
In una giornata che già si era manifestata in tutta la sua negatività, con le valutazioni sul sistema Italia da parte della Bce, il pomeriggio consegna al Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, una fine giornata pieno di riflessioni da fare. Le Regioni, infatti, hanno posto lo stop ai possibili tagli sul fronte incandescente dei tagli alla sanità. A parlare, per tutti i Governatori, è stato Sergio Chiamparino, Presidente del Piemonte che è andato giù duro sul Governo e sulle sue ‘attenzioni’ rivolte alla spesa sanitaria: “Con il Governo abbiamo siglato in agosto un patto d’onore sulla sanità: se si rompe viene meno il rapporto di fiducia e collaborazione”. Poi nel dettaglio del problema: “A inizio agosto abbiamo firmato un patto d’onore col Governo con il Patto per la salute che ci ha impegnato, entro il 31 dicembre, a scrivere piani di riordino dei servizi sanitari e ha previsto un fondo da 109 miliardi di euro, con un aumento di circa 2 miliardi e mezzo in più l’anno in più per il 2015 e il 2016 per finanziare il servizio sanitario nazionale. Se si rompe questo patto d’onore si rompe anche il rapporto di fiducia e collaborazione che noi invece vorremmo proseguire”. Per rendere ancor più stringente il giudizio nel merito delle Regioni, Chiamparino ha preso carta e penna ed ha inviato una missiva al ministro della Sanità, Beatrice Lorenzin, lettera in cui ha chiesto di mantenere le somme e gli impegni pattuiti, chiedendo contemporaneamente un incontro immediato con il Governo. Se Chiamparino cerca di farsi mediatore, pur essendo parte in causa, non è sulle stessa posizioni il Presidente della Regione Veneto Zaia che alza le barricate incarnando le posizioni del suo partito di riferimento, la Lega nord, che in questo ultimo periodo, con la segreteria del pasdaran Matteo Salvini: “Provino a tagliare un solo euro alla sanità veneta e mi troveranno personalmente steso di traverso sulla strada che vogliono percorrere di distruzione della sanità in Italia, in particolare dove, come in Veneto, ogni euro risparmiabile è già stato risparmiato senza aspettare i superesperti di turno. Qui da noi ridurre ancora la spesa equivarrebbe inevitabilmente a tagliare l’assistenza agli utenti. Ci pensino bene, prima che possa mettersi in moto una vera rivolta”. Viste le reazioni, per il Presidente del Consiglio, costretto a far di conto con conti pubblici fuori controllo, mancati aumenti alle filiere dei dipendenti pubblici e tagli, non solo alla sanità, ma a tutti gli altri ministeri, la strada sembra sempre più in salita. Ed accanto a tutto questo Renzi è chiamato a convivere con un partito, il suo, sempre più in fibrillazione. Il rinvio alla prossima settimana della Direzione che dovrà poi dare disco verde alla nuova Segreteria unitaria, è un segnale di incertezza e nella migliore delle ipotesi, di voler prender tempo nella speranza che qualcosa, e sembra allo stato più che difficile, muti in meglio.
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