Con la fiducia sull’Italicum, Renzi realizza il suo “sogno” antidemocratico del bipartitismo. Chi lo fermerà?

Con la fiducia sull’Italicum, Renzi realizza il suo “sogno” antidemocratico del bipartitismo. Chi lo fermerà?

Ha ragione Ezio Mauro, direttore di Repubblica, quando sostiene che aver posto la questione di fiducia sulla legge elettorale, l’Italicum, è stata una “prova di debolezza” da parte di Matteo Renzi, premier e segretario del Partito democratico. Perché? Perché, al di là delle considerazioni di merito su quella che appare una pessima legge elettorale, con enormi problemi di costituzionalità – già segnalati da un appello di noti giuristi e costituzionalisti -, vi è una sapida questione di metodo politico, che confina con l’identità stessa del Pd. L’elezione di Sergio Mattarella a presidente della Repubblica aveva fatto pensare che Renzi stesse seguendo un preciso profilo di razionalità politica, teso a identificare il Pd come centro coalizionale del sistema democratico. L’ampia maggioranza con cui era stato eletto Mattarella segnalava l’esistenza di un metodo razionale, di una dialettica politica, di aperture che avevano portato a convergere su un nome, uno stile di governo dei processi. Ora, con la questione di fiducia si torna indietro, e di parecchio. Renzi pare aver scelto il passo del gambero, rispetto a quel metodo politicamente razionale e privo di forzature.

Cosa accadrà d’ora in poi? Intanto, la questione di fiducia è stata posta sugli articoli 1, 2 e 4 della legge elettorale. In una lettera al direttore de La Stampa, lo stesso Matteo Renzi difende la sua creatura, sostenendo però una tesi che non si era mai affacciata prima nel nostro dibattito politico: sostanzialmente, dice Renzi a La Stampa, questo sistema elettorale, a doppio turno e con premio di maggioranza, ma con capilista bloccati e preferenze, può condurre alla trasformazione del sistema politico da bipolare a bipartitico. “Il mio sogno”, scrive Renzi, “è che in Italia si sfidino due partiti sul modello americano, Democratici e Repubblicani”. Se è questo il progetto renziano, una tendenziale riduzione delle voci, delle tradizioni, delle storie politiche nazionali in due enormi contenitori, che si chiamino partiti, allora vuol dire che è assolutamente la deriva sostanzialmente neoautoritaria di questo segretario. Aggiungiamo a questa valutazione il fatto che quando egli fu eletto segretario, nel suo programma si leggeva di “credere nel bipolarismo”, che è cosa molto diversa dal bipartitismo. Se questa lettura è corretta, se il progetto di Renzi è questo sistema politico ridotto a due partiti, si comprende non solo la sua fretta nel far approvare l’Italicum, ma anche l’aver posto la questione di fiducia, che ora non è solo sul governo e su una legge elettorale, ma soprattutto su un preciso, chiaro e definitivo progetto politico. L’imposizione di Renzi, la vera novità, non risiede nel merito dell’Italicum, ma nelle intenzionalità politiche che reggono la legge, nel suo intreccio col nuovo sistema istituzionale che emerge dalle riforme della Costituzione. In breve, una sola Camera elettiva, un Senato privo di poteri, ma espressione delle lobby politiche territoriali, una legge elettorale che condurrà a concentrare il consenso su due partiti, l’esaltazione dirigistica delle nuove e più larghe funzioni concesse all’Esecutivo, sono gli elementi, ahinoi, in fase di realizzazione del progetto ordoliberista, al quale Renzi sta lavorando da tempo.

Quando la ministra Boschi ha annunciato la questione di fiducia alla Camera, dalle opposizioni è partita una vera e propria ondata di sdegno. Sel ha lanciato “crisantemi per la morte della democrazia”, un’idea provocatoria venuta al capogruppo Arturo Scotto. Forza Italia e Movimento 5 Stelle hanno gridato al golpe. In enorme difficoltà la minoranza di sinistra del Partito democratico, che nei giorni precedenti annunciava che sulla fiducia avrebbe fatto le barricate, proprio perché, come diceva Roberto Speranza, si sarebbe trattato di una “violenza al Parlamento”. Ora questa violenza c’è stata. A notte fonda, la minoranza del Partito democratico ha deciso di non votare la fiducia e di lasciare liberi i deputati di votare secondo coscienza sull’Italicum. Ci permettiamo di dire che non abbiamo compreso questa posizione: se è violenza e vilipendio del Parlamento, se la fiducia imposta sulla legge elettorale mette in pericolo la democrazia – come ha ripetuto lo stesso Bersani – non basta uscire dall’Aula di Montecitorio, occorre votare contro, dare un segnale al Paese chiaro, e non ambiguo. Le battaglie politiche si possono perdere, o vincere, ma bisogna farle, e a viso aperto. La tattica attendista di Roberto Speranza non ha dato frutti. Matteo Renzi ha dimostrato di sapere cosa fare, dal suo punto di vista, e come volerlo fare. Nella lettera alla Stampa ha perfino esaltato la “legge truffa” di De Gasperi, citando Moro, ma evitando di dire che dietro vi era il peggior nemico della democrazia repubblicana, quel ministro Scelba che tanti morti ha lasciato sull’asfalto (dagli operai di Modena ai compagni di Reggio Emilia e di Genova). Ora, il punto politico che si apre dinanzi a noi è il seguente: quanto spazio sapremo prendere nel dibattito pubblico per una riorganizzazione della Sinistra, che così rischia ormai di morire nella palude della democrazia renziana.

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