
La cena. Mitica. La politica, quella sporca, l’inciucio, si fa a cena. L’elezione del Capo dello Stato fa incassare ristoranti e pizzerie. Con l’immancabile Bruno Vespa che espone grandi cartelloni con i nomi degli “aspiranti” e presenta il Quirinale, l’appartamento dove hanno vissuto Napolitano e Clio, ricostruzioni in cartapesta. Uno spettacolo nel segno del degrado politico, morale, culturale che sta vivendo il nostro Paese. Tutto si gioca fuori dal Parlamento, la trasparenza, il sale della democrazia, non fa neppure capolino. E chi dà le carte non è Renzi ma Berlusconi che “non accetterà mai un presidente che sia un seguito di tre presidenti di sinistra che hanno portato questo paese a questa situazione non democratica”. Un’offesa al Pd, un’accusa infamante a Napolitano. Il premier non lo difende, tace, non risponde. Ci pensa la Immancabile Serracchiani, vice segretaria del Pd: “Senza Berlusconi non si può eleggere il nuovo presidente della Repubblica. Credo che non si potrebbe e dovrebbe fare mai senza alcuna forza politica. I numeri sono abbastanza chiari. Anche tenuto conto che dopo il quarto scrutinio c’è una maggioranza assoluta, in ogni caso servono dei numeri importanti, anche per legittimare il prossimo presidente”. Tradotto: senza i voti di Berlusconi, pregiudicato, in attesa di altri processi, il prossimo presidente non sarebbe “legittimato”. Incredibile.
Bersani: perché aspettare la quarta votazione? Fassina: andare oltre il Patto del Nazareno
Dice polemicamente Bersani: “Se c’è la volontà di arrivare a una intesa con tutti, che sia con tutti, perché aspettare la quarta votazione e lasciar perdere la prima, la seconda e la terza?”. La risposta sta nella stessa domanda che l’ex segretario si fa: perché alla quarta votazione si passa alla maggioranza assoluta e con i voti del pregiudicato si può eleggere il capo dello Stato. Non ci sta Stefano Fassina : “Dovremo esplorare con disponibilità vera la possibilità di andare oltre il patto del Nazareno. Mi preoccupa, invece, un atteggiamento per il quale avendo acquisito il consenso di Berlusconi, si ignorano forze politiche importanti”. Rivolto a Renzi, ripropone la dichiarazione di Bersani: “Mi preoccupa il fatto che il premier consideri perse le prime tre votazioni già da adesso, perché vuol dire che non è interessato a costruire una convergenza ampia e questo è un problema”.
La “carta segreta” del premier di chiama Visco, Bankitalia. Lo sanno tutti
Al giorno in cui le Camere si riuniranno in seduta congiunta mancano due settimane. Ne vedremo delle belle, anzi delle brutte. C’è sempre un peggio. Ci si domanda perché la fiducia dei cittadini nelle istituzioni, nei partiti, non raggiunga le due cifre. La risposta eccola qua, in questa campagna elettorale che durerà. I mezzi di informazione ci mettono il loro peggio , danno una mano in una operazione di colossale “disinformatia”. Vanno a caccia delle “carte segrete” di Matteo Renzi, ogni giornale si accredita l’esclusiva, lo scoop. Poi scopri che la “carta segreta” di Renzi la conoscono tutti, a partire dai bar della Camere e del Senato. Si chiama Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia.
La grande tavolata degli ex democristiani del Pd
Ma è la mitica cena a tenere banco. Le varie “anime” del Pd occupano tavolini nei ristoranti con vista Pantheon, nei pressi di Fontana di Trevi. Fitto riunisce i suoi, li mette a tavola in alcuni ristorantini, li tallona. Sempre nel Pd, Luca Lotti si riunisce con Lorenzo Guerini e Ettore Rosato, braccio destro di Franceschini. Sembrano carbonari cui chiediamo scusa per il paragone. Gli ex democristiani del Pd, che nel partito occupano quasi tutte le cariche, tornano ai vecchi tempi. È sempre Guerini, vicesegretario dei Dem, già uomo di Forlani, l’ufficiale di collegamento. Sono più di cinquanta, con Graziano Delrio, il sottosegretario di Renzi, una sera, in ristorante. Immancabile l’inossidabile Beppe Fioroni: i loro candidati sarebbero Mattarella, Veltroni, Castagnetti. In un altro ristorante, un po’ più sciccoso, un bistrot, si riuniscono i “turchi” o ex, come pare, con la partecipazione del ministro Orlando. Uno di loro rilascia una dichiarazione geniale: “Per noi l’importante è eleggere un presidente, non c’è una discriminante tra un cattolico o un laico”. Sembra di ascoltare dal Rigoletto la romanza “questa o quella per me pari sono”. D’Alema i suoi li riunisce nella sede della Fondazione Italianieuropei.
I possibili candidati Dem sotto controllo del “Giglio magico”
Ma non è finita qui. Si racconta che nel “giglio magico”, nella segreteria del Pd, a ciascun componente Renzi ha affidato un compito, il controllo dei possibili candidati, i quaranta di cui si parla. A Delrio è toccato fare la guardia agli emiliani Prodi e Castagnetti. La Boschi farà da balia alla Severino e la Finocchiaro. La Madia ogni giorno è a contatto con il con il figlio di Mattarella, capo legislativo del suo dicastero. Il sindaco di Firenze è una specie di ufficiale di collegamento: i addetto a tenere i rapporti con Amato. Renzi Matteo pensa agli ex segretari del Pd visto che afferma: “Tutti i miei predecessori si sentono candidati in pectore per il Quirinale”. In segreteria, hanno ribadito che il presidente della Repubblica deve essere uno di “grande livello”, “ competente”, “noto in campo internazionale”. Hanno scoperto l’acqua calda. Qualcuno pensa che possa essere uno di basso livello, ignorante, ignoto? Poi i segretari si dedicano a scoprire chi porta in alto Veltroni. Lo stesso Renzi si chiede come è potuto accadere. Non la prende bene. Secondo gli 007 renziani la colpa sarebbe di Massimo D’Alema, uno scherzaccio per colpire il suo “nemico”. A fronte di questa “repubblica“ la prima aveva più dignità.
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