi va sul centro – non sono stati capaci di risollevare la maggioranza delle popolazioni. I loro modelli economici non hanno prodotto sollievo e il loro messaggio non funziona. Per questo non mi sorprende il fatto che, ad esempio negli Stati Uniti, i progressisti sostenitori delle politiche contrarie all’austerità abbiano alzato la voce nel Partito democratico”.
E a proposito di Europa, Stiglitz ha ribadito che il modello di moneta unica non è stato un successo e che non vi è stato nulla di più divisivo della gestione della crisi del debito greco. “Si avverte l’antipatia tra tedeschi e greci”, ha detto Stiglitz, “molti credono che questa vicenda giocherà un ruolo importante anche nel referendum in Gran Bretagna, e che la gente si chiederà ‘ma davvero dobbiamo far parte di questo club?’, quando voterà”. E a questo punto ha lanciato la sua ricetta, sulla quale si può non essere d’accordo, ma non si può dire che non sia fondata né sostenuta da ragioni sostanziali: “per salvare il progetto politico europeo occorre lasciare andare l’euro. Non solo vi sono prove di assenza di solidarietà, di totale ambiguità su ciò che è la solidarietà, ma non si può sostenere un gruppo di paesi con le stesse strutture economiche senza qualche grado di solidarietà”. L’ultimo accordo sul debito greco e le politiche di austerità imposte alla Grecia dai leader europei e dal Fondo Monetario Internazionale sono destinati a fallire, secondo Stiglitz. “I vecchi e i giovani saranno colpiti duramente dal programma della troika, e, curiosamente, né vecchi né giovani sono rappresentati al tavolo dei negoziati. C’è la strana sensazione che i negoziatori non ascoltino la voce della gente che sta per essere colpita”.
Infine, Stiglitz ha voluto ricordare che “l’impatto più generale dell’austerità è molto più considerato e consapevole al di fuori della Germania. Dappertutto si considera l’austerità come una scelta politica pessima. Credo che abbiano ragione. Non meravigliatevi dunque se in base a questo sentimento fortissimo, la gente dice di voler combattere l’austerità”.
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