
Il cardinale Angelo Bagnasco, genovese, presidente della Conferenza episcopale italiana ha aperto oggi i lavori della 67esima Assemblea dei vescovi italiani, dedicata al senso dell’essere un sacerdote nell’epoca contemporanea. Tema assai delicato e sensibile, dal momento che la crisi delle vocazioni ha svuotato i seminari (ormai i nuovi seminaristi hanno la pelle di colore, oppure provengono dall’Estremo Oriente e dai paesi del Baltico) e i ricorrenti scandali dei preti pedofili hanno allontanato moltissimi fedeli dalle parrocchie. È di questi giorni, ad esempio, la decisione dell’Episcopato americano di “razionalizzare” le parrocchie, proprio per carenza di sacerdoti. In Italia non sembra andare meglio. Moltissime parrocchie sono rette da sacerdoti in età ormai avanzata, e se non fosse per i nuovi sacerdoti non italiani avrebbero chiuso da tempo. Finalmente, dopo le rigorose riforme curiali – ivi compresa quella delicatissima delle finanze vaticane – adottate da papa Francesco, anche la Chiesa italiana s’interroga sul destino del sacerdozio. Lo stesso papa Francesco, nel suo saluto ai vescovi italiani, ha messo il dito nella piaga dei “preti clericali”, il cui “comportamento rischia di allontanare la gente dal Signore”, e dei preti “funzionari”, o burocrati, che “cercano lontano da lui la consolazione”. Essere sacerdoti oggi è davvero molto molto difficile, soprattutto nell’epoca della secolarizzazione, ed è un bene che la Chiesa italiana s’interroghi senza ipocrisie. E questo interrogarsi, in realtà, interessa tutti, credenti e non credenti. Perchè il sacerdote è consapevole di saper interpretare qualcosa di molto complicato, che Bagnasco definisce “alfabeto umano”. E quando la Chiesa interviene per esaltare l’alfabeto umano, ecco che anche il discorso dei vescovi diventa “rivoluzionario”.
Secondo il cardinal Bagnasco, infatti, quando finì la seconda guerra mondiale, “c’era un tessuto connettivo del paese e da quello partivano le legittime differenze, che però non impedivano di intendersi sui principi fondamentali. Ma oggi?”. A questo punto, parte l’attacco frontale contro l’attuale “mondo politico”, che però va letto come un attacco contro gli attuali “cattolici impegnati in politica”, come si dice dai pulpiti. Ecco come prosegue Bagnasco nella sua durissima requisitoria (che a questo punto pare scritta più da Camusso e da Landini che da un vescovo di Santa Romana Chiesa – e la cosa non ci dispiace affatto): “Non ci sono macerie di case da ricostruire, sembrano esserci invece le macerie dell’alfabeto umano. Per questo, per poter rispondere doverosamente al ‘che cosa fare?’ è necessario chiederci chi siamo, che cosa vogliamo essere. Potremmo dire che bisogna rifondare la politica, rimettere a fuoco che cosa vuol dire stare insieme, lavorare insieme per essere che cosa. Non è un esercizio astratto, ma la premessa di ogni urgente dover fare”. Il cardinal Bagnasco striglia soprattutto “i suoi” con una cogente, stringente, decisiva domanda di senso della politica. Quel che dice Bagnasco lo condividiamo: l’ideologia del fare senza un progetto non solo è inutile, ma perfino dannosa. Il progetto è scritto con le lettere dell’alfabeto umano. I nomi e i cognomi dei suoi interlocutori sono evidenti a chiunque lo legga. Ma non è ancora finita. Ecco come prosegue e conclude: “occorre ragionare non solo in termini di finanza, ma innanzitutto di produzione e sviluppo assicurando che il patrimonio industriale e professionale di riconosciuta eccellenza possa rimanere ancorato in casa nostra”. E dopo aver segnalato che nel mondo contemporaneo sta facendosi largo la malattia del nichilismo, lancia con forza la domanda: “Che cosa sarà di tanti giovani? Quali vie li attendono se sono costretti a rimanere ai bordi di una società che sembra rifiutarli?”. Come si vede, un’ultima, tostissima, domanda di senso.
Non sappiamo dire se questa requisitoria di Angelo Bagnasco possa essere il frutto di quanto hanno seminato tre papi stranieri in Vaticano, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. Certo, la svolta è evidente, e le domande di senso, così fragorose, lo dimostrano. I vescovi italiani discutono apertamento di una comunità italiana in fase di profonda disgregazione, colpita da una politica che ha smarrito senso e direzione, e che ha innalzato l’ideologia del fare senza progetto a pensiero dominante. Noi abbiamo capito la lezione e la rilanciamo da queste pagine. A Palazzo Chigi e in Parlamento e nelle sedi dei partiti che dichiarano simpatie verso il cattolicesimo verrà capita?
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