Bersani a muso duro contro Marchionne e Renzi. Vogliono far arretrare l’Italia di un secolo

Bersani a muso duro contro Marchionne e Renzi. Vogliono far arretrare l’Italia di un secolo

Questa volta Pierluigi Bersani sceglie i social network per attaccare frontalmente ideologia e politica di Matteo Renzi. In un post, secco e puntuale, sulla sua pagina ufficiale di Facebook, l’ex segretario del Partito democratico, lega i progetti dell’ad della FCA Marchionne alle recenti uscite americane, molto imbarazzanti, del premier. “Il progetto di Marchionne per il contratto FCA è una novità non da poco”, scrive Bersani, “Ho sempre sostenuto che la vera sfida del Jobs act avrebbe dovuto essere l’impostazione, nel rapporto tra capitale e lavoro di un nuovo equilibrio fra decentramento, rappresentanza e partecipazione. Si è fatto altro”. Il sottotesto non è di facilissima lettura, ma proviamo a decifrarlo, evitando naturalmente una sorta di “esegesi” del testo di Bersani.  Cominciamo da Marchionne e dal suo progetto di redistribuzione presunta dei bonus per i lavoratori. In realtà, si tratta di un ricatto antisindacale: voi la smettete di rompere le scatole con la contrattazione nazionale e con le rivendicazioni salariali, ovvero, la smettete di sostenere i sindacati in azienda, io vi premio con un bonus sul salario qualora le prestazioni dell’azienda lo consentano. Il modello americano di relazioni industriali, sostiene in una intervista Marchionne, mette fine a quella odiosa “contrapposizione tra capitale e lavoro”, che John Elkann si affretta a definire l’alba di una nuova era. Questo nuovo piano è stato sostenuto da Renzi, da Poletti, dalla Guidi? Non lo sappiamo. Ma certo, possiamo presumere, come esattamente fa Bersani, che i decreti delegato del Jobs Act abbiano giocato a favore, creando un clima e un contesto in cui il lavoro vale sempre meno, i diritti sindacali vengono definitivamente negati, e la contrattazione viene sostituita dalla ottocentesca magnanimità del padrone. In sostanza, il conflitto tra capitale e lavoro si riduce nell’annullamento del lavoratore a tutto vantaggio (fiscale) del capitale. Nel piano Marchionne si legge FCA, ma si scrive Jobs Act.

La denuncia di Bersani pare finalmente in coerenza con le posizioni contrarie a Marchionne espresse da Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, e da Maurizio Landini, leader della Fiom. I due esponenti del sindacato di Corso d’Italia sono stati gli unici, nel coro acritico di stampa, certa politica e parte del sindacato, a cogliere il portato ideologico del piano Marchionne, la sua manifesta intenzionalità di spostare il conflitto all’interno stesso del mondo del lavoro, e non più contro il capitale. Per questo Bersani parla esplicitamente di un nuovo equilibrio tra “decentramento, rappresentanza e partecipazione”. L’ex segretario del Pd non lo scrive, ma lo pensa, evidentemente: il tentativo di portare il conflitto tra lavoratori modifica i rapporti di forza. E quando ciò accade, “c’è il rischio”, scrive Bersani, “di una pericolosa disarticolazione del sistema”. L’analisi di Bersani è corretta, centra la questione e svela l’ideologia che sottintende sia la novità di Marchionne che quanto è contenuto nei decreti delegati del Jobs Act. E solleva la grande questione dei nostri tempi sul conflitto tra capitale e lavoro e sul senso stesso della presenza del sindacato nelle aziende. Si aggiunga a tutto ciò la “disarticolazione” dettata dallo “spontaneismo” capitalistico che nega la contrattazione e il suo valore, e si avrà la prefigurazione di un futuro non molto lontano in cui l’Italia potrebbe somigliare molto più all’Arkansas che alla Germania. E infatti, aggiunge Bersani nel post, “chi pensa sia meglio somigliare nei rapporti sociali agli Stati Uniti piuttosto che alla Germania non ha capito come è fatta l’Italia”. E questa stilettata è proprio per Renzi, che nel suo viaggio americano ha elogiato gli USA e ha parlato di un’Italia del merito. “L’America di Obama è il modello per uscire dalla crisi”, aveva detto ripetutamente Renzi a Washington, “l’eurozona deve seguirlo”. Ora però l’Europa ha modelli decisamente differenti, sul piano della soluzione del conflitto tra capitale e lavoro, con quelli americani. L’Europa, e in particolare per effetto delle lotte dei lavoratori, è il continente che ha inventato il welfare, e la Germania socialdemocratica è la nazione in cui le relazioni industriali sono state impostate in virtù della cosiddetta “mitbestimmung”, cioè, appunto, e come sostiene Bersani, della rappresentanza decisiva e della partecipazione fondamentale dei lavoratori al processo non solo produttivo ma decisionale in azienda. Negli Stati Uniti, come in Canada, e in parte dell’America Latina, il modello delle relazioni industriali ha un’altra storia, antitetica a quella europea. Si vogliono riscrivere le regole del lavoro sotto dettatura americana di Marchionne? Evidentemente sì. Lo pensa Bersani, lo pensa la Cgil, lo pensa la Fiom, finalmente lo pensa la sinistra italica, che attorno alla grande questione del lavoro e del suo conflitto col capitale potrebbe trovare una nuova e più avanzata unità.

Tra l’altro, va anche aggiunto che le preoccupazioni sulla qualità del lavoro e sulla dignità dei lavoratori sono state espresse anche da papa Francesco (che non è comunista, come è ampiamente noto) nell’incontro ufficiale col presidente della Repubblica Sergio Mattarella. In un passaggio di grande interesse, il pontefice che viene dall’Argentina, ha detto: “tra i diversi beni necessari allo sviluppo di ogni collettività, il lavoro si distingue per il suo legame con la stessa dignità delle persone, con la possibilità di costruire un’esistenza dignitosa e libera. In special modo, la carenza di lavoro per i giovani diventa un grido di dolore che interpella i pubblici poteri, le organizzazioni intermedie, gli imprenditori privati e la comunità ecclesiale, perché si compia ogni sforzo per porvi rimedio, dando alla soluzione di questo problema la giusta priorità. Nella disponibilità del lavoro risiede infatti la stessa disponibilità di dignità e di futuro. Per un’ordinata crescita della società è indispensabile che le giovani generazioni, tramite il lavoro, abbiano la possibilità di progettare con serenità il loro futuro, affrancandosi dalla precarietà e dal rischio di cedere a ingannevoli e pericolose tentazioni. Tutti coloro che detengono posizioni di speciale responsabilità hanno perciò il compito primario di affrontare con coraggio, creatività e generosità questo problema”. Come si vede, esiste una singolare sintonia tra la valutazione di papa Francesco sul valore del lavoro come dignità della persona, e le affermazioni, sia pure molto sintetiche di Bersani. Entrambi rifiutano l’ideologia dello sfruttamento, che invece la nuova FCA di Marchionne pare introdurre (il benefit al lavoratore è l’espressione più alta dello sfruttamento, va da sé), e sollevano la questione del lavoro come libertà. Ma la libertà dei lavoratori non può fare a meno della solidarietà tra loro, della capacità di mettersi assieme e gestire in maniera solidale e concertata il loro futuro. Non era questo il senso della Mitbestimmung della socialdemocrazia tedesca?

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